Più infrastrutture e meno ecologismo per arginare i danni da terremoto
Per duemila anni i fossili marini rintracciati sulle Alpi sono stati un mistero per gli uomini. Qualcuno inventò una teoria di successo: la terra è stata, un tempo, tutta ricoperta dagli oceani. Poi si è capito: non sono stati gli oceani a ritirarsi lasciando i pescetti sulle montagne ma, al contrario, le Alpi sono emerse dal mare, portandosi appresso i pescetti. L’orogenesi delle Alpi (e degli Appennini) serve a capire la particolarità della nostra penisola. Essa poggia su una sorta di promontorio, un rettangolo di terra, delimitato ad ovest dalla linea dell’Appennino e ad est dai Balcani, che sta al confine tra due grandi placche che premono l’una contro l’altra: la placca europea e quella africana (cui apparteniamo). L’attrito di questa pressione genera i terremoti. Non bastasse: questo rettangolo di terra stretto tra giganti in pressione reciproca è, a sua volta, suddiviso e fratturato in faglie. A loro volta le linee di frattura di queste faglie generano energia di attrito che sfoga in terremoti.
E’ il nostro ambiente. Lo sappiamo da tempo. Non è un’emergenza. Nel senso che gli eventi – sismi, vulcanismo e altro – determinati da questa plurisecolare orografia italiana dovrebbero costituire memoria attiva, vivente e specifica: per noi ambiente dovrebbe essere questo! E orientare le politiche ambientali italiane, direi per conformazione genetica. E invece. E’ molto bella l’Italia di questi giorni: solidarietà, slancio nazionale, istituzioni che funzionano, le opposizioni che non gridano "la terra trema, governo ladro”, la presenza dei migranti e le iniziative delle comunità ospiti, a partire da quelle islamiche. C’e’ il solito fascicolo, certo, aperto dalla magistratura per “disastro colposo” ma sembra un atto dovuto più che idee su colpevoli. E, per fortuna, a differenza del terremoto abruzzese, nessun ciarlatano a sollevare idee complottiste o idiozie sulla prevedibilità dei terremoti. Davvero una bella Italia. Che meriterebbe ora, finalmente, dalla politica risposte all’altezza su questa nostra ferita costitutiva: convivere con i terremoti. Che non si possono prevedere ma si debbono prevenire.
Leggiamo i numeri: occorrerebbero 100 miliardi per un piano di adeguamento sismico delle abitazioni italiane, almeno, nelle zone più a rischio. Le finanze pubbliche non dispongono della cifra. E’ lodevole la fantasia con cui molti si stanno ingegnando a immaginare soluzioni – fiscali, assicurative, finanziarie, investimenti finanziari, uso del risparmio privato – per affrontare, finalmente, la priorità dei terremoti in Italia. 100 miliardi sono tanti, anche per i singoli cittadini e per i condomini che vorranno attrezzarsi per opere di prevenzione. I 100 miliardi sono tanti, però, perchè siamo costretti a calcolarli oggi. Avessimo iniziato per tempo a programmare una spesa specifica o a inventare strumenti privati per gli adeguamenti sismici, non saremmo in queste condizioni. Per questo, vorrei dire, l’unica voce stonata in questa bella Italia di oggi di solidarietà e dibattito costruttivo a me sembra quella degli ambientalisti di professione, degli ecologisti sedicenti, dei politici che abboccano, per opportunismo, ad ogni starnuto fatto in nome dell’ambiente.
Quanto abbiamo sprecato, in venti anni, in battaglie, spese, costi sostenuti per “esigenze ambientali”. Del tutto inutili, farlocche, fiscalmente costose? Sbaglio se dico che le spese ambientali inutili eccedono di alcune potenze numeriche i 100 miliardi che oggi occorrerebbero per gli adeguamenti sismici? Metterei nel conto, anzitutto, le conseguenze disastrose per la finanza pubblica, nel lungo periodo, di referendum energetici e politiche per le rinnovabili che ci hanno ridotto, in 30 anni, a essere un paese che vive solo e totalmente di importazioni di energia a costi proibitivi.
Esattamente 100 miliardi (la cifra che servirebbe ad adeguare le case contro i sisma) è quello che pagheremo in 10 anni sulle nostre bollette elettriche per gli incentivi a pioggia, senza alcuna programmazione, alle cosiddette energie rinnovabili. Che non hanno modificato la nostra disastrata bilancia energetica ma hanno mantenuto alto il nostro costo dell’energia e creato un lascito fiscale inquietante sulla nostra finanza pubblica. Paghiamo bonus esosi per le ristrutturazioni energetiche delle case. Un paradosso: la gente prende il bonus energetico, magari per energia “pulita”, illudendosi di risparmiare sul costo dell’energia che è alto proprio in nome dell’”energia pulita”. Perché nessun bonus per la ristrutturazione antisismica? Prendiamo i soldi dal bonus energetico, perdio.
Ma non c’è solo l’energia. Siamo costretti a vederci imposta l’agenda delle opere pubbliche da ambientalisti farlocchi che dicono no ad ogni infrastruttura. Da che mondo è mondo si sa che una grande opera pubblica (ma pure una piccola) non è solo ferro o cemento. E’ una grande opportunità di studio e intervento sul territorio. Per un paese come il nostro che ha due vere “questioni ambientali” più di ogni altra, la sismicità e l’assetto idrogeologico, le opere pubbliche e le infrastrutture sono la leva per capire e intervenire sui rischi veri ambientali italiani: il suolo e il sottosuolo. Il Ponte di Messina, la velocità ferroviaria, l’infrastruttura estrattiva di gas e petrolio sono diventate fuorilegge in nome dell’ambiente. Nessun politico ha le palle di dire che è il contrario: le grandi infrastrutture intervengono a modificare il territorio. E consentono, perciò, di studiarlo, conoscerlo e rimuoverne i rischi.
Quanto ci sono costati i referendum stupidi sulle estrazioni, le carte bollate per il Ponte di Messina, i ritardi e le proteste contro l’alta velocità? Altro che 100 miliardi per adeguare le case contro il terremoto. E, vorrei dire ai sindaci che oggi, giustamente, protestano perché non hanno risorse contro il terremoto, quanto tempo molti di voi hanno perso in finte battaglie ambientali contro una strada, un ponte, un impianto energetico, un depuratore invece di guardare alle priorità vere dei comuni italiani? Sarebbe ora che qualcuno facesse i conti economici del No a tutto che è stata la cifra dell’ecologismo italiano. E’ ora di riscrivere il termine ambientalismo: meno concessioni (e meno risorse) all’ambientalismo farlocco. Più idee, proposte e risorse per opere antisismiche, infrastrutture e assetto idrogeologico. L’ambiente in Italia, da duemila anni, è questo.
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