Guerre per procura
Fango, millanterie, attacchi. La versione di T. Renzi sul caso Consip
I punti fragili dell’inchiesta, le parole del padre dell’ex premier, il circo, il clima da persecuzione, la tesi dell’avvocato
Roma. Le colpe dei padri non ricadono sui figli, e certi figli sono più ingombranti di altri. In paese Tiziano Renzi è per tutti il “babbo’’ per via di quel ragazzo ambizioso che dal comune di Rignano sull’Arno, 8 mila anime, è planato su Palazzo Chigi. “Di strada ne ha fatta, Tiziano è un padre orgoglioso’’, riferisce chi lo conosce bene, mentre lui, Renzi senior, in queste giornate convulse, limita il più possibile i contatti con i giornalisti. Lui e la signora Laura sono legatissimi al figlio, perciò quando Matteo parla di una “pena doppia’’ nel caso di condanna paterna, i due comprendono il senso della provocazione, ‘‘prima che un figlio, è l’ex presidente del Consiglio’’. In casa non si cela l’amarezza per una “storia che non doveva neppure iniziare’’, commenta un amico di famiglia. Nel ‘‘pizzinogate’’ si profila il rito dell’accerchiamento che mescola acche aspirate e idiomi partenopei, con un Romeo che si fa vanto dell’intervista rilasciata a Marco Travaglio in cambio della pax tribunalizia e un Bocchino propheta in patria (“mi dicono che Vudcoc s’è fissato che vuole acchiappa’ a Renzi’’).
Nell’ingorgo politico-giudiziario si mescolano fatti e illazioni, detti e non detti, verbali e dicerie, e poca ciccia. Ma certe deduzioni arbitrarie, cristallizzate nell’accostamento di due consonanti fortunate, possono inchiodarti nel ruolo di colpevole per forza. A 65 anni babbo Tiziano, dopo una vita da incensurato, ha preso dimestichezza con avvocati e carte bollate a causa delle indagini genovesi, protrattesi per 22 mesi, per una presunta responsabilità nella bancarotta fraudolenta di una società ceduta tre anni prima della dichiarazione di fallimento. Il pm ha chiesto per due volte l’archiviazione. “Ho vissuto un incubo kafkiano – commentò Renzi senior all’indomani dell’archiviazione disposta dal gip – A parte i patimenti personali, mi hanno sconvolto l’orchestra mediatica, le ripercussioni su mio figlio. Quando il giudice mi ha scagionato, ho telefonato ai miei nipotini per condividere con loro la gioia. Chi mi conosce non ha mai dubitato della mia onestà’’. Provate a immaginare quale sia il suo stato d’animo adesso che nell’inchiesta Consip è accusato di concorso esterno in traffico d’influenze illecite, reato evanescente contestatissimo dai giuristi, a metà tra corruzione e millantato credito, di quelle invenzioni penali perfette per accrescere a dismisura il potere discrezionale togato. Secondo la pubblica accusa, partita a Napoli con il fiuto investigativo di Henry J. Woodcock e trasferita per competenza a Roma, Renzi senior avrebbe agevolato i rapporti tra l’imprenditore partenopeo Alfredo Romeo e il ‘‘livello politico più alto’’.
Suggestione accattivante se non fosse che il primo, recluso a Regina Coeli, afferma di non aver mai incontrato Tiziano Renzi che, a sua volta, conferma di non aver mai conosciuto Romeo, la ‘‘bettola’’ del fantomatico incontro tra i due non esiste, né lui si è mai occupato, direttamente o indirettamente, di appalti Consip. ‘‘E’ un caso palese di abuso del mio cognome’’, ha riferito Tiziano al pm Paolo Ielo durante l’interrogatorio al termine del quale la difesa non ha richiesto copia del verbale. “In questo modo – spiega il difensore Federico Bagattini – abbiamo spazzato via ogni sospetto su una nostra eventuale responsabilità per le prevedibili fughe di notizie puntualmente avveratesi”. Ma la mossa eclatante è venuta dalla procura di Roma che ha revocato la delega per ulteriori indagini al Nucleo operativo ecologico dei carabinieri, l’unità che dovrebbe occuparsi di reati ambientali ma, sotto la direzione del pm Woodcock, in questi anni ha curato indagini su vip, corruzione e tangenti.
