Dovere di cronaca?
Una ragazzina chiede aiuto agli adulti, che però sono occupati solo a riempire i giornali di mostri
Che cosa può fare una ragazzina che vuole chiedere aiuto ma ha paura di parlare a casa, ha paura di “rovinare la famiglia”? Quattordici anni: il 5 dicembre scorso ha scritto in un tema quello che non riusciva a dire a voce, si è affidata alla scuola, un posto sicuro, si è affidata agli insegnanti, ma si è affidata a tutti noi, agli adulti di questo paese. Suo padre l’aveva stuprata, ha scritto. La scuola l’ha protetta, l’ha aiutata, ha convocato la madre, che ha in parte confermato la confessione di sua figlia, il preside ha trasmesso gli atti ai carabinieri, il padre si è dichiarato innocente, non doveva avvicinarsi ai figli, aveva il braccialetto elettronico alla caviglia, era in attesa di incidente probatorio.
Lei continuava ad andare a scuola, il posto dove si sente al sicuro e dove è brava. Fino a quando le frasi del suo tema e la sua storia, la riconoscibilità della sua famiglia in un paese piccolo, con due scuole soltanto, sono state lanciate sui siti e sui giornali. A quale scopo? Che c’entra il diritto di cronaca in questa storia? Dov’è il dovere di proteggere una minorenne dalla devastazione della sua famiglia dentro la sua comunità? Non è più nemmeno: sbatti il mostro in prima pagina. E’: inzeppa le pagine di mostri possibili, il più in fretta possibile, va bene tutto, riempi gli spazi a occhi chiusi, non importa se quella ragazzina potrebbe essere tua figlia o la compagna di classe di tua figlia, e se adesso non potrà più andare a scuola perché tutto il paese parla di lei, delle sue sorelle, di sua madre e di suo padre che si è impiccato.
Suo padre si è impiccato con uno spago per pacchi alla grata del portone d’ingresso di una chiesa, e i giornali così hanno potuto anche interrogarsi sui motivi del gesto, e riportare con stupore le frasi della moglie: “Sono state dette cose non vere. Quello che avete detto ha portato a questo”. Non è nemmeno una guerra, quella dei verbali che dalle procure vanno sui giornali in violazione di ogni garanzia, è una noncuranza feroce e distruttiva. Una ragazzina si affida agli adulti saggi, ai magistrati, ai giornalisti, genitori e figli a loro volta, e gli adulti non sono in grado di proteggerla, ma la feriscono ancora di più, la usano come se fosse un videogame, la lasciano adesso alle prese con la sua tragedia, con un padre che si è ammazzato dopo che lei l’ha denunciato, dopo che tutta l’Italia, ma soprattutto quel minuscolo posto in cui vive, ha saputo i dettagli della sua difficile vita famigliare.
Il preside della scuola ha detto, in un’intervista a Repubblica: “Io mi chiedo come siano uscite le frasi di quel tema. Erano sull’ordinanza del gip? Allora quella del tribunale è stata una scelta scriteriata. Questo è un microcosmo, basta poco per rendere riconoscibile una persona. Ora sarà più difficile proteggere questa ragazza”. Sarà più difficile, sarà forse necessario andare via, lontano, ricominciare da zero. Non è così che ci si occupa della verità, non in questo modo cieco. Lei era in classe quando le televisioni e i siti hanno dato la notizia della morte di suo padre. Il preside è andato a dirglielo. Pensava di essersi liberata di un incubo, non sapeva che gliene stavamo fabbricando un altro, proprio quello che le faceva paura.
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