1928-2024
Addio a Lino Jannuzzi
Il calore e l’intuito, i fatti e le passioni, le ossessioni civili. Ecco perché era un caso unico
Silvia mi ha detto ieri della polmonite di Lino Jannuzzi, che gli è stata fatale a novantasei anni, oggi e lo ha portato via a lei, a Chantal, a Francesco e alla dolce Mariolina. Ho passato il pomeriggio a ascoltare la sua voce, dodici, quindici anni fa, a Radio Radicale, e ho provato una fortissima emozione. Parlava del truce delitto giudiziario che fu il processo per l’assassinio di Paolo Borsellino, parlava della grottesca procedura d’accusa sulla trattativa stato-mafia, parlava dell’orrore dello stragismo corleonese e del tentativo in parte riuscito di aggredire e distruggere la classe dirigente italiana e una sfilza di generali e funzionari con imputazioni risibili e temerarie. Una rassegna piena di calore e intuito e fatti delle sue passioni e ossessioni civili.
Ho pensato che in rarissimi casi, e forse quello di Lino è un caso unico, il movimento dell’intelligenza, lo spirito di avventura intellettuale e morale, il rischio della fantasia, il gusto sciasciano della letteratura come civiltà, stendhaliano nello stile e volterriano nell’ispirazione, hanno prodotto un effetto trascinante di verità e una ribellione così forte contro la stupidità.
Lino Jannuzzi era proprio una persona generosa, dava un meglio di sé che non era mai il primeggiare narcisista, era l’ironia, lo spirito caustico, il gusto della memoria, l’interpretazione della storia anche quando la storia andava sferzata e battuta come Machiavelli predicava della Fortuna, e reimmaginata con un talento che non ha eredi. Addio Lino.