I sillogismi di Ingroia sulla mafia felice
L'ex pm antimafia, per sostenere “perinde ac cadaver” le ragioni del No si è lanciato in una dichiarazione talmente azzardata da entrare palesemente in contrasto con Crocetta, che volente o nolente è il suo datore di lavoro
Roma. “Il Sì al referendum indubbiamente farebbe felice la mafia”. Ne è certo Antonio Ingroia. Sì, proprio lui il pubblico ministero che fra il 2012 e il 2013 troneggiava sui giornali e nei talk-show televisivi perché aveva avuto il coraggio di trascinare in un’inchiesta – ovviamente epocale – i manigoldi della trattativa tra lo stato e i boss di Cosa nostra. Erano giorni di gloria per il magistrato antimafia che, ebbro di tanta popolarità, credette bene di mettere a frutto il successo e di tentare la discesa in politica. Ma la campagna elettorale si trasformò in un disastro. In primo luogo per l’intervento impietoso di Maurizio Crozza: le sue imitazioni riuscirono a trasformare l’eroe in toga in una macchietta della politica. In secondo luogo per il verdetto delle urne: Rivoluzione civile, il partito che avrebbe dovuto portare l’Eroe al vertice di Palazzo Chigi, riuscì a racimolare uno zero virgola e a Ingroia, caduto da tutti i piedistalli che i giornali gli avevano costruito, non rimase altro che rifugiarsi tra le braccia caritatevoli di Rosario Crocetta: il governatore della Sicilia, in virtù della comune fratellanza antimafia, gli assegnò la guida ben retribuita di una azienda partecipata della regione; e da quel momento i due vissero, come si suole dire, felici e contenti.
Almeno fino a ieri. Perché ieri l’ex pm antimafia, per sostenere “perinde ac cadaver” le ragioni del No si è lanciato in una dichiarazione talmente azzardata da entrare palesemente in contrasto con Crocetta, che volente o nolente è il suo datore di lavoro. Il governatore siciliano, infatti, si è apertamente schierato per il Sì al referendum. E siccome, alla luce della tesi sostenuta da Ingroia, “chi vota per il Sì rende felice la mafia” è sin troppo facile dedurre che Crocetta, da ora in poi, non potrà considerarsi più un campione della lotta alle cosche ma addirittura un fiancheggiatore. Roba da far girare la testa. Ma in questa diatriba, la testa gira soprattutto al poverocristo che volesse tentare di capire con quali argomenti Ingroia motiva il suo No. “La riforma Renzi-Boschi-Napolitano va incontro – ha detto l’ex pm palermitano – alle esigenze di quelle lobby più o meno occulte, tanto quelle legali quanto quelle illecite e, quindi, anche le organizzazioni criminali come Cosa nostra, che sempre hanno condizionato e tutt’ora condizionano la storia del nostro paese affinché non diventi una vera democrazia”. Gruppi sociali “legali” e mafia, tutti attorno a un tavolo a gustarsi questo “attacco non solo alla Costituzione ma alla nostra democrazia”.
“L’attacco finale – ha proseguito Ingroia – dopo un assedio durato 40 anni, iniziato alla metà degli anni Settanta. Ora c’è Renzi – ha detto ancora Ingroia – che altro non è che il ‘fattorino’ mandato per saldare i conti. I mandanti sono altri e vanno ricercati in quei centri di potere – ha concluso – in quelle lobby talvolta anche criminali, come appunto le mafie, che hanno sempre agito, più o meno nell’ombra, per tenere in pugno il paese”. Se il sillogismo ha ancora una ragion d’essere a quelle lobby è da ricondurre oltre a Crocetta, anche Giuseppe Antoci, il presidente del Parco dei Nebrodi, che la mafia dei pascoli ha tentato di uccidere a colpi di lupara e che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto ringraziare pubblicamente conferendogli una onorificenza al valor civile. Come lo giudicherà Ingroia? Antoci, invitato il 5 novembre scorso sul palco della Leopolda, a Firenze, ha sostenuto una tesi diametralmente opposta a quella dell’ex pm. “Col cambiamento di cui la mafia, l’illegalità e la corruzione hanno paura – ha detto – col cambiamento del 4 dicembre noi scriveremo un’altra pagina della storia di questo paese e della lotta alla corruzione e al malaffare”. Ingroia, “indubbiamente”, non la pensa così. E seguendo il filo del suo ragionamento bisognerà infine chiedersi se anche Antoci, col suo Sì, farà felice la mafia. Se anche lui, nominato da Crocetta così come Ingroia, il prossimo 4 dicembre vorrà regalare un sorriso ai propri attentatori.
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