Cosa non torna nella ricostruzione di Repubblica sulla rete di Anis Amri
Il quotidiano parla di un attentato (smentito dalla procura) alla metro di Roma e cita i nomi dei complici del terrorista. Uno di questi, l'imam di Latina, aveva parlato col Foglio pochi mesi fa. Ecco cosa ci aveva raccontato
Oggi Repubblica ha pubblicato un articolo che prova a descrivere la rete dei contatti che ruotava attorno al terrorista dello Stato islamico, Anis Amri, durante il suo breve soggiorno in Italia, in provincia di Latina. Prima di partire per la Germania e di uccidere 12 persone ai mercati di Natale di Berlino nel dicembre del 2016, il giovane era stato ospitato per qualche giorno in una villetta di Campoverde, una frazione di Aprilia. L'abitazione apparteneva a un altro tunisino, Montasar Yakoubi. I due si erano conosciuti qualche anno prima, su uno dei barconi che dalla Tunisia li aveva portati a Lampedusa, e avevano partecipato a una rivolta dei migranti al centro di accoglienza dell'isola.
La ricostruzione di Repubblica, a firma Carlo Bonini e Fabio Tonacci, è tutta basata sulle informazioni che Yakoubi avrebbe riferito agli inquirenti durante le indagini su Anis Amri. Yakoubi, che ora si trova in Tunisia dove è stato estradato dopo essere finito in carcere a Velletri per spaccio di droga, avrebbe citato i nomi di cinque persone con cui il terrorista di Berlino sarebbe entrato in contatto al Centro culturale islamico di Latina durante il suo soggiorno nell'Agro pontino. Sono tutti tunisini e, sempre secondo Yakoubi, avrebbero proposto e aiutato Amri a pianificare un attentato a Roma, per la precisione alla fermata Laurentina della metropolitana. L'idea dell'attentato non sarebbe mai passata a una fase successiva e sarebbe abortita quasi subito (Yakoubi non spiega il perché). In mattinata, è arrivata anche la smentita della procura di Roma, che nega l'esistenza di prove di un attentato alla metro.
Tra i cinque compare anche il nome di Mohamed Hanai, presidente del Centro culturale islamico di Latina che il Foglio aveva intervistato in un lungo reportage dello scorso ottobre 2017. Secondo Yakoubi, Hanai "mi propose in un momento di difficoltà di intraprendere azioni terroristiche a Roma" (sono le parole che il tunisino avrebbe riferito agli inquirenti e riportate da Repubblica). Sempre secondo il quotidiano, Hanai sarebbe ora indagato. Eppure, fino a oggi, l'imam non è stato sottoposto ad alcuna misura cautelare dalla polizia. Hanai non risulta nemmeno tra le persone arrestate ieri mattina dalla Digos. E questo nonostante le accuse rivolte da Yakoubi agli inquirenti – se confermate – siano estremamente gravi. Si può quindi ipotizzare che le Digos di Roma e quella di Latina, in seguito alle verifiche compiute, nutrano alcuni dubbi sull'attendibilità dei racconti del tunisino.
Parlando al Foglio, Hanai aveva smentito di conoscere Amri ("E' un drogato, da qui non è mai passato") ma aveva ammesso che la moschea di Latina aveva avuto in passato alcuni precedenti con piccoli gruppi di fedeli radicalizzati. L'imam li descriveva come casi sporadici denunciati da lui stesso, anche alle autorità locali. Ecco cosa ci aveva detto in proposito (nel video reportage pubblicato in questa pagina potete ascoltarlo dal minuto 1:07 e poi dal minuto 3:29):
“Anni fa ci sono stati problemi con il vecchio presidente e fondatore del centro islamico”, l’italo-egiziano Ibrahim el Ghayesh, che Hanai definisce “un imam fai da te”. “Visto che è uno dei fondatori di questa moschea, all’inizio la gente lo rispettava. Ma ha un carattere molto forte, radicale, e la comunità poi ha cambiato opinione. Ma non possiamo cacciarlo, abbiamo le mani legate”. El Ghayesh all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001 non condannò in modo esplicito l’attacco terroristico e in seguito è stato aggredito da alcuni ragazzi di Latina legati alla destra estrema. Hanai ci racconta che a Latina ci sono stati almeno due casi di persone che distribuivano materiale propagandistico di partiti islamici radicali. Secondo le indagini condotte dalla polizia, in uno dei due episodi un uomo ha fomentato una corrente ritenuta radicale contro un imam considerato più moderato, Arafa Rekhia Nesser el Baz, anche lui assegnato per un breve periodo al centro di Latina dall’Università di al Azhar . “In entrambi i casi sono stati denunciati e rimpatriati”, dice Hanai.
Nel corso dell'intervista, il presidente del Centro islamico aveva anche sostenuto il piano Minniti per la sicurezza, un progetto lanciato dal ministero dell'Interno per la creazione di un albo degli imam e delle moschee in Italia.
“Sono anni che chiedo ci sia assegnato un imam qualificato. Perché altrimenti chiunque che sa qualcosa (del Corano, ndr) potrebbe fare il sermone. Ma non è così, ci sono tanti rischi”, dice Hanai. “Un imam qualificato e riconosciuto dallo stato dà garanzie sia ai cittadini sia alla comunità. E spero che questa legge (la proposta del ministro dell’Interno Marco Minniti che prevede un albo nazionale degli imam, ndr) sia approvata a breve. Anche per diminuire i rischi della radicalizzazione su Internet”.
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