L'arte della post-verità
Storia di Ermes Maiolica, il re delle bufale che con le bufale smaschera i veri imbroglioni della politica
Roma. “Un credulone è un credulone, ma un milione di creduloni sono una forza storica”, dice lui, parafrasando Leo Longanesi. “Ti ricordi quando dopo le europee Beppe Grillo andava urlando di ‘brogli elettorali?’”. Sì, certo che me lo ricordo. “Grillo si basava su una bufala che mi ero inventato io insieme agli amici dell’’Osservatore politico’, che è un blog e una pagina Facebook. Ci inventammo una notizia, la storia di certi exit poll commissionati dal ‘mondo della finanza’ – e dire ‘finanza’ ovviamente fa sempre molto ‘complotto’ – e diffusi in Inghilterra poco prima della chiusura dei seggi in Italia. Exit poll che ovviamente davano vincente il M5s. E’ finita che Grillo, sul suo sito, ha riportato quei dati, definendoli ‘facilmente reperibili in rete’, come se fossero veri, accompagnandoli, mentre uscivano i dati reali che ovviamente davano la vittoria al Pd, dal sospetto che le elezioni fossero truccate”. Su Facebook c’è ancora un post di Daniele Del Grosso, deputato del M5s, che commenta le parole di Grillo: “Brogli alle europee? Chissà”.
E allora Ermes Maiolica, trentatré anni, metalmeccanico di Terni – “ho la terza media io, eh” – e produttore seriale di notizie false su Internet, si mette a ridere. “Da quel momento non ho più votato Cinque stelle”. Votavi cinque stelle? “Pensavo fossero una forza del cambiamento. In acciaieria, dove lavoro, in catena di montaggio, la pensavamo in tanti così”. E perché hai cambiato idea? “Mi ha impressionato che alla mia bufala ci fosse caduto Grillo, cioè il capo, quello che dovrebbe essere un po’ più sveglio”. Lui teorizza che il cittadino, bordeggiando bordeggiando, può informarsi da solo sul web. “E l’effetto è questo. Paradossale. Rimasi sconcertato. Ed è infatti dal mio sconcerto che ha preso piede questa attività di produttore di notizie fasulle, che poi incredibilmente, rilanciate sui social, riprese dai blogger, poi dai siti di contro-informazione, finiscono quasi con il diventare vere. E sai qual è la cosa più sorprendente?”. Qual è? “E’ la facilità della loro diffusione, che è direttamente proporzionale alla loro assurdità”. E quella che compie Ermes è quasi un’operazione artistica, di disvelamento. Rivela il cretino che è in noi.
La sua non è denuncia, né rivalsa, ma testimonianza stoicamente ilare, estremo gesto di reazione quando le braccia tendono a cadere. “Iniziai un giorno scrivendo che il ministro Kyenge, ai tempi del governo Letta, voleva dare priorità per l’assegnazione delle case popolari – stai bene attento – agli zingari, ai neri e… ai ‘rettiliani’. Allegai a questa evidente panzana grottesca un articolo di giornale, che ovviamente non c’entrava niente, ma che ovviamente nessuno si andava a leggere. Figurati. Bastavano le tre righe che avevo scritto io. Accadde che decine di persone commentavano, incazzate, insultavano, s’indignavano, condividevano su Facebook, senza badare alla cosa dei ‘rettiliani’. Altri capivano, e ridevano. Ma molti altri no. Odiavano la Kyenge. Punto. E questo era sufficiente per credere a tutto. Forse anche al fatto che i rettialiani fossero un’etnia dell’Africa subsahariana, e non degli extraterresti della letteratura fantascientifica. Allora quel giorno pensai: ma se la gente crede persino ai rettiliani, che succede se mi invento delle notizie verosimili?”. E che succede? “Succede che se la notizia conferma il tuo pregiudizio, ci credi. Diventa vera. O meglio non ti poni nemmeno il problema che possa non esserlo”. Per esempio? “Tempo fa ho diffuso la bufala di Umberto Eco che votava sì al referedum. Ha fatto migliaia di condivisioni. Ne hanno parlato anche alla televisione. Centinaia di commenti che insultavano Eco, che ovviamente era morto da cinque mesi e non poteva certo esprimersi. E però gli davano comunque del venduto, del servo delle lobby”. E’ la post-verità. “O la prevalenza del cretino”.
E scrivendo di Eco, Ermes – ma ti chiami davvero Ermes Maiolica? “No è uno pseudonimo” – confermava così quello che i grillini, e molti altri, dovevano pensare, visti i tempi della lotta alla casta: professorone delle élite, autore bestseller che sta con i poteri forti del Sì al referendum. Ovvio. “Ma lui era morto”. Eppure non importava. “No. La notizia confermava un pregiudizio. Dunque era buona, cioè vera”. Ma senti, scusa la domanda: tu fai questi scherzi perché sei renziano? “Hanno detto che lavoro per il Pd. Mi viene da ridere. Sono di sinistra, ho letto per anni il Manifesto, ho votato M5s anche alle politiche del 2013. E al referendum adesso voto No. Quindi non direi proprio che sono renziano. E comunque i creduloni, i cretini, non è che stanno da una parte sola”.
La cretineria è senza limiti, è un universo in espansione perpetua. “Internet ha solo moltiplicato, e prodigiosamente, le occasioni per agire e manifestarsi. La nonna della mia ex ragazza vive in un paese che si chiama Troncone, in provincia di Terni. Sono ancora convinti che in paese, di notte, nei pressi di una fontana isolata nella quale un tempo si andavano a lavare i panni, circoli l’uomo lupo. L’uomo lupo. Capito? Ci credono sul serio. E quindi di che ci stupiamo?”. Sei un artista della bufala. “Non so. Forse il mio è un esperimento sociologico. E dai risultati abbastanza inquietanti, aggiungo”. Nei giorni del famoso “complotto dei frigoriferi” denunciato da Virginia Raggi, hai inventato una fasulla pubblicità della Smeg, la ditta di elettrodomestici. Girava dovunque su Facebook. Si vedeva un bel frigo in stile anni Sessanta, verde acqua marina, e la scritta, che giocava con le parole del sindaco di Roma: “Centinaia di frigoriferi abbandonati ogni giorno nella città di Roma, ma MAI uno SMEG. Solo un caso? Noi non crediamo”. I Cinque stelle si sono offesi con la Smeg per colpa tua. “E a me invece hanno telefonato delle agenzie pubblicitarie proponendomi di lavorare con loro. Ma io faccio il metalmeccanico, ho un contratto a tempo indeterminato e ho pure comprato casa di fronte alla fabbrica. E a quanto capisco oggi i pubblicitari, come i giornalisti, guadagnano all’incirca quanto un metalmeccanico. E sono precari. Quindi chi me lo fa fare? Anzi, guarda, devo tornare in catena di montaggio. E’ finita la pausa pranzo”.
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