Quel che si sa già è che Ramadan è colpevole di molestie islamicamente corrette
In attesa dell’inchiesta, non serviva l’accusa di stupro per sapere che l’islamista vuole sottomettere le donne
Roma. Sono eccitati i social media e i commentatori che hanno colto in fallo Tariq Ramadan. Asra Nomani, femminista islamica, si chiede sul New York Times se non sia “il caso Weinstein dell’islam”, mentre il Point dedica un dossier all’“affaire Ramadan”. E’ successo che Henda Ayari, autrice del libro “J’ai choisi d’être libre” (ho scelto di essere libera), ha accusato il celebre intellettuale islamico di stupro e molestie sessuali: “Ho mantenuto il silenzio per molti anni per paura delle rappresaglie perché quando gli ho detto che avrei presentato denuncia per lo stupro del quale sono stata vittima, lui non aveva esitato a minacciarmi aggiungendo che se la sarebbe presa anche con i miei figli”. Qualcuno ha fatto notare che la fortuna di Ramadan è di doversi difendere non a Raqqa o a Riad, ma a Parigi, in quel sistema occidentale garantista che lui aborre. Ma non c’era bisogno di una denuncia di molestie sessuali per sapere che Tariq Ramadan da anni le donne vuole sottometterle. Il pensatore ginevrino, eroe della banlieue di Saint-Denis e conferenziere assieme a ex primi ministri come Massimo D’Alema, è uno dei massimi responsabili della sottomissione della donna musulmana in Europa. Il comune di Rotterdam lo ha licenziato come consigliere dopo aver scoperto sue dichiarazioni nelle quali dice che le donne “devono tenere lo sguardo fisso a terra per strada” e “se cerchi di attirare l’attenzione attraverso il profumo, attraverso il tuo aspetto o i tuoi gesti, non sei nella direzione spirituale corretta”. Un mese fa, Tariq Ramadan si è rifiutato di condannare l’infibulazione delle bambine, dicendo che le mutilazioni genitali “sono parte delle tradizioni dell’islam” e che non dovrebbero essere discusse con i non-musulmani. Celebre il suo dibattito in tv con Nicolas Sarkozy, in cui Ramadan si rifiutò espressamente di condannare in quanto tale la lapidazione, a favore di una moratoria e un “consenso” di opinioni da raggiungere sulla questione.
In un saggio per New Republic, Ian Buruma ebbe a scrivere in merito al dibattito televisivo fra Sarkozy e Tariq Ramadan: “Circa sei milioni di francesi hanno assistito a questo dibattito. Di questi, il numero di immigrati musulmani doveva essere enorme, proprio quelle persone che avrebbero potuto trarre vantaggio dal sentir parlare qualcuno con la massima chiarezza contro la violenza sulle donne. Ramadan non l’ha saputo fare. Questo è stato un momento da brivido. Il VII secolo è apparso improvviso, spuntato da dietro la retorica moderna del femminismo e dei diritti. Un momento di barbarie. Un sussulto. Tutto il mondo delle donne musulmane improvvisamente dispiegato sugli schermi televisivi della Francia intera: un mondo di violenza tollerata, santificata e persino ordinata dalle più alte autorità”.
Ramadan ha difeso il velo integrale: “Se vogliamo costruire un’autentica comunità islamica, c’è una cosa che dobbiamo imporre a tutti, ed è il pudore”. Per Ramadan, un musulmano può sposare una cristiana o un’ebrea, ma “una donna islamica non può sposare un uomo di un’altra religione”. Se nelle sue parole l’Iran diventa “la più avanzata società islamica nella promozione delle donne”, gli occidentali non siano così ipocriti da bandire la poligamia dei musulmani, “molti uomini hanno una, due o tre amanti nelle società occidentali”. Ramadan è pure contrario alle piscine miste, “non vedo come uno possa pensare di andare in posti simili”.
Vedremo come andrà a finire l’accusa di stupro. Ma sarebbe un errore ridurre l’opposizione a Tariq Ramadan a questo caso singolo, anziché a quello della donna nel mondo islamico. Le molestie islamicamente corrette.
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