La domenica andavamo a Roccaraso

Antonio Pascale

La gita, i pullman a basso costo, i nuovi unni, l’influencer che comanda l’invasione, le prediche degli intellettuali: una controstoria sul campo, arricchita di ricordi dei napoletani (dei quartieri alti e bassi) amanti della neve

Sabato primo febbraio 2025, alla fine di questo tranquillo viaggio a Roccaraso (quasi deserta), durato dall’alba al tramonto, guardando il cielo, mi è venuta in mente una vecchia vignetta di Giorgio Forattini, quella del 1977 che ritraeva Enrico Berlinguer in vestaglia, mentre beveva il tè, sotto il ritratto di Carlo Marx, infastidito dalle urla degli operai. Sono passati 40 anni, per carità altri tempi, c’era l’austerità ed erano richiesti molti sacrifici agli operai, ma vabbè, è stata una visione. Nel cielo, nella nobile figura di Berlinguer ho come rivisto una buona parte degli intellettuali, opinion maker, quelli sui media e sui social, titolisti, autori televisivi. Tutti quelli che sui fatti di Roccaraso, in questa settimana, hanno assunto un ruolo, diciamo così, pretesco: hanno fatto la predica, etichettando, condannando, polemizzando ora con questo ora con quello, e tutto dal pulpito. Che poi, purtroppo, molti intellettuali italiani (qui intesi in senso molto ampio) si distinguono per questo ruolo, quello pretesco. Certo, almeno i preti ci stanno nei posti, li frequentano. L’Osservatore Romano è un nome parlante, cioè veramente osserva. Del resto Sua Santità se vuole essere informato di un fatto che accade in una località sperduta del mondo non manda mica l’inviato con la troupe al seguito, chiama il prete della parrocchia e chiede: che si dice? Almeno un rapporto diretto. Quindi, forse i preti osservano meglio degli intellettuali italiani che alla fine, per tornare alla vignetta di Forattini, sui fatti di Roccaraso mi sono sembrati tutti imborghesiti e infastiditi dagli schiamazzi.

 

Voi dite: ma quelli che infastidivano Berlinguer erano operai tartassati che lavoravano e pagavano molti dei costi dell’austerità, questi no, sono unni, sporchi, zozzoni, fetenti, incivili e soprattutto napoletani, contro i quali ci vuole l’esercito. Ha detto così il sindaco di Roccaraso: l’esercito. Immagino un esercito con armi, munizioni, e cannoni, che tra l’altopiano delle Cinque miglia e più a sud verso Pescocostanzo scavi trincee e difenda la posizione. Ma potremmo anche fare uno di quei giochi di simulazione, immaginiamo che il comprensorio di Roccaraso (comprende varie località sciistiche, Roccaraso è un piccolo paese, che si articola su una strada, via Roma) sia più grande di quello che è, diciamo che sia l’America, dài, tanto è un gioco, e diciamo che gli unni sono i messicani, tanto sui napoletani e sui messicani gli stereotipi abbondano (in rete sta girando un film satirico dalla regista trans messicana Camila Aurora che si chiama “Johanne Sacrebleu”. Dura mezz’ora ed è volutamente pieno di stereotipi ridicoli sui francesi: è un modo della regista di rispondere al film “Emilia Pérez”, che è ambientato in Messico ma è stato realizzato da una produzione non messicana). Ebbene, se facciamo questo gioco, gli intellettuali che hanno gridato all’invasioni, al fermateli si sono comportati come il Trump di turno che grida imponendo contro migranti eserciti, dazi, sanzioni ecc

 
Nel suo piccolo, Roccaraso ha stimolato istinti separazionisti, spinto un po’ tutti, da destra a sinistra, pur con varie sfumature – ma la sostanza non cambiava – a immaginare soluzioni ingegneristiche all’avanguardia per costruire muri. Su quei fatti, si sono letti degli articoli e visti dei video, scritti e realizzati da persone infastidite e sazie che stavano dietro la scrivania e pontificavano. Di questi intellettuali quelli più cattivi ce l’avevano proprio con i napoletani, quelli più analitici, di sinistra, avevano puntato Rita de Crescenzo e attribuito a lei la colpa dell’invasione. Naturalmente per associazione medievale siccome Rita De Crescenzo è barbarica, chi le dà ascolto non è da meno. 

