Il noir emiliano del killer di Budrio
Igor il russo o Ezechiele il serbo è in fuga dal primo aprile. Avrebbe ucciso due persone e ferito un'altra. "Sembra un cattivo dei libri e di solito i cattivi dei libri una via di fuga la trovano sempre”, racconta chi lo ha conosciuto
Sabato primo aprile c'è stato l'omicidio di Davide Fabbri, barista di Budrio, provincia di Bologna. Domenica 16 nelle vicinanze di Portomaggiore, provincia di Ferrara, la stessa sorte era toccata a Valerio Verri, volontario della guardia ambientale che aveva avuto la sfortuna di trovarselo sulla sua strada assieme al collega Marco Ravaglia, ora in coma farmacologico. Ora su quella pianura coperta dalla sera al mattino da una nebbiolina che tutto offusca e tutto confonde si nasconde ancora colui che da giorni è il nemico pubblico numero uno. Non un inseguimento, un gioco di posizione, di trincea tra chi fugge perché ha sparato e ucciso e chi è pronto a tutto, anche a sparare e uccidere, pur di catturarlo. Chi scappa è Igor oppure Ezechiele, russo oppure serbo, oppure chissà. Sulle sue tracce ci sono mille uomini o giù di lì. In mezzo la piana che separa Bologna da Ferrara, valle e palude tra il Reno e l’Idice, tra Argenta e Molinella, risalendo dal capoluogo dell’Emilia-Romagna verso Comacchio. Sembra Daunbailò, il film di Jim Jarmush del 1986, ma senza la comicità, a volte paradossale, di Tom Waits, John Lurie e Roberto Benigni. Assume le caratteristiche del noir, perché ci sono le pistole, gli omicidi, la violenza, la caccia, il mistero. Ma è un noir televisivo, senza effetti speciali, tanto ripetitivo quanto inconcludente, palustre.
Gli inquirenti sono sicuri che sia lì, nascosto, lì lo cercano e lo ricercano, credono sia ferito, o almeno hanno trovato del sangue nell’ultima macchina che ha usato. Gli indizi latitano, quanto le informazioni date alla stampa. “E’ una persona con una grande capacità di muoversi, un soggetto pericoloso che non si arrende alle prime difficoltà ma stiamo facendo un grande sforzo per prenderlo e lo prenderemo”, ha detto ieri il capo della polizia Franco Gabrielli.
E’ tutto essenzialmente un mistero, un grande inghippo, “che sarebbe perfetto per essere narrato, perché è un libro in differita televisiva”, ha detto Gilles Cappi, ricercatore all’Università della Sorbona specializzato nella letteratura noir scandinava.
“Il protagonista di questa storia è un personaggio letterario, o così almeno il profilo che sta uscendo dalle cronache locali e nazionali. Non si sa chi sia – continua Cappi –, da dove venga, quali siano le sue origini e il suo passato. O almeno non lo si sa in modo preciso. E’ Igor o Ezechiele, o tutti e due contemporaneamente oppure nessuno?”. C’è una narrazione che cambia e si evolve, pur non cambiando ed evolvendosi affatto: “E’ un paradosso, ma questo è il caso di questo fatto di cronaca. Ora sembra sia serbo, ma si spacciava per russo e per russo è stato fatto passare all’inizio. Non ci sono state svolte, solo un chiacchiericcio di mezze informazioni, in uno scenario che è ancora immutato. Il punto, almeno da quanto si legge, è che in pochi sanno e questo non fa altro che aumentarne l’interesse. I fatti non servono. Può non succedere niente, Dürrenmatt lo insegna. E’ questo che deve fare un noir, indurre l’interesse, farlo aumentare durante il proseguo della narrazione, unire personaggi al limite a situazioni al limite, di solito della legalità. Decidere quale sia il limite – conclude – è compito e bravura dello scrittore”.
Ivan il russo o Ezechiele il serbo? “Si spacciava per russo, ma russo non lo era, ho avuto una lunga relazione con una russa e il modo di esprimersi era diverso”. Lo racconta al Foglio Adamo, ferrarese, diversi precedenti penali, qualche rapina e qualche altra caduta criminale. “Con lui ho avuto poco a che fare, avevamo parlato di un colpo, ma non ci fu seguito. Avevo chiesto in giro e mi avevano detto che era uno di cui non ci si poteva fidare, perché quando sei disposto a tutto sei disposto anche a fottere chi è con te”. Girava tra il bolognese e il ferrarese, “senza dare troppa confidenza a nessuno, ma è normale, come è normale che uno così abbia più identità, sia più persone allo stesso tempo. Ha fatto la latitanza e questa è una delle prime cose che impari”.
Un cane sciolto forse, uno che badava a se stesso, “oppure che aveva qualcosa da fare e una maniera per sparire. Ci siamo incontrati quasi dieci anni fa, per poco, poche parole, ma abbastanza per capire che aveva anche la faccia da bamboccio, ma non era uno sprovveduto. Sembrava un cattivo dei libri e di solito i cattivi dei libri una via di fuga la trovano sempre”.
Politicamente corretto e panettone
L'immancabile ritorno di “Una poltrona per due” risveglia i wokisti indignati
Una luce dietro il rischio