Lo studente che vende merendine trattato come un Pablo Escobar
Al giovane dell’Itis Pininfarina i vigili hanno mandato un verbale con una multa da 5 mila 176 euro per violazione delle norme sul commercio
Alla fine per fermare definitivamente questo pericoloso contrabbandiere di merendine hanno fatto ricorso all’evasione fiscale, proprio come con Al Capone. Moncalieri non è proprio la Chicago degli anni ‘30, ma l’illegalità è meglio fermarla per tempo, con punizioni esemplari. E così al giovane studente dell’Itis Pininfarina, che si era messo a vendere snack ai compagni di scuola, i vigili hanno mandato un verbale con una multa da 5 mila 176 euro per violazione delle norme sul commercio. Ma la multa è solo l’ultimo capitolo di una vicenda assurda, iniziata anni fa.
Uno studente sedicenne con un bel fiuto per gli affari nota i prezzi un po’ alti dei distributori automatici nella sua scuola, da buon imprenditore drizza le antenne e capisce che comprando gli stessi prodotti al supermercato riesce ad avere un margine di qualche decina di centesimi di euro. Così inizia a raccogliere gli ordini dagli amici attraverso una chat su WhatsApp, va a fare la spesa al supermercato e nell’intervallo la rivende. Il sistema funziona e il commercio va bene, fino a raggiungere un giro d’affari da un centinaio di euro al mese, che per il figlio di una famiglia numerosa, papà operaio e mamma casalinga, fanno comodo per comprare le ricariche e un cellulare nuovo. Ma una volta che il mercato nero di brioche diventa florido, inevitabilmente, i professori si accorgono dell’attività illegale: per il ragazzo arrivano così dieci giorni di sospensione, venti giorni di piantonamento in classe durante gli intervalli per impedirgli di spacciare patatine e, a fine anno, la bocciatura. Punizione esemplare e scuola bonificata.
Ma si sa cosa succede in questi casi, l’anno dopo gli amici si avvicinano, gli chiedono la roba, se il giro riprende: “No, ho smesso, ne sono fuori”, “dai, porta almeno un po’ di coca, in lattina”. Alla Coca-Cola si aggiungono il cioccolato, il tè, i salatini, e il giro riparte. Così si arriva allo scorso autunno, quando il traffico illegale viene di nuovo scoperto dai professori che, con un blitz organizzato insieme ai vigili, fermano il Pablo Escobar dei Buondì e dei Flauti con le mani nel sacco: due borsoni pieni di merendine. Secondo il preside il reato è gravissimo, perché si mette a rischio la sicurezza alimentare degli studenti: “Non sappiamo da dove provenissero quelle merendine. E se i nostri allievi fossero stati male?”. Magari erano anche piene di olio di palma. Inoltre lo studente è recidivo, così si pensa a una sanzione più dura: quindici giorni di sospensione, da scontare facendo lavori socialmente utili.
La vicenda diventa però un caso politico quando la Fondazione Einaudi decide di dare al ragazzo una borsa di studio da 500 euro per “premiare il suo spirito imprenditoriale”. Apriti cielo. Centinaia di studenti dell’Itis organizzano una manifestazione di protesta contro il premio al pregiudicato: “Le borse ai fuorilegge, non a chi legge”, “cervelli in fuga, venditori di snack abusivi da Nobel”. Interviene anche la regione Piemonte, con l’assessore all’Istruzione: “E’ sbagliato premiare chi non rispetta le regole”.
Il ragazzo si rifiuta di scontare la condanna ai lavori sociali e la scuola decide per una pena più severa, il 6 in condotta, che impedisce ai genitori di trasferirlo in un altro istituto e già annuncia un’altra bocciatura. Infine arriva la multa da 5 mila euro. Solo una cosa può dare la dimensione dell’accanimento su questo ragazzo: Bruno Tinti, ex procuratore ed editorialista-azionista del Fatto quotidiano, quello che diceva che è “irragionevole” sdegnarsi per il trattamento subito da Enzo Tortora e Silvio Scaglia, ha offerto alla famiglia il proprio sostegno legale gratuito.
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