Il Lazio assume ginecologi abortisti. La Cei all'attacco
Bando per due medici all'ospedale San Camillo: se obiettano verranno licenziati. La conferenza episcopale: "Così si snatura l’impianto della legge 194"
All’ospedale San Camillo di Roma si assumono ginecologi. Abortisti. La notizia non è nuova visto che il bando per l’assunzione di due medici è stato pubblicato nella primavera del 2016, ma ora che la selezione si è conclusa, la polemica riesplode. Il concorso, infatti, è stato fortemente voluto dalla Regione Lazio “per fronteggiare la carenza di personale che pratichi l’interruzione volontaria della gravidanza”. I due medici prenderanno servizio entro il primo marzo e sono stati assunti con il preciso scopo di “garantire la piena applicazione della legge 194”.
"Dobbiamo affrontare il grande tema dell'attuazione vera della 194 nei modi tradizionali anche sperimentando forme molto innovative di tutela di una legge dello Stato che altrimenti verrebbe disattesa - spiega il governatore Nicola Zingaretti -. Quindi è sperimentazione, siamo i primi in Italia e penso che sia necessario garantire alle donne un diritto sancito dalla legge".
La direzione sanitaria dell’ospedale conferma che i contratti dei neo-assunti saranno strutturati per rendere impossibile un cambio di posizione rispetto all’aborto: rischierebbero il licenziamento per inadempienza contrattuale. Sin dalla sua pubblicazione il bando era stato duramente criticato da associazioni e movimenti legati al Family Day, e anche il ministro della salute Beatrice Lorenzin, del Nuovo Centrodestra, si era espressa negativamente sulla vicenda, affermando che “non è possibile reclutare personale sanitario con contratti a tempo indeterminato chiedendo tra i requisiti dell’esame l’essere non obiettore. Si tratterebbe di una modalità discriminatoria di reclutamento del personale.”
Non sono mancati nemmeno i ricorsi al Tar, che però si sono risolti in un nulla di fatto, nonostante in Puglia, nel 2010, un bando simile ricevette la sospensiva. Oggi è tornata a farsi sentire la Cei, che attraverso il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute Don Carmine Arice, ha ribadito che il bando “snatura l’impianto della legge 194 che non aveva l’obiettivo di indurre all’aborto ma di prevenirlo. Predisporre medici per questo ruolo è una indicazioni chiara”. In questo modo, ha detto il sacerdote, “non si rispetta un diritto di natura costituzionale quale è l’obiezione di coscienza”, anche perchè “il ministero della Salute ha fatto recentemente un’indagine appurando che il numero di medici non obiettori risulta sufficiente per coprire ampiamente la domanda”.
Non si è fatta aspettare la risposta del Partito democratico che attraverso l’Ufficio di presidenza del gruppo Dem alla Camera ha accusato la Cei di entrare “a gamba tesa nella sacrosanta attuazione della legge 194”, una legge “che tutti riconoscono come equilibrata e di grande buonsenso anche nella prevenzione degli aborti”.
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