Storia (in musica) di Giordano, o' professore della Bufala dei fuochi
Dopo aver denigrato l’agroalimentare campano “cancerogeno” ne è diventato ambasciatore
Napoli. La vicenda napoletana della bufala della Terra dei fuochi, sviluppatasi nell’humus del Palazzo di Giustizia di Napoli, oltre agli aspetti kafkiani di cui abbiamo già dato conto presenta tutta una seria di tratti specificamente legati all’oleografia partenopea.
Oltre gli aspetti legati alla commedia scarpettiana e alla sceneggiata napoletana, vogliamo mettere in risalto quelli legati alla canzone napoletana.Come non intravedere la celeberrima “chi ha avuto ha avuto, ha avuto, chi ha dato ha dato, ha dato, scurdàmmoce ‘o ppassato, simmo ‘e Napule paisà” nella consegna della targa di “ambasciatore della pasta di Gragnano nel mondo” al “professor Antonio Giordano, oncologo di fama mondiale presidente dello Sbarro Research Organization di Philadelphia” nonché coautore del libro “Campania terra di veleni”?
La pasta di Gragnano è uno dei prodotti meritatamente di punta dell’agroalimentare campano, agroalimentare la cui immagine è stata gravemente (e ingiustamente) lesa dalla bufala della terra dei fuochi. Il professor Giordano è da sempre stato uno dei leader riconosciuti dal movimento “stop biocidio” (la morte dalla vita, una contraddizione in termini), e le sue dichiarazioni sui “pomodori bombe cancerogene” o, ad esempio, sulla bufala dei sequestri dei pozzi e terreni di Caivano del 2013, definitivamente dissequestrati dopo oltre tre anni di battaglia legale, restano memorabili. Grazie alla notorietà del personaggio e al prestigio scientifico che molti (non tutti, in verità, nel mondo scientifico) gli riconoscono, le sue parole hanno contribuito al discredito dell’agroalimentare campano e a gettare sul lastrico intere famiglie. Nella storia personale del professor Giordano si possono intravedere i versi dell’altrettanto celeberrima canzone “Lacreme napulitane”. Giordano infatti, in gioventù emigrò in cerca di un futuro migliore negli Stati Uniti e, come noto, “nce ne costa lacreme ‘st’America a nuje, napulitane!”. Lì ebbe la fortuna di incontrare Mario Sbarro, facoltoso emigrato napoletano, proprietario di una catena di fastfood e pizzerie. E qui, sovviene l’inno alla pizza napoletana portata al successo dall’indimenticabile Aurelio Fierro: “Io te ‘ncuntraje, volevo offrirti pagandole anche a rate nu brillante ‘e quinnece carate, ma tu vulive ‘a pizza, ‘a pizza, ‘a pizza, cu ‘a pummarola ‘ncoppa, cu ‘a pummarola ‘ncoppa”.
Bene, come racconta lo stesso Giordano, il facoltoso pizzaiolo, ammaliato dal suo progetto di ricerca, gli concesse un finanziamento di un milione di dollari da cui nacque il suddetto Sbarro Research Organization di Philadelphia. Ma Giordano come dimostrano le dichiarazioni su riportate, non ha mai reciso le sue radici, e qui il “tu vuo’ fa ll’americano, mericano, mericano, ma sì nato in Italy, sient’a mme, nun ce sta niente ‘a fa, ok, napulitan” è d’obbligo. Ed alla fine della storia, con la elezione ad “ambasciatore” della pasta di Gragnano, in virtù del suo conclamato amore per il pomodoro campano, me lo vedo intonare l’italianissimo ritornello: “viva la pasta, pasta (di Gragnano), col po po po po po po pomodoro (campano)”.
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