L'infertilità dramma occidentale. Un convegno
l’Italia ha un tasso annuo di concepimenti che l’Europa, l’area del mondo di gran lunga di minore fecondità, raggiunge con la sola natalità
C’è un problema di infertilità della popolazione italiana che va ben al di là del numero delle nascite, in calo da anni e anni e che ormai da un anno all’altro fa segnare il record storico delle minori nascite di sempre nel nostro paese. Non sono infatti soltanto le nascite a perdere terreno inesorabilmente, sono i concepimenti nel loro complesso – dati dalle nascite più le interruzioni volontarie di gravidanza e gli aborti spontanei – a perderne ancora di più dal momento che gli aborti, sia volontari che spontanei, registrano un crollo di proporzioni assai superiore a quello delle nascite. D’accordo, ci sarà pure la pillola del giorno dopo e quella di più giorni dopo, a contenere la quota delle Ivg, ma il loro calo è impressionante. E che dire degli aborti spontanei, che evidentemente non sono influenzati dal ricorso a quelle pillole? Non ci sono ancora i dati ufficiali di Ivg e aborti spontanei per il 2015, ma dai dati dei primi mesi di quell’anno è possibile ricavare questa assai attendibile conclusione: che tra il 2013 e il 2015 mentre le nascite hanno perso il 5,5 per cento della loro consistenza (dato ufficiale), le Ivg hanno perso il 13 per cento e gli aborti spontanei addirittura il 19 per cento (stime) per una perdita media dei concepimenti, in due anni, dell’8 per cento che ha assai modesti margini di oscillazione. Abbiamo perso in due anni almeno 55mila concepimenti, passando da 687mila a 632mila (stima). Cosicché l’Italia ha un tasso annuo di concepimenti che l’Europa, l’area del mondo di gran lunga di minore fecondità, raggiunge con la sola natalità.
Altro che infertilità, dunque, sarebbe più giusto dire sterilità, sterilità bella e buona della popolazione italiana. Di questi temi si è parlato in un convegno internazionale a Roma promosso dal professor Ermanno Greco, direttore del Centro di medicina e biologia della riproduzione. Trattandosi (anche) di medici e medicina, logico che l’accento fosse posto sulle patologie che possono condizionare la capacità di fare figli delle coppie, e segnatamente della parte maschile della coppia. Perché non è certo un mistero che, in modo particolare nell’occidente, si sta assistendo al fenomeno dello scadimento del liquido seminale maschile sia in termini quantitativi che qualitativi (mobilità degli spermatozoi), che ha varie cause strettamente morfologiche come l’alterazione del Dna degli spermatozoi, che a sua volta può derivare da malattie come varicocele, criptorchidismo, infiammazione della prostata, da stili di vita eccessivi per alcool, fumo e droghe, perfino da fattori ambientali. Siamo dalle parti, se ci si pensa, del Piano nazionale della fertilità della ministra Lorenzin, che raccomanda prevenzione. La cosa ha ricadute anche sulla Procreazione medicalmente assistita, tanto che proprio ieri il convegno sulle “Novità in Pma” a Roma faceva il punto della situazione, dal momento che l’infecondità maschile condiziona non solo il ricorso alla Pma, incrementandolo, ma anche le possibilità di riuscita, complicandole. E’ bene che si parli di infecondità. Perché molto sul piano medico-preventivo gli individui che ne sono affetti possono fare, per evitare e per rimediare.
Ma non si può ignorare la questione di fondo, semplicissima e riassumibile in questi termini: per avere la capacità di fare figli bisogna farli, i figli, perché se non si fanno quella capacità si indebolisce e declina. Ora, il punto è questo: che in occidente, e l’Italia ne è la punta di lancia, sta sempre più precipitando, tra sfiducia nel futuro, scetticismo esistenziale e individualismo, la voglia stessa di fare figli, mentre quei pochi che si fanno si pretendono esenti da rischi: cosicché li si sposta sempre un po’ più in là nel tempo, a sicurezze personali e famigliari tutte acquisite. Ed è così che l’orizzonte esistenziale dell’individuo si presenta mai come oggi tanto privo, e privato, della prospettiva dei figli. Ma se questa prospettiva viene meno, scompare anche la capacità fisiologica di renderla concreta.
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