I docenti raccontano il trasferimento al nord come l'Esilio babilonese
Roma. E’ mancata solo l’intonazione del “Va pensiero” per l’abbandono della propria terra, ma per il resto il racconto del trasferimento degli insegnanti nelle scuole del nord ha toccato le stesse punte di tragicità della deportazione dei giudei a Babilonia. “La violenza a cui sono sottoposti in questi giorni i docenti italiani è inaccettabile e le responsabilità sono tutte di questo sciagurato governo”, dice la parlamentare del M5s Silvia Chimienti accusando il sovrano Matteo Nabucodonosor, artefice della deportazione attraverso lo spietato algoritmo. I docenti, strappati dal ridente Meridione, saranno costretti a spostarsi in località inospitali, gelide, dove l’interazione con gli autoctoni è complicata, città come Udine, Pordenone, Milano, Mantova. E dovranno restarci per qualche anno prima di ritornare (se sopravviveranno).
Nelle proteste a Palermo si espongono cartelloni con un insegnante di spalle, valigia in mano, costretto a lasciare la “Sicilia bedda”: “Dovevo essere qui, ma vado lì”, verso posti freddi e desolati come “Torino, Toscana, Emilia Romagna”. E non si può provare un moto di istintiva solidarietà, soprattutto di fronte a storie come quella di Concettina Attardo, maestra della provincia di Agrigento: “E’ una in-giu-sti-zia – dice a Repubblica – nella domanda ho indicato Torino dopo le province della Sicilia perché mia sorella ci ha vissuto fino a pochi mesi fa. Per ironia della sorte, però, ora lei ha deciso di tornare in Sicilia, quindi sarò sola”. Si è rivolta a un avvocato per far valere i suoi diritti, mal che vada si potrà fare un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, perché vivere a Torino senza parenti è assimilabile alla tortura.
Più drammatica è la vicenda di Gabriella Cutrona da Cinisi, autoesiliata nella nebbiosa Milano e con un matrimonio rovinato dalla Buona scuola: “Doveva essere un’opzione provvisoria. Invece sono stata obbligata a restare a Milano, almeno per i prossimi tre anni. La lontananza è stata la causa principale della mia separazione: questa riforma ha sfasciato la mia famiglia”. Francesca Panebianco, pugliese, ha il terrore dell’ignoto: dovrà lasciare Bari città per la nuova destinazione che “dopo giorni di agonia è Modena, ma non Modena città, bensì paesini che io non ho mai visto né sentito. Dovrei andare in scuole a me sconosciute, in paesi che non conosco”.
“Chi riparerà le lacrime di mia figlia?”, scrive Antonio Capodieci in una lettera a Renzi, che profetizza la punizione per i nemici come Zaccaria nel Nabucco: “Caro Matteo, auguro a te, ai membri del tuo governo e a tutti i parlamentari che lo sostengono ed alle rispettive famiglie di passare quello che io la mia famiglia e le famiglie di decine di migliaia di professori italiani stanno passando in questi mesi a causa della cosiddetta buona scuola”. Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, si sofferma invece sull’impatto economico per la Sicilia della deportazione al nord di “settemila insegnanti, non più giovanissimi e legati alla propria terra sia dagli affetti familiari, sia dall’essere pienamente integrati al tessuto economico”. Se “la nostra terra verrà privata anche di questo preziosissimo capitale umano” ci saranno pesanti “ripercussioni sull’equilibrio socio-economico della nostra isola”. Sarà una catastrofe, con invasioni di rane, cavallette e locuste, come da tradizione biblica.
“Tante maestre stanno facendo le valigie e non per andare in vacanza al mare con la famiglia. Per andare lontano, abbandonare il Molise: una strada senza ritorno – scrive la Uil molisana – Ferie saltate e piani familiari sconvolti come effetto di un esodo senza precedenti, per questi docenti la cattedra di ruolo ha davvero un sapore amaro”. Un’amarezza che evoca la profezia rivolta da Cacciaguida a Dante sul suo esilio da Firenze: “Tu proverai sì come sa di sale/ lo pane altrui, e come è duro calle/ lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”. Magari anche questa sciagura ispirerà qualche deportato a comporre un’opera destinata a fare storia, tipo la Divina Commedia o il Nabucco.