 
Che poi su Rita De Crescenzo, personaggio noto nell’area campana e tuttavia portato in televisione da autori romani e milanesi che ridono di chi storpia l’italiano, ce ne sarebbe da dire. Un prete per esempio, a differenza di un intellettuale, si sarebbe incuriosito alla sua vicenda. Rimasta incita a 12 anni. Perché in alcune zone periferiche (45 anni fa il quartiere di Santa Lucia anche se guarda il mare era ancora problematico) ci sono ragazze che sì, rimangono incinte a 12 anni e hanno problemi e percorsi di vita e soluzioni ai medesimi che i borghesi non capiscono proprio. Tuttavia, nel caso di Rita De Crescenzo, visti e considerati gli ostacoli che ha trovato davanti a sé, ostacoli che disegnavano un percorso obbligato, ha cercato anche lei come noi di desiderare un futuro migliore. Certo il suo desiderio non risponde appieno ai  canoni sotto cui noi rubrichiamo il desiderio. Noi siamo più alti, è chiaro no? Noi seguiamo Recalcati che a sua volta segue Lacan. Recalcati in nome di Lacan spiega ad Augias che la domanda fondamentale che ci dobbiamo porre è: hai tu agito in conformità al tuo desiderio? Sono riuscito a non seppellire il mio talento? Ho seminato, dato frutti? Poi, certo, Recalcati distingue il desidero autentico da quello imposto dagli altri. Ma per me, mi si perdoni l’intromissione da scrittore nel campo psicanalitico, sono sottigliezze. Il desiderio di noi mammiferi, animali sociali, gregari, che guardano ai leader con interesse, che cercano l’approvazione della comunità, che temono e soffrono l’esclusione, questo desiderio è un misto di ambizioni personali, familiari, storiche, genetiche ecc.. Tra l’altro mica il desiderio è sempre uguale a sé stesso, dipende dal caos in cui è immersa la nostra vita. E dal tempo che passa. E comunque, Rita De Crescenzo a questa domanda lacaniana avrebbero risposto: sì! il mio desiderio per cui ho agito, era andare a Roccaraso, a 45 anni e vedere la neve. Oh, che le vuoi dire? Quello è il suo desiderio, non va bene? Lei comunque ci è andata nei giorni infrasettimanali come fanno tutti gli sciatori che si rispettano (io per esempio non ho mai sciato di domenica) e poi ha condiviso la realizzazione di questo suo desiderio su TikTok. 


La tesi a questo punto è diventata questa: una massa di unni a lei devoti è andata a Roccaraso con pullman a basso costo. Non per agire in conformità al proprio desiderio ma per imitare Rita De Crescenzo. Queste tesi sarebbe da provare. Perché a parte che le gite sulla neve domenicali sono un must, e non solo campano. Voglio dire che da sempre partono pullman da molte parti della Campania e c’è un calendario stabilito mesi addietro, tu ti prenoti, come puoi prenotare un viaggio a Sharm el-Sheikh e sei incastrato. Anche se hai visto le immagini dell’invasione di domenica scorsa, ormai hai prenotato, che fai perdi i soldi? E le promesse fatte? Ai tuoi figli, a tua moglie, ai tuoi parenti? Vai lo stesso. Ma a parte questo, può essere che quella massa di unni abbia agito in conformità al proprio desiderio: pure loro volevano vedere la neve. Anche perché nella neve si nasconde una meraviglia misteriosa che agisce come una forza in tutti noi. 


