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Al Corvetto si sta bene, lo dicono le “Iene”. Ma se si sta bene, perché incendiano i bus?

Vedendo il servizio della trasmissione, e dopo aver ascoltato molti commenti in questi giorni, compresi quelli pessimi e a loro volta incendiari della destra sulla “banlieue”, qualcosa non torna. Domande sulla vera narrazione tossica à la Salis 

La rivolta sociale di Landini per ora non ha incendiato il paese, ma tenere accesi piccoli falò qua e là, dove la paglia brucia più in fretta, è il cattivo  pensiero che qualcuno può fare. Come al Corvetto, Milano, dove Ramy Elgaml è morto in moto inseguito da un’auto della polizia. Gli amici della sua compagnia, per chiedere spiegazioni, invece di fare una denuncia hanno acceso un autobus e qualche vetrina. Il pensierino di trasformare una reazione di teppismo (il padre di Ramy ha chiesto di aspettare la giustizia “senza urlare, senza accusare”) in qualcosa d’altro circola. Ad esempio l’ineffabile Ilaria Salis: “Sempre dalla parte di chi lotta nelle periferie, contro classismo e razzismo sistemico… abolire le condizioni strutturali che determinano queste tragedie e cambiare la narrazione”. Col fuoco? Prima o poi può anche succedere, soprattutto se a dare una mano alla “rivolta sociale” ci si mette l’infotainment.

 

Domenica le “Iene” hanno fatto uno loro classico. Mobilitato da una mail di amici di Ramy – in cui si asseriscono gravi manipolazioni delle forze dell’ordine – Giulio Golia è partito. Speriamo fermandosi ai semafori. E ha realizzato un servizio di 15 minuti – in tv significa più lungo della Bibbia, ma l’infotainment è come il maiale, del girato non si butta niente. Un servizio senza contraddittorio (eh, il giornalismo di denuncia). Può essere vero che siano stati compiuti soprusi dalla polizia (ma lasciar dire ai “ragazzi” che una squadra incaricata di occultare i segni sull’asfalto è arrivata persino prima dell’ambulanza forse è troppo), però un minimo di verifica controfattuale ci vorrebbe. Non è qui la cosa importante.

 

Vedendo il servizio, e dopo aver ascoltato molti commenti in questi giorni, compresi quelli pessimi e a loro volta incendiari della destra sulla “banlieue”, qualcosa non torna.  Qualcosa non torna nemmeno nella narrazione di Salis sulle “persone proletarie e/o razzializzate: persone i cui diritti sono regolarmente calpestati, le cui vite contano meno di altre”. Ascoltando infatti le voci di questi giovani del Corvetto l’impressione è invece che tutto vada bene, al Corvetto. Il motivetto della Iena è: al Corvetto si sta bene, come nell’antica filastrocca dell’asilo. Al massimo sono gli altri che sono razzisti. Dicono alla Iena i ragazzi: “Ramy non è marocchino, ma italianissimo” (giusto). “Ha fatto bene le scuole e lavorava”. “Nessuna violenza”. Una ragazza: “Io parlo italiano, in casa l’arabo non me l’hanno insegnato”. “Razzismo contro di noi, ma noi andiamo a scuola, siamo integrati”. Si studia, si lavora, si è integrati: al Corvetto si sta bene. Ma delle due l’una. Se al Corvetto si sta bene (e noi tendiamo a credere di sì) perché scappare in moto a un posto di blocco? “Eh, non aveva la patente”. Ma se al Corvetto si sta bene, perché bruciare un autobus? O forse al Corvetto non è vero che va tutto bene: aveva mille euro in contanti, chiede zelante la Iena. Risposta: “Era andato a fare la serata in centro”. Per una serata in centro tutti i diciannovenni vanno con mille euro? Significa star bene, di soldi. Aveva lo spray al peperoncino, “ma anche a mia mamma l’ho comprato”. Tutti i ventenni di Milano vanno a fare serata con lo spray al peperoncino? Se è invece così, che al Corvetto non si sta bene, non proprio così bene come raccontano questi ragazzi, allora il giochetto delle Iene, il giochetto di Salis, diventa altro. Additare solo la colpa del razzismo e della polizia, minimizzando il resto, è soffiare sullo scontro sociale, non risolverlo. Questa sì è narrazione tossica, serve ad  accendere il falò. 

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