Non c'è salvezza per i carabinieri di Firenze. Ma c'è speranza
I due militari hanno perso la dignità e il senso del loro compito. Dovevano proteggere e invece hanno violato il principio fondante del loro mestiere. L’Arma l’ha capito subito. I giornali ancora una volta no
Non c’è, nella storia di Firenze, nessuno spiraglio per la salvezza dei due carabinieri accusati di stupro dalle due studentesse americane, diciannove e ventuno anni, da pochi giorni in Italia. I due carabinieri, immediatamente sospesi, hanno perso la dignità e il senso del loro servizio, forse ancora prima di perdere la loro dignità di uomini. Perché erano in divisa, stavano lavorando (erano intervenuti per una rissa nel locale) e due ragazze ubriache che si affidano, consapevolmente o meno, a due carabinieri, devono essere protette. Protette da tutto, e quindi chi potrebbe approfittarsi di quello stato di debolezza, protette da chi potrebbe, sbagliando, scambiare allegria, giovinezza e disinvoltura per un desiderio, per un invito.
Se un carabiniere in servizio, violando i suoi obblighi e divieti, accompagna a casa una ragazza, io devo pensare che quella ragazza è al sicuro, che quell’auto e quella divisa sono i posti più sicuri del mondo dentro una notte da discoteca. Per questo non c’è salvezza morale né professionale, perché i carabinieri in servizio (ma se fossero stati fuori servizio non sarebbe cambiato nulla) hanno un compito preciso che non è solo professionale ma esistenziale, sono tenuti a una serietà e a una dignità senza cedimenti.
A Firenze i due carabinieri hanno calpestato i loro compiti: anche se ci fosse stato un consenso assoluto, quello che è accaduto è, come ha detto il comandante generale dei carabinieri, “un comportamento indegno, illegittimo e immorale”. Infatti il carabiniere che si è presentato in procura a Firenze, padre di tre figli, è un uomo che si dice devastato dalla gravità di quello che ha fatto, anche mentre ripete di non avere stuprato quella ragazza e piange sa di non poter essere innocente. E lo sa perfettamente l’Arma dei carabinieri, che ha affrontato questa storia con serietà e velocità, senza cercare di annacquare i fatti, di mettere in dubbio la denuncia delle due studentesse, senza cercare, finora, di nascondere o diminuire la gravità di quel che è successo, a prescindere dal grado di responsabilità penale, che andrà valutato: una categoria va difesa soltanto difendendo la verità.
Che i due carabinieri abbiano violato il principio fondativo del loro lavoro è un fatto, e questo fatto è stato subito seriamente individuato. I giornali invece sono caduti in alcune cronache fantasiose e incredibili, basate forse sullo stereotipo inaccettabile delle studentesse americane disinvolte. In tanti hanno scritto, per fare l’esempio più assurdo e quindi eclatante, che tutte le studentesse americane in Italia sono assicurate per lo stupro e che a Firenze su centocinquanta/duecento denunce di stupro all’anno, il novanta per cento risulta falso. Tutti gli studenti all’estero devono essere assicurati e ovviamente non esiste la categoria: assicurazione antistupro, e le denunce per stupro a Firenze nel 2016 sono state cinquantuno, ha detto la questura. Ma c’è stato subito il tentativo, forse nemmeno malizioso, forse soltanto sciatto, di fare teatro di questa storia, infilandola in qualcosa di facile come un vecchio tic giornalistico-sociologico: le americane audaci perché lontane da casa, i carabinieri semplici e buoni trascinati da quella dirompente e furba vitalità. E’ ridicolo come una barzelletta, ma anche rischioso, così come lo sarebbe dire che tutti i carabinieri (e tutti i profughi) sono corrotti stupratori.
Politicamente corretto e panettone
L'immancabile ritorno di “Una poltrona per due” risveglia i wokisti indignati
Una luce dietro il rischio