Per articolare meglio questa mia posizione, conviene analizzare la categoria dei napoletani amanti della neve. Ci sono quei napoletani che vengono da Chiaia, Posillipo, Vomero (quartieri alti dove è difficile che una ragazza rimanga incinta  a 12 anni) che fin dagli anni ‘70, oltre a frequentare i circoli navali, amavano molto sciare: senza che fate ironia. Nei desideri dei napoletani oltre ai mandolini e alle tarantelle, vanno annoverati pure gli sci. Un napoletano amante della neve lo conoscevo anche io, era amico dei miei genitori, e fin dagli anni ‘70, organizzava pullman che partivano alle sei del mattino da piazza dei Martiri e andavano a Roccaraso. Roccaraso è stata fondata dai napoletani. Sabato primo febbraio, passeggiando per via Roma, ho riconosciuto le cadenze, erano tutte di Napoli alta. I primi ski club sono stati fondati dai napoletani, il signore che conoscevo aveva come sciatore di riferimento Gianni Agnelli. Mo vattelapesca se lui desiderava essere come Gianni Agnelli o il suo era un desiderio indotto dalla società, però il signore ha fatto cose pratiche. Ha portato molti napoletani a Roccaraso, qualcuno di questi a suo tempo ha detto: ma si sta bene, vogliamo agire in conformità al nostro desiderio e prenderci una casa qua, anche per non scontentare Lacan? Detto fatto, e a questo punto, qualche costruttore ha costruito case e in breve Roccaraso è diventata comprensorio sciistico. E anche negli anni ‘80 una simil Cortina, con tutta la borghesia napoletana ben vestita, le signore sfoggiavano, mi ricordo, parecchi visoni

 
Quelli che non appartenevano alla Napoli alta andavano o in altri posti in Molise, sul Matese oppure a Roccaraso, col pullman, la domenica. E qui si vedeva già la differenza. C’era un diverso approccio alla neve, c’era chi sciava e chi scivolava sulla neve. La gran parte delle persone che venivano a Roccaraso la domenica, scivolavano. Cioè, mentre mamme, zie e nonne, preparavano qualcosa da mangiare e parlavano di problemi esistenziali, figlie e figli e nipoti si divertivano svicolando su chiazze di neve. Le persone in gita domenicale, sulle piste non ci andavano. Non c’avevano soldi per portare tutta la famiglia sulla pista, spendere centinaia di euro in ski pass, mangiare al rifugio o al ristorante, loro passeggiavano per il paese e cercavano il proprio spazio per far un picnic e scivolare e bagnarsi il culo. Questa cosa accade da anni, ogni santa domenica, anche estiva, eh. Non fa notizia, almeno fino a pochi giorni fa. Ora sarebbe il caso di sfruttare questa situazione e indagare sulle differenze culturali, di classe, insomma le dinamiche  tra i diversi strati sociali napoletani, materia per antropologi, sociologi, economisti, per analizzare però, capirci qualcosa in più, ma non per giudicare e pontificare. Nemmeno per aspettare come sta accadendo in queste ore i pullman che arrivano e intervistare le persone che scendono come fossero dei marziani appena atterrati. 

 
Voi dite: va bene, ma un bordello come quello di domenica scorsa non s’era mai visto, tutti unni, poi. Anche questo è da dimostrare. Se chiedi per esempio a quelli di Roccaraso ottieni commenti vari: c’è chi dice che no, il turismo domenicale è sempre presente, e tra l’altro, chi sta sulle piste, nemmeno li vede i turisti, semmai è un po’ infastidito quanto torna a casa e vede le comitive nei boschi che cercano la chiazza di neve per scivolare. Semmai i ristoratori e i baristi si innervosiscono perché i domenicali portano il panino e non lasciano soldi. C’è chi dice invece: la colpa è pure nostra, non eravamo preparati, abbiamo dovuti chiudere, i servizi igienici scarseggiavano ed è successo quello che è successo (il sindaco comunque ha sistemato una ventina di bagni chimici, da uno a venti è un bel risultato). 

