Foto LaPresse

Il ricordo

Chi era Viviana Kasam, cronista antimoralista con uno sguardo alternativo sul nostro cervello

Camilla Baresani

Era molto sportiva, bella e con gli occhi color pervinca, sempre positiva. In lei c’era la donna contemporanea, interessata alla scienza e a tutte le novità, e però anche il mondo finito, romantico e multietnico della Mitteleuropa

Ci sono persone concentrate su sé stesse e altre col morbo della curiosità. Viviana Kasam, che è mancata martedì mentre faceva degli accertamenti alla clinica Pio XI di Roma, sembrava più che sana, con la caratteristica di questo morbo della curiosità che la travolgeva e faceva sì che si interessasse a tutti e a tutto con entusiasmo da ragazzina e concretezza da adulta. Una curiosità energica, colta, benevola, anzitutto umana.

 

Nel 2007, partecipando a un incontro con neuroscienziati, si era appassionata al tema del cervello su cui, grazie a macchinari come la PET, c’erano nuove scoperte. Una persona di media cultura comprerebbe dei libri per documentarsi. Anche lei, ma poi aveva cercato Rita Levi Montalcini e con il suo sostegno aveva creato un’associazione no profit, Brain Circle Italia, per organizzare incontri pubblici e conferenze con i più importanti neuroscienziati del mondo. Voleva divulgare le scoperte biochimiche, genetiche, epigenetiche, psicologiche sul funzionamento del cervello.

 

Con il progetto Emotions tre anni fa aveva portato in giro tra Gerusalemme, Lisbona, Londra, Roma, Milano, Ginevra e Lugano conferenze che smontavano l’idea sessista di un cervello femminile emotivo e di uno maschile razionale, dimostrando come i cervelli non abbiano differenze di genere e molte scelte che ci paiono razionali siano invece determinate dall’emotività. Viviana era una femminista, nel senso che aveva una grandissima considerazione delle donne, era solidale, e si era buttata in qualsiasi impresa senza mai contare su un uomo. Crescere il figlio Alexis, lavorare nel mondo del giornalismo (al Corriere), della televisione (Canale5 e RAI), organizzare eventi e concerti, scrivere di temi legati all’ebraismo, pubblicare libri (persino uno sui benefici dell’Acquagym, nel ‘91).

 

Era un’entusiasta Viviana. Molto sportiva, bella e con gli occhi color pervinca, sempre positiva, antimoralista. Tra i suoi amori e disamori, quello di cui aveva il ricordo più intenso e affettuoso era Memmo Contestabile. Quest’estate nuotava un’ora ogni mattina con l’amato cane Argo trascinato su una tavoletta legata in vita, mentre lei implacabilmente macinava bracciate di un crowl perfetto, nel mare di Symi (l’isola del cuore, nel Dodecanneso). Poi si buttava a lavorare per ore organizzando la seconda edizione della sua nuova impresa, il Milan Longevity Summit, incontri con scienziati sulle scoperte e sulle trappole del tema di cui quasi tutti ci preoccupiamo, ossia come invecchiare bene.

 

E leggeva l’autobiografia del nonno materno (“My life”, di Mordechai Meir Cukier) per ispirarsi e scrivere la propria. Voleva lasciare una traccia ai nipoti. Perché poi, ascoltare la storia di Viviana e della sua famiglia, è un po’ come entrare nei romanzi dei fratelli Singer. Anzitutto Viviana si chiamava Goren, mentre Kasam è il cognome del marito iraniano durato pochissimo come presenza, e tutta la vita come cognome. Viviana, in lite con il padre per questo primo amore non approvato, si tenne il cognome per una questione di puntiglio, rinnegando quello paterno. Il padre, Avram Goldstein Goren, rumeno di Bucarest (espulso dalla Romania nel ’41), aveva sposato Stella, figlia del Mordechai Meir Cukier dell’autobiografia, un produttore tessile emigrato dalla Polonia. Avram, imprenditore di enorme successo in svariati settori (persino a Hollywood) e Stella avevano avuto quattro figli, tra cui Viviana.

 

La Svizzera e gli Stati Uniti base della famiglia, tra colpi di scena, successi, persecuzioni, espulsioni. La Grande Storia del Novecento. In Viviana c’era la donna contemporanea, interessata alla scienza e a tutte le novità, e però anche il mondo finito, romantico e multietnico della Mitteleuropa. Ora restano molte cose aperte: la sua autobiografia, che spero abbia completato, un saggio sulla Longevity, pronto da consegnare, gli incontri della Rassegna cinematografica Cervello e cinema all’Anteo di Milano, che iniziano la settimana prossima, il Milan Longevity Summit in primavera. Viviana era un’affascinante visionaria e in molti già ne sentiamo la mancanza. Era anche Cavaliere della Repubblica Italiana e Governatore dell’Università Ebraica di Gerusalemme, che le aveva conferito il titolo di Honorary Fellowship e il Dottorato Honoris causa. Sono cose noiose, a leggerle, ma le scriviamo perché lei ci teneva.

Di più su questi argomenti: