Il razzismo che nasce dalle nostre ossessioni
Non c’entra il Terzo Reich con le reazioni al bagno dei neri nella piscina d’agosto. C’entriamo noi, sterminatori di down, e la nostra corsa alla salute fisica, alle gioie della natura divinizzata, al culto del corpo.
Corpi bianchi, una pelle familiare, amica, la percezione del simile, la pulizia che diventa igienismo compulsivo, come tutto o quasi nella vita associata del mondo occidentale, docce prima e dopo, cloro, shampoo e magari cuffie non sia mai un capello… altri sistemi di purificazione, magari una accorta depilazione, e poi l’acqua azzurrina, i sacri corpicini dei bambini che sguazzano al sole ma con etti di crema, forse due o tre paperelle. Il prete che ha portato un gruppo di ragazzi e ragazze neri a farsi il bagno nello specchio delle nostre brame, nella piscina d’agosto, è un geniale detector, uno che ha capito come si fa a eccitare il brivido razzista e a esorcizzarlo. Se non possono avere la nostra stessa aria e la nostra nazionalità, non possono nuotare e sciacquettarsi nella nostra stessa acqua, che è un conduttore immediato, un bacino formidabile, dunque temibile, di trasmissione dei caratteri e delle diversità, chiaro. Poi dei mezzi nazi e mezze pippe l’esorcismo glielo hanno fatto a lui, al prete che ha violato la purezza incontaminabile della pozza dei divertimenti per soli bianchi, assediandolo durante la messa.
Va bene, cioè male, malissimo. Ma deve essere, questo razzismo letteralmente epidermico, qualcosa di molto diverso dal superomismo che divinizza il biologico, non c’entra il Terzo Reich, c’entriamo noi, sterminatori di down, genitori à la carte con scelta del sano e del bello nella banca dello sperma e nella diagnosi prenatale, noi occidentali democratici e di massa ossessionati dalla selezione eugenetica, dallo scarto abortista, dall’omologazione universale e dalla corsa alla salute fisica, alle gioie della natura divinizzata, al culto del corpo. Con il cristianesimo se n’è andato Dio, forse, certamente la persona, l’essere umano, la comunità di santi e peccatori che è ormai solo l’ossessione di qualche sacerdote, tra cui il talentuoso detector della piscina.
Il corpo nero in sé non fa scandalo, se ha un accreditamento sociale solido. Appena hanno capito che il vu’ cumprà seduto sul gradino di una città d’arte con aria vagabonda era Magic Johnson, uno che ha fatto più soldi di tutti i socialite che lo hanno sbertucciato cadendo nello scherzo, e non un immigrato fannullone, sono esplosi, i potenziali razzisti, in una crassa risata liberatoria. Se il prete avesse chiesto a Usain Bolt di farsi una nuotata, gli avrebbero chiesto autografi e selfie a derrate. La pelle nera fa scandalo solo se accreditata da un parroco qualunque, solo se qualunque. E tutto si esprime nella contiguità del lavacro, del bagno. L’identitarismo da piscina è la variante contemporanea della vecchia segregazione da bus, da cesso, da pub, quando i neri dovevano alzarsi e far sedere un bianco al posto dei bianchi. Ora siamo rassegnati al fianco a fianco nei trasporti in comune, non esistono luoghi pubblici segregati, ma la piscina no, quella è il simbolo della nostra presunzione di pulizia, di igiene come canone per la aspettativa di vita e la buona salute di grandi e piccini.
Una volta ho incontrato dei condomini che mi hanno investito del problema dell’insediamento di immigrati scuri sotto casa, sul Lungotevere, con bancarelle e mercatini vari. Pur essendo persona di malanimo, almeno nei programmi, ho dato, anche per togliermi d’impaccio e continuare in pace la mia passeggiata, una risposta naturalmente cristiana di cui ovviamente non sono degno: “Signora, che ci vuole fare? Sono esseri umani, mi pare”. Fossi stato a bordo di quella piscina, io che detesto in generale l’atmosfera delle piscine, avrei risposto alle rimostranze: “Abbiate pazienza, mica sono ranocchi. Sono esseri umani, mi pare”.
I guardiani del bene presunto