Prevenire è meglio che ricostruire
Questo è il tempo di scavare tra le macerie, cercare superstiti, se ci sono, e aggiornare il bilancio di morti, feriti e danni. Lo hanno sottolineato un po' tutti, dalle autorità nazionali a quelle locali, dalla Protezione civile alla Croce rossa. Dopo il terremoto di mercoledì che ha sbriciolato Amatrice, Arquata del Tronto e Accumoli e gravemente danneggiato altri paesi nelle vicinanze, ecco arrivato il momento del fare, del salvare il salvabile, del mettere in sicurezza il compromesso. Poi sarà il momento di riflettere sulla ricostruzione. E se è vero che è impossibile prevedere l'arrivo di un sisma, e se è altrettanto vero che la prevenzione conviene ed è l'unica via per evitare catastrofi, è utile quantificare in termini economici quanto costerebbe la prevenzione e quanto effettivamente ci costa la ricostruzione.
Nel 2014 il Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri realizzò uno studio che analizzava i costi sostenuti dallo stato per la ricostruzione delle zone colpite da un terremoto tra il 1968 e 2012, ossia gli interventi statali realizzati in seguito ai sismi del Belice del 1968, del Friuli Venezia Giulia del 1976, dell'Irpinia del 1980, di quello che colpì l'Umbria e le Marche nel 1997, la Puglia e il Molise nel 2012, l'Abruzzo nel 2009 e l'Emilia nel 2012. Sette terremoti gravi concentrati in 44 anni che hanno provocato un esborso statale di oltre 121 miliardi di euro (attualizzati).
E questo soltanto per quanto riguarda la spesa sostenuta dallo stato. A questo importo infatti va aggiunto quello sostenuto dai privati, stimato nel 2010 dalla Protezione civile in circa 52 miliardi di euro. Un totale di 173 miliardi di euro, una cifra vicina a quella complessiva di 181 miliardi di euro stimata nel 2012 dall'Ance, l'Associazione nazionale dei costruttori edili.
Tanto ci sono costati gli interventi post sismici. Cifre che in ogni caso non tengono conto delle perdite umane innanzitutto, oltre a quelle economiche legate alla mancata produzione delle aziende che operavano nelle zone terremotate.
Ma quanto costerebbe invece un'azione preventiva di messa in sicurezza degli edifici alle vigenti normative antisismiche? Dopo il terremoto del 2002 tra Puglia e Molise, la Protezione Civile iniziò una mappatura degli edifici strategici (ospedali, caserme, municipi) a rischio sismico. La relazione indicò che sarebbero serviti circa 10/15 miliardi di euro per metterli tutti in sicurezza. Un'altra decina servirebbero per le opere di sistemazione e adeguamento delle circa 24 mila scuole presenti nei territori a medio/alto rischio sismico. Una successiva stima sempre della Protezione civile, ha fissato in circa 100 miliardi di euro il costo di un teorico mega-adeguamento antisismico "di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e delle opere infrastrutturali strategiche". Una cifra consistente, certo, ma inferiore a quanto già pagato per la ricostruzione.
Piercamillo Falasca approfondisce l'argomento spiegando come su questo tema responsabilità e iniziativa privata possono concorrere.