 
Quest’ultimo genere di commenti introduce tutti noi al dilemma del mucchio, cioè, se prendo un mucchio di riso e tolgo dei chicchi, quand’è che il mucchio finisce di essere mucchio? O al contrario, se aggiungo un chicco dopo l’altro, quando il mucchio diventa mucchio? Vale per il turismo, una domenica partono più pullman perché ci sono dinamiche particolari e hanno a che fare col desiderio di tanti (poi ci sono imprenditori che per soddisfare o incentivare la richiesta mettono su pullman con panino e bibita, alcolica o analcolica a 20 euro per guadagnare 1.000 euro scarsi a viaggio, e qualcuno in odore di camorra) e arrivano invece di ottanta pullman, più di cento. Ecco che molte persone vengono percepite come mucchio di gente.  E giù con i commenti e le polemiche sugli unni. 


Che poi sapete come funziona una gita domenicale? Anche quella avvenuta domenica scorsa? Gli unni vengono scaricati in prossimità dell’Istituto alberghiero, sulla statale 17, o leggermente più avanti, all’ingresso del paese. Dopo di che le persone cercano la neve e vagano. La distanza del loro vagare dipende dalla quantità di neve. Domenica già scarseggiava, quindi ci sono tutti fermati ai pratoni, lì sono stati fotografati in massa mentre scivolavano, servendosi di padelle di plastica, prezzo 6 euro, poi ribassato a tre. Cazzeggiavano certo, e sfoggiavano alcuni crismi della napoletanità insieme alle tute comprate in hard discount dai colori tipici degli anni ‘80. Quindi alla fine gli unni sembrano più unni perché venivano percepiti come viaggiatori del tempo, direttamente dagli anni ‘80, faceva fede quel gusto e quella strafottenza. Poi certo hanno anche vagato per i loro bisogni e sporcato, uno schifo, non c’è dubbio. Per viaggiare ci vuole cultura e attenzione, ma il massimo che si può sperare non è impedire alle persone di viaggiare emettendo giudizi a raffica e predicando dallo scanno, ma acquisire la cultura necessaria a viaggiare. Il paese ospitante poi deve avere la medesima cultura per accogliere i viaggiatori: ci vuole tempo. Del resto lo sporco lo troviamo non solo a Roccaraso ma anche sull’Everest, dove da qualche anno la municipalità nepalese ha ordinato agli scalatori di portare via le proprie feci in sacchetti di plastica, come si fa per i cani. Che va bene viste le basse temperature si dovrebbero congelare, ma in caso di scongelamento? Che si fa? 


Tutte queste cose comunque mi sono venute in mente, perché a fine giornata c’era un silenzio, poche persone, perdendomi nella bellezza dei faggi, non ho visto una lastra di ghiaccio e sono scivolato. Tre metri a culo per terra. Quando mi sono fermato ho riso tanto e una persona vicina a me che calzava le scarpe antiscivolo, mi ha guardato con disprezzo, era infastidita dalla mia risata. Così ho guardato il cielo e mi è apparsa la vignetta di Forattini e ho pensato alle tante volte che da sciatore ho provato fastidio verso i domenicali, quelli insomma che cercavano le chiazze di neve e felici si buttavano a capofitto, rischiando pure l’osso del collo per una risata e per la sensazione di ebbrezza che la discesa sulla neve regala a tutti. Sapete perché sotto sotto provato fastidio? Perché quando scendevo per la mia bella pista nera, sapevo già le traiettorie che avrei seguito, non mi meravigliavo più di niente, loro invece si buttavano e gioivano, pericolosamente anche. Così mi sono apparsi gli intellettuali italiani: sanno già tutto, vogliono solo esprime le loro tautologie, anche perché le pagano bene. Il desiderio è fonte di meraviglia e di pericolo e di fastidio, soprattutto se devi confrontarti con  quello degli altri. Il problema della contemporaneità è solo questo: siamo 8 miliardi a desiderare, o facciamo lo sforzo di capirci o ci facciamo la guerra, autori tv contro l’auditel, intellettuali contro il popolo, cittadini contro migranti, napoletani dei quartieri alti contro gli unni della Napoli bassa: se non è una metafora questa.