C’è chi vocifera di un ‘‘regolamento di conti’’ tutto interno all’Arma tra il colonnello Sergio De Caprio, nome in codice Ultimo, capo operativo del Noe fino all’agosto 2015, e il comandante generale Tullio Del Sette, responsabile del di lui demansionamento e indagato nella medesima inchiesta per rivelazione del segreto d’ufficio. “La revoca del mandato è un fatto imponente – rincara il legale Bagattini – A voler brutalizzare, la procura dice: io non mi fido più di voi carabinieri, gli stessi che verbalizzano le dichiarazioni delle persone ascoltate. E’ una decisione estrema che getta una luce sinistra su ogni elemento raccolto sin qui’’.
Nell’inchiesta che lambisce pure il ministro dello Sport Luca Lotti per una presunta rivelazione del segreto istruttorio, le uniche ‘‘ripetute rivelazioni di notizie coperte da segreto’’, citando la nota vergata dalla procura diretta da Pignatone, sono quelle a uso e consumo dei giornali attraverso celebratissimi scoop, copia e incolla di verbali e atti investigativi. Materiali riservati a disposizione dei giornalisti prima ancora che degli indagati. Qualcuno si domanda pure quale sarebbe il reato commesso da un carabiniere che suggerisce a una persona amica di tenersi alla larga da un tale non raccomandabile (‘‘non parlare con Alfredo Romeo’’, avrebbe detto il generale Emanuele Saltalamacchia a babbo Tiziano). Non ho mai commesso nulla d’illecito, riflette babbo Tiziano, non ho mai intascato un soldo né ho mai fatto promesse. “Solo un padre scellerato – confida ai suoi più intimi – avrebbe speso il nome del figlio, presidente del Consiglio, per mettersi a busta paga di un imprenditore”. Piuttosto esprime stupore per il solo fatto che qualcuno possa dare credito a una tale ricostruzione. I punti oscuri restano molteplici. Sentito dai pm napoletani, l’ad Consip Luigi Marroni dichiara di aver subìto ‘‘pressioni e ricatti’’ da parte di Tiziano Renzi e Denis Verdini che, in quanto ‘‘arbitri del suo destino professionale’’, avrebbero agito ‘‘in combutta’’ usando come mediatore il ‘‘faccendiere’’ di Scandicci Carlo Russo: ‘‘Il Russo – si legge nel verbale attribuito a Marroni – mi ribadì che sia Verdini che Tiziano Renzi davano per scontato che io gli garantissi tale aggiudicazione e che quindi non potevo sbagliare. Vi dico che a quel punto il mio stato di prostrazione era indescrivibile’’. C’è però un elemento che può smontare l’accusa: stando all’ipotesi dei pm, per il maxi appalto FM4 da 2,7 miliardi di euro Renzi senior e Verdini sponsorizzerebbero due aziende concorrenti (la Romeo spalleggiata dal ‘‘babbo’’, la Cofely dal senatore di Ala).
