L'intervista
"Gualtieri ha ragione, il termovalorizzatore sarà il più avanzato del mondo". Parla Consonni
Il docente del Politecnico faceva parte della commissione tecnica che ha giudicato il progetto del consorzio di aziende guidato da Acea: " E sulla Co2: "Se l'Europa vuole inserirà la 'waste energy' nell'Ets ci saranno rincari per tutti, ma c'è dibattito
“Il sindaco Gualtieri ha ragione, se tutto sarà realizzato come si deve, il termovalorizzatore di Roma sarà uno dei più avanzati del mondo”, dice al Foglio Stefano Consonni, professore del Politecnico di Milano e autorità nel campo dell’energia. Insieme all’ex presidente dell’Istat Giorgio Alleva ha fatto parte della commissione tecnica che ha valutato il progetto presentato da un consorzio di imprese con capofila Acea. Ieri il sindaco Gualtieri lo ha presentato durante una conferenza stampa in Campidoglio. I lavori partiranno a inizio 2025, con l’obiettivo di portare a Santa Palomba i primi rifiuti a partire dall’estate del 2027. Il primo elemento che ha convinto la commissione tecnica è legato alla composizione del consorzio. Dice Consonni: “Ne fanno parte attori di primo ordine nel panorama internazionale della termoutilizzazione. C’è Kanadevia Inova, ex Hitaci Zosen, che è il primo costruttore al mondo di questo genere di impianti e possiede la tecnologia più avanzata che esiste. Poi c’è Suez, una multinazionale che gestisce decine di impianti in tutto il pianeta e che si occuperà dell’ingegneria, e infine c’è Rmb che gestirà l’impianto di trattamento delle ceneri pesanti con una tecnologia di primo ordine. Il secondo elemento che abbiamo apprezzato – prosegue il professore del Politecnico – è quello della tecnologia: l’impianto ha una configurazione e dei parametri di funzionamento che lo collocano tra gli più avanzati a livello mondiale”. Eppure c’è chi teme che il termovalorizzatore possa produrre rischi per la salute di chi vive nelle vicinanze. “La psicosi dell’inceneritore – risponde Consonni – è nata facendo riferimento a impianti installati 50-60 anni fa che oggi non esistono più. Negli ultimi 30-40 anni sono stati fatti grandissimi passi in avanti, soprattutto sul trattamento dei fumi, che consentono di dire che questi impianti sono proprio un’altra cosa. Se confrontiamo le concentrazioni di inquinanti al camino degli impianti moderni rispetto a quelli del passato c’è una differenza abissale: un rapporto di uno a diecimila per quasi tutte le sostanze inquinanti, a partire dalle diossine. Con gli impianti moderni quando si vanno a fare le valutazioni di rischio per i cittadini che si trovano vicino si registrano valori molto, ma molto al di sotto di quelli suggeriti dall’Oms. Inoltre, questo impianto avrà livelli di emissione che si collocano al di sotto del valore minimo stabilito nelle best available tecnology dell’Unione europea”.
L’ex sindaco di Roma Ignazio Marino dice che l’impianto è sovradimensionato: l’Europa impone di arrivare al 70 per cento di raccolta differenziata entro il 2030. Roma produce 1,6 milioni di tonnellate di rifiuti l’anno, quindi, dice l’ex sindaco oggi europarlamentare di Avs, se raggiungesse gli obiettivi ne resterebbero da trattare solo 480 mila, meno delle 600 mila di capacità dell’impianto. Insomma, sostiene Marino, o Roma già conta di non raggiungere gli obiettivi europei sulla differenziata o dovrà importare rifiuti da altre parti. “Questo – dice il professore – è un tormentone strabico che può fare solo chi non conosce la realtà della raccolta dei rifiuti: anche se si raggiunge il 70 per cento di raccolta differenziata quel che rimane non è il 30 per cento. Questo perché a sua volta ogni filiera della raccolta differenziata produce uno scarto: non tutto può essere riciclato. Una regola spannometrica è che con livelli di raccolta differenziata al 65-70 per cento, il residuo da trattare come indifferenziato è il 50 per cento, non il 30. Quindi se partiamo da un milione e 600 mila tonnellate, il totale dei rifiuti prodotti da Roma ogni anno, avremo, anche con la differenziata al 70 per cento, 800 mila tonnellate di rifiuti da mandare al termovalorizzatore, al massimo questo impianto è, come io ritengo, insufficiente”.
Marino sostiene che l’altro problema riguarda la Co2 prodotta. L’Europa potrebbe inserire dal 2028 i termovalorizzatori tra gli impianti che fanno parte dell’Emission trading system. Insomma, ci potrebbe essere un sovrapprezzo per ogni tonnellata di Co2 prodotta, anche perché l’impianto di captazione previsto è solo sperimentale e raccoglierà solo una piccolissima parte della Co2. C’è il rischio che il costo dello smaltimento salga e con questo anche la tariffa per conferire nell’impianto (attualmente prevista a 178,5 euro a tonnellata) e dunque la Tari pagata dai cittadini? “Dipende da cosa succederà a livello europeo: se l’Europa riterrà di includere la ‘waste energy’ nel mercato dei diritti ad emettere ci sarà un aggravio di costi per tutti. La questione è per questo oggetto di grande dibattito”.