Virginia Raggi (foto LaPresse)

Raggi e la guerra benecomunista dell'acqua

Maurizio Stefanini
Contro il sindaco di Roma, il 5 agosto, scenderanno in piazza 81 sindaci: Roma ha un debito di 25 milioni per lo sfruttamento delle sorgenti, secondo una recente delibera regionale. La prima cittadina però ha subito impugnato il provvedimento presso il Tar.
Primo dei governanti di Roma oltre che suo fondatore, Romolo si vide muovere guerra dai sabini, che lo accusavano di aver portato via loro le donne. Quasi 3000 anni dopo, l’ultima governante di Roma Virginia Raggi si vede di nuovo muovere guerra dai sabini, che la accusano di voler portar via loro l’acqua senza pagare. Ovviamente, 30 secoli sono troppi perché non ci sia qualche differenza. Contro Romolo mobilitò infatti i suoi guerrieri Tito Tazio: il re di quella Cures che, con il nome attuale di Passo Corese, è appena stata prescelta da Amazon per la realizzazione di un hub logistico da 61.000 metri quadri e 1200 posti di lavoro. Contro Virginia Raggi, il 5 agosto, scendono invece in piazza 81 sindaci, a partire da quello di Rieti, Simone Petrangeli. Luogo della convocazione: proprio quella sorgente del Peschiera, comune di Castel Sant’Angelo, grazie alla quale Roma è una delle città con il miglior approvvigionamento idrico d’Europa, Non a caso, da Piazza Navona a Piazza di Spagna e a Piazza Trevi sono proprio le fontane una delle maggiori attrattive turistiche della città.

 

Ma secondo i sindaci sabini Roma è morosa, e una recente delibera regionale ha infatti riconosciuto un debito da saldare di 25 milioni, a cui aggiungerne altri 8 per ogni anno di utilizzo. “Troppo!”, ha pensato la nuova sindaca, che, come una delle sue primissime mosse non appena insediata, ha subito impugnato il provvedimento presso il Tar. Un provvedimento che potrebbe sembrare curioso, per la rappresentante di un movimento politico tra le cui bandiere ci sono appunto il benecomunismo e il diritto all’acqua. “Mai ci saremmo aspettati una presa di posizione del sindaco di Roma così antitetica rispetto alla tanto sbandierata battaglia per l’acqua pubblica con cui Grillo e i suoi hanno occupato la rete e i social”, tuona in effetti il Pd reatino. Ma d’altra parte i critici della retorica sui beni comuni parlano appunto di un’ideologia che non tiene conto del fatto che quei beni comunque costano, che non ci sono pasti gratis, e che se qualcuno un conto o un biglietto non lo paga è perché costringe poi qualcun altro a pagarlo. “Gli 81 Sindaci saranno in prima fila a rappresentare le comunità che chiedono dignità e rispetto per i propri diritti. Le popolazioni del reatino hanno diritto al ristoro per lo sfruttamento delle sorgenti, perché è stabilito dalla legge e perché ce lo indica il principio di solidarietà tra territori”, dicono i primi cittadini sabini. E ricordano pure che “Acea Ato gestisce attualmente senza titolo e/o autorizzazione le sorgenti Peschiera-Le Capore, in quanto la concessione è scaduta" addirittura dallo scorso 31 dicembre, dopo essere stata fatta negli anni ‘30. Il bello è che nel dicembre del 2013 proprio i consiglieri regionali del M5S Silvia Blasi e David Porrello avevano presentato al presidente Zingaretti un'interrogazione per mettere in atto la delibera d'indennizzo.

 

Per i contribuenti romani l’aggravio di tariffa necessaria a risarcire i reatini sarebbe pari al 2 per cento. Ai tempi di Romolo, furono le figlie e sorelle dei sabini che erano diventate mogli dei romani a infilarsi in mezzo al combattimento, convincendo Romolo e Tito Tazio a fare la pace ed a unire i loro popoli. C’è qualcuno che vuole ora offrirsi per mettersi in mezzo alla guerra del Peschiera? 

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