Tra emergenza e prevenzione, lezioni dall'Aquila
Roma. “Per me è stato un déjà vu, ho rivisto tutto quello che è successo sette anni fa, ho avuto le stesse sensazioni. E’ un dolore enorme”. Massimo Cialente, sindaco dell’Aquila, è stato tra le prime persone ad arrivare ad Amatrice, il comune più colpito dal sisma che la scorsa notte ha devastato l’Italia centrale tra Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, con epicentro nella provincia di Rieti. Secondo il bilancio noto al momento in cui questo giornale è andato in stampa, il terremoto ha provocato oltre 120 morti, centinaia di feriti e un numero imprecisato di dispersi, ma si tratta di cifre provvisorie che purtroppo sembrano destinate ad aumentare. L’intensità del sisma, gli edifici sbriciolati, le immagini apocalittiche dei centri storici, gli orologi fermi allo stesso orario – le 3.36 segnate dal campanile della Torre civica di Amatrice e le 3.32 indicate sette anni prima dalle lancette della chiesa di Sant’Eusanio – hanno fatto venire in mente il terremoto che nel 2009 ha colpito il capoluogo abruzzese. “Qui ho rivisto l’Aquila e Onna – dice al Foglio Cialente – le persone ferite, i soccorsi, i lutti, i corpi sotto le macerie, gli edifici crollati. Non è rimasto in piedi niente, Amatrice non c’è più”.
Il sindaco Massimo Cialente (foto LaPresse)
Dopo la scossa, anche all’Aquila è immediatamente scattata l’emergenza. Quando ha visto che la situazione era sotto controllo, Cialente si è precipitato ad Amatrice per dare una mano per affrontare l’emergenza. “Siamo arrivati poco dopo le 5, alle prime luci dell’alba, non senza difficoltà perché il ponte ‘A tre occhi’ per entrare in città è danneggiato e la strada non è transitabile. Ho cercato di aiutare ad organizzare la gestione dell’emergenza almeno nell’immediato, una cosa che non è semplice in un paese con 49 frazioni. Ho rivisto le scene di sette anni fa, l’impegno del sindaco e dei consiglieri, uno con un lutto in famiglia che ho visto solo per un attimo cedere alla commozione”. La città abruzzese è quella che per prima ha manifestato sostegno e solidarietà: dall’Aquila sono arrivati i primi soccorsi con il 118 e l’elisoccorso, e al San Salvatore sono stati ricoverati già alle 6 i primi feriti. L’ospedale aquilano, che ha fatto scattare le operazioni di soccorso già alle 4, ha immediatamente trovato la disponibilità di 74 posti letto per l’emergenza.
Allo stesso modo già nella notte il sindaco Cialente ha messo a disposizione degli sfollati 250 alloggi del Progetto C.a.s.e., le abitazioni fatte costruire a tempo di record dal governo Berlusconi per dare un tetto a 15 mila aquilani dopo il sisma del 2009 e al centro di tante critiche per i costi elevati sostenuti. Dall’aeroporto aquilano dei Parchi sono partiti i volontari della Protezione civile con una colonna mobile di materiali e mezzi per allestire una tendopoli ad Accumoli, l’altro centro in provincia di Rieti fortemente colpito, capace di ospitare 250 persone. L’esperienza maturata all’Aquila, sia sul fronte dell’emergenza sia su quello della ricostruzione (dove si sta facendo un eccellente lavoro e anche in tempi rapidi), è molto importante per affrontare anche questa tragedia, ma purtroppo pare che in Italia ci stiamo specializzando nel reagire ai disastri più che nell’evitarli. “E’ sempre la stessa storia – dice Cialente al Foglio – non è possibile che gli edifici crollino in questo modo. Terremoti di questa intensità si verificano sempre in paesi come il Cile e il Giappone, ma non si trasformano in tragedie. E’ arrivato il momento che questo paese si decida a fare un’operazione di manutenzione straordinaria del patrimonio edilizio, pensando prima alla messa in sicurezza degli edifici e dei centri storici nelle zone a rischio e poi al risparmio energetico”.
Anche tecnicamente questo sisma è analogo a quello aquilano: “E’ un terremoto con una magnitudo 6 per certi versi molto simile a quello del 2009, soprattutto dal punti di vista del meccanismo – dice al Foglio Enzo Boschi, geofisico e sismologo dell’Università di Bologna ed ex presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – ma la differenza principale è che nel 2009 il sisma è avvenuto sotto una città fortemente popolata come l’Aquila, mentre in questo caso si tratta di una zona meno abitata, altrimenti sarebbe stato più devastante”. Dei terremoti si conoscono le caratteristiche, le stesse dei sismi verificati negli anni passati nell’area appenninica, e sono ben classificate le zone con la maggior pericolosità sismica. Si sa dove i terremoti avverrano (ma non quando) e quali danni potranno provocare.
Enzo Boschi
“La città di Amatrice è stata completamente devastata – sottolinea il prof. Boschi – mentre Norcia, che pure è in prossimità di un epicentro, ha subìto danni trascurabili e questo perché dopo il terremoto del ’79 Norcia è stata ricostruita con criteri anti sismici. Il problema non sono quindi i terremoti, ma il modo in cui sono costruiti gli edifici”. Va bene quindi la risposta immediata alla catastrofe, ma la differente sorte dei due comuni mostra l’assenza totale di prevenzione: “Si mettono in sicurezza gli edifici solo dopo che una zona è stata colpita, ma non si fa nulla di tutto ciò che fanno paesi come il Giappone, la Nuova Zelanda o la California. E’ stato un terremoto forte ma non fortissimo, se Amatrice fosse stata costruita con gli stessi standard di Norcia avrebbe retto”, dice Boschi. Cialente, che nella vita è anche medico, spiega questo paradosso con una metafora sanitaria: “Ci siamo specializzati nel prendere l’antibiotico giusto, ma non facciamo nulla per evitare di ammalarci”.