Come ti nascondo i flop di Mafia Capitale
Un articolo a pagina dodici dell’Avvenire e nulla di più. Poi molte citazioni sulle spese eccessive della Metro C (Corriere della Sera, cronaca di Roma). Molte aperture dei giornali sulle sue parole sui contratti della Rai (apertura del Fatto quotidiano, articolo del Corriere a pagina 13, un taglio basso del giornale a pagina 7). E nulla, silenzio, imbarazzo, sulle parole di Raffaele Cantone su Mafia Capitale. Parole che avete letto venerdì sulla prima pagina di questo giornale: “Posso escludere ad oggi di avere mai individuato e segnalato alle procure ipotesi di 416 bis, cioè associazione di stampo mafioso”.
Dopo aver alimentato la bolla di Mafia Capitale si capisce che i nuovi professionisti dell’antimafia preferiscano parlare di altro ed evitare di affrontare quella che giorno dopo giorno sembra essere la verità dei fatti: aver scelto di mettere la parola “mafia” accanto alla parola “capitale” è una trovata che ha portato molta visibilità ai magistrati della procura di Roma, e molto fango sulla capitale d’Italia, ma è una scelta che alla prova dei fatti si sta sciogliendo come neve al sole. A Ostia, quella che doveva essere la Corleone di Roma, la mafia, ha detto la Corte d’appello, non esiste. Mister anti corruzione ha detto che la mafia a Roma non l’ha vista. Il capo di gabinetto del presidente della regione Lazio, che doveva essere il simbolo dell’allargamento dell’inchiesta, è stato assolto con formula piena. E venerdì, come se non bastasse, il più importante politico indagato per mafia nell’inchiesta della procura di Roma, l’ex sindaco Gianni Alemanno (l’altro indagato è Luca Gramazio, ex consigliere comunale), ha ascoltato con le sue orecchie la richiesta del procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo: l’archiviazione dell’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso contestata a Gianni Alemanno. E anche oggi, ci scommettiamo, troverete al massimo un boxino a pagina 25.