Con il No della Raggi allo stadio è la città a “prenderla sui denti”
Lo stadio della Roma è uno dei più ambiziosi progetti di riqualificazione urbana visti in Italia. Insensato rinunciare
“Sullo stadio, l'hanno presa sui denti”. L'assessore all'urbanistica Paolo Berdini ha commentato con questo linguaggio lo stop allo stadio della Roma dovuto al parere non favorevole trasmesso dal comune alla regione Lazio. Ma se lo stadio dovesse saltare, come più volte auspicato da Berdini, sarà la città a prenderla sui denti, perché il progetto di Tor di Valle è un esempio mirabile di come un’amministrazione comunale dovrebbe gestire gli investimenti privati nella trasformazione urbana.
In cambio della possibilità di costruire lo stadio, la Roma si è impegnata a realizzare, a sue spese, il nuovo quartiere degli affari, il prolungamento della metro B, la riqualificazione della stazione di Tor di Valle, il nuovo parco fluviale di 63 ettari (approssimativamente le dimensioni di Villa Borghese) con la piantagione di 9mila alberi e l’installazione di 11 chilometri di piste ciclabili, il ponte pedonale sul Tevere per collegare la stazione della Magliana con il parco fluviale, la costruzione del nuovo svincolo sulla Roma-Fiumicino, la riunificazione della via Ostiense e della via del Mare, e la messa in sicurezza idrogeologica della zona. Uno dei progetti di riqualificazione più ambiziosi che si siano mai visti in Italia, che si realizzerebbe senza spendere un euro di denaro pubblico. Si avrebbe la tentazione di definirlo un colpo di fortuna per la città, ma la fortuna c’entra poco: c’entrano invece l’intraprendenza e l’assunzione di rischio da parte di investitori privati e la lungimiranza e la capacità negoziale dell’amministrazione precedente, in cui assessore all'urbanistica era l’ottimo Giovanni Caudo.
Se il progetto dello stadio sarà affossato dalla giunta capitolina, la zona di Tor di Valle rimarrà probabilmente abbandonata e preda di abusivismo e degrado, discariche improvvisate e prostituzione di strada. Ma soprattutto non si affermerà il principio, che infastidisce i costruttori locali, che per realizzare grandi progetti immobiliari sia necessario dare prima grandi servizi pubblici alla città, e che non esiste trasformazione urbana senza qualità architettonica, senza trasporto pubblico e senza verde.
La sindaca Raggi sembra inoltre sottovalutare le conseguenze di lungo periodo dell’investimento sull’economia locale, che sono molto rilevanti e meriterebbero di essere al centro del dibattito pubblico locale e nazionale. Uno studio realizzato da Giuseppe Ciccarone, Fabrizio D’Ascenzo, Giovanni Di Bartolomeo, Silvia Fedeli, Francesco Mellino e Massimiliano Tancioni della Facoltà di Economia della Sapienza Università di Roma ha stimato gli effetti macroeconomici dello Stadio. Nei nove anni successivi all’inizio dei lavori, il progetto dovrebbe generare un aumento cumulato del Pil e dei consumi (a prezzi costanti 2010) di circa 18,5 e 2,4 miliardi di euro, rispettivamente. L’effetto sull’inflazione sarebbe, invece, sostanzialmente limitato. Coerentemente con tali dinamiche, si verificherebbe un aumento dell’occupazione pari a 12.500 unità di lavoro equivalenti a tempo pieno, in media, nel periodo considerato. L’impatto occupazionale diretto del progetto comporterebbe invece un impiego medio di circa 1.500 maestranze del settore edile durante la fase di costruzione, e di 4.000 unità, in aggiunta ai circa 15-20.000 addetti del business district, a regime. Complessivamente, il tasso di disoccupazione diminuirebbe sensibilmente, con una riduzione media stimata di circa 0,8 punti percentuali. In pratica, la costruzione dello stadio genererebbe la stessa occupazione aggiuntiva che si otterrebbe organizzando un Giubileo della Misericordia ogni due mesi e mezzo, per un periodo di nove anni.
Tali cambiamenti nel reddito, nei consumi e nell’occupazione aumenterebbero notevolmente il gettito fiscale: considerando le imposte sui redditi e sui consumi, l’aumento annuale medio delle entrate fiscali previsto nel periodo considerato è pari a 142 milioni; le entrate cumulate sarebbero pari a 1,4 miliardi. Tali entrate sarebbero da ripartirsi tra il bilancio dello Stato e l’amministrazione locale. Il gettito cumulato previsto per quest’ultima è di circa 30 milioni di euro. Soldi pubblici, stavolta, che potrebbero essere spesi per nuovi progetti di riqualificazione urbana. Gli autori, infine, hanno confrontato le conseguenze macroeconomiche del progetto con quelle di altri grandi eventi da poco realizzati in Italia. In termini di valore aggiunto, l’impatto economico del progetto Stadio sulla città di Roma sarebbe pari a circa due volte e mezzo quello prodotto dall’Expo 2015 sulla città di Milano e superiore del 68% a quello del Giubileo. L’impatto sulla Regione Lazio sarebbe pari a una volta e mezzo quello prodotto dall’Expo sulla Regione Lombardia.
In uno scenario fiscale che impedisce al comune di realizzare investimenti pubblici, a causa delle condizioni notoriamente disastrose del bilancio capitolino, gli investimenti privati dovrebbero essere considerati il motore ideale della trasformazione urbana. Non ha senso respingere tali investimenti per questioni di principio, o per il timore di non essere in grado di usarli nel modo più opportuno per il benessere della collettività. La sindaca Raggi dovrebbero chiedersi: se il progetto Stadio non sarà realizzato, chi sarà a prenderla davvero sui denti? I privati, come sottintende l’assessore Berdini, o la città di Roma e i suoi abitanti?
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