Qualcosa non torna, la logica fa difetto e babbo Tiziano si arrovella attorno al teorema implausibile, tanto più che, non si stanca di ripetere, lui non ha mai incontrato Verdini e l’ultimo abboccamento con Marroni, toscano pure lui, risale a marzo dello scorso anno, in piazza Santo Spirito. In quell’occasione, racconta Renzi senior, non si parlò di Consip ma di una pratica, documentata, cui Tiziano si dedicava, con l’associazione Il Cireneo, dai tempi in cui Marroni era assessore alla Sanità della regione Toscana, con l’obiettivo di installare una madonnina nel cortile dell’ospedalino Meyer presso la nuova sede del complesso Careggi. “Sono un devoto cattolico – si schermisce lui – vado in pellegrinaggio a Medjugorje un paio di volte l’anno. Se qualcuno vuole fare della facile ironia, peggio per lui’’. La richiesta della statua sacra viene trasmessa a Marroni, all’epoca assessore, ma non se ne fa nulla. Nell’incontro citato Marroni gli riporta l’opposizione di un cardinale che sarebbe contrario per via della natura multiconfessionale dell’istituto sanitario. “Certo che se avesse subìto pressioni e minacce – evidenzia Bagattini – Marroni sarebbe dovuto andare in procura. Riscontriamo enormi incongruenze, per questo abbiamo stilato la prima lista testi, svolgeremo accurate indagini difensive e desideriamo riascoltare alcune persone a partire da Marroni’’. Se l’iniziale T. sta per Tiziano, secondo l’esegesi inquisitoria, le consonanti RC porterebbero dritto a Russo Carlo o alla sua società Russo Consulting. Poco si sa del piccolo imprenditore di Scandicci che si muove tra i palazzi romani vantando agganci politici ‘‘al livello politico più alto’’.
Non si può dire che sia uno stretto amico di Tiziano, anzitutto per una questione anagrafica avendo la metà dei suoi anni, i due si conoscono tre o quattro anni fa quando Russo collabora professionalmente con la moglie di Tiziano. Il giovane si rivolge a lui per chiedergli un aiuto: il sagrestano si rifiuta di celebrare il battesimo del figlio concepito con la nuova compagna, avendo avuto Russo un figlio da un precedente matrimonio fallito. Tiziano individua il sacerdote disposto a celebrare il sacramento, per ringraziarlo Russo gli chiede di fare da padrino. Nessuna frequentazione assidua, tra i due si registrano incontri sporadici in paese e gli auguri per le feste comandate. “Che volete che ne sapessi di quello che lui faceva a Roma?’’, è lo sfogo in queste ore convulse. Tra le consonanti vergate sui pizzini, dei quali i legali di Romeo (che ieri ha scelto di non rispondere ai magistrati) si preparano a contestare l’utilizzabilità essendo stati rinvenuti e ricostruiti dai carabinieri del Noe in assenza dell’indagato mediante “operazioni irripetibili”, l’impressione è che si celi una rete di dicerie e millanterie, l’intento di accreditarsi vantando appoggi politici inesistenti. Dalle intercettazioni ambientali emerge un Carlo Russo che enfatizza la propria vicinanza a Tiziano Renzi, promette incontri e “caffè” e “bistecche” che non si realizzano.
Un eccesso di generosità, forse è questo l’unico rimorso di babbo Tiziano, specie poi se tuo figlio diventa capo dell’esecutivo. I reati però sono un’altra storia, e in questo caso non si comprende quali siano gli illeciti a carico di Renzi senior. Lo stillicidio mediatico invece è quotidiano e ineffabile, si fa ancora più asfissiante a pochi giorni dal Lingotto, prima tappa della possibile riscossa renziana. ‘‘C’è un gruppo di fuoco – conclude Bagattini – composto da tre testate che da mesi diffondono frammenti investigativi. I tre giornali hanno editori diversi ma un unico obiettivo che in comune con il mio assistito ha solo il cognome. In un paese civile ciò non dovrebbe accadere”. Matteo Renzi rompe il muro inviolabile dell’intimità famigliare solo in una occasione, quando Beppe Grillo ironizza sulla ‘‘rottamazione del padre’’. Interviene sul blog – lo ha fatto domenica – per ricordare quando babbo Tiziano gli toglieva le rotelline dalla bicicletta, la prima iscrizione agli scout, la partita nel ruolo di arbitro, l’annuncio con Agnese che sarebbe arrivato un altro nipotino, fino alle ultime ore trascorse insieme al capezzale di nonno Adone… Frammenti di vita lungo il filo che con alti e bassi lega padre e figlio, entrambi chiamati a difendersi dalle sciabolate mediatiche e giudiziarie di un attacco che ha un obiettivo esplicito: tagliare la testa al renzismo, costi quel che costi.
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