Breve storia dell'amianto, da materiale ecologico a veleno mortale
Mentre sono stati tutti assolti in appello gli imputati per le morti allo stabilimento Olivetti di Ivrea, ecco un breve ripasso di cosa è stato l'eternit, che oggi è messo al bando in 60 paesi
La Corte d'Appello di Torino ha assolto perché il fatto non sussiste tutti gli imputati nel processo per le morti provocate dall’esposizione all’amianto negli stabilimenti Olivetti tra gli anni Settanta e i primi anni Duemila. Tra gli indagati risultano Carlo De Benedetti e il fratello Franco Debenedetti che, con la sentenza di oggi, sono stati scagionati dai giudici che hanno ribaltato la sentenza pronunciata nel 2016 dal tribunale di Ivrea. Allora, i giudici avevano condannato 13 persone nell'ambito del processo per le morti di una ventina di dipendenti Olivetti che tra il 2008 e il 2013 si erano ammalati o erano deceduti per il contatto con sostanze nocive sul luogo di lavoro. Tra le condanne più pesanti c'erano proprio quelle a Carlo De Benedetti e al fratello Franco Debenedetti, entrambi condannati 5 anni e 2 mesi, e a Corrado Passera, 1 anno e 11 mesi. Nella requisitoria la procura generale di Torino aveva chiesto sostanzialmente la conferma della sentenza di primo grado, con alcune variazioni.
Breve storia dell'amianto
“Ho il cuore / d’amianto / e più nessuna / mai più / l’accenderà”, cantava nel 1975 Christian De Sica in “L’elefante non dimentica”, sigla di un programma Rai da lui presentato. “Berta filava e filava la lana, / la lana e l’amianto / del vestito del santo che andava sul rogo / e mentre bruciava / urlava e piangeva e la gente diceva: / ‘Anvedi che santo vestito d’amianto’”, insisteva l’anno dopo Rino Gaetano. Attenzione alle date. L’eternit, materiale edilizio per cui il magnate svizzero Stephan Schmidheiny dopo aver già ricevuto 16 anni in primo grado è stato ora condannato a 18 anni in Appello, è appunto fabbricato mettendo assieme nove parti di cemento e una di amianto. Registrato nel 1901 dall’austriaco Ludwig Hatschek con un brevetto rivenduto l’anno dopo allo svizzero Alois Steinmann, dal 1903 l’eternit inizia a venire commercializzato dalla Schweizerische Eternitwerke AG; dal 1915 vengono lanciate le fioriere in eternit; dal 1928 inizia anche quella produzione di tuberie che fino agli anni Settanta resteranno lo standard nella costruzione di acquedotti. La parola ancora non è di moda, ma di fatto le condutture in eternit sono considerate all’epoca il massimo dell’ecologico: in modo analogo a quello in cui negli ultimi anni si sono tanto incentivati pannelli solari e pale eoliche, di cui solo ora si inizia a scoprire qualche controindicazione.
Ma, idraulica a parte, l’eternit era un materiale all’epoca considerato quasi altrettanto versatile del moplen negli anni Sessanta. Dal 1933 inizieranno infatti a essere fatte con l’eternit anche lastre ondulate, largamente usate per tetti e capannoni. Dagli anni 40 l’eternit viene utilizzato massicciamente per l’oggettistica quotidiana. Dal 1963 può essere colorato. Domanda: come mai, se il brevetto era austriaco e la ditta svizzera, dal punto di vista produttivo la capitale europea ne era l’italiana Casale Monferrato? Aperto nel 1907, lo stabilimento di 94.000 metri quadrati, di cui 50.000 coperti, occupava negli anni 50 1.000 persone, salite a 2.000 nel 1965, prima di tornare al migliaio degli anni 80. Uno dei primi distretti industriali, che prima di portare la morte aveva portato anche quella prosperità di cui è forse un segnale lo scudetto calcistico del Casale, nella stagione 1913-’14. Risposta: il fatto è che l’Italia era piena di amianto. Val Malenco, Val d’Aosta, Val di Lana, Val di Susa, Val di Lanzo… Addirittura, per una decina di anni il nostro paese ebbe un monopolio mondiale: tra le presentazioni di campioni nei nostri padiglioni all’Esposizione universale di Parigi del 1878, e la scoperta dei nuovi e più ricchi giacimenti di Canada, Russia, Australia e Africa Australe.
Già dal 1898 qualche medico iniziava a segnalare i rischi per la salute, che dal 1919 non furono più coperti dalle compagnie assicurative anglosassoni. Nel 1930 il Regno Unito e nel 1943 la Germania adottano legislazioni cautelative, e dagli anni 50 sono largamente disponibili materiali alternativi. Ma, appunto, ancora nel 1975-’76 l’amianto per canzonette, film e fumetti, cioè nell’immaginario collettivo, continua a essere il materiale magico di cui avevano parlato Teofrasto, Plinio il Vecchio e Marco Polo.
Una sorta di mantello di Harry Potter che invece di rendere invisibili rendeva invulnerabili alle fiamme come le salamandre del mito, e che infatti gli sciamani si spalmavano sui piedi prima di camminare sui carboni ardenti. E’ solo nel 1976 che una conferenza medica internazionale attesta che l’amianto è cancerogeno. Del 1978 è dunque il voto del Parlamento europeo che ne chiede la messa al bando; del 1981 la prima causa civile contro l’Eternit di Casale; nel 1984 la società svizzera inizia a sostituire l’amianto come materia prima dei suoi prodotti; tra 1985 e 1994 l’amianto è gradualmente vietato nel Regno Unito; nel 1986 è chiuso lo stabilimento di Casale; nel 1987 il sindaco di Casale emana la prima ordinanza di divieto dell’amianto in Italia; nel 1992 l’amianto è messo al bando in tutto il paese; nel 1994 l’Eternit produce l’ultimo tubo che lo contiene ancora; tra il 1995 e il 2004 l’amianto è messo al bando in Giappone; dal 1996 inizia a Casale il processo di bonifica culminato nel 2005 con la sarcofagazione dello stabilimento; nel 1997 l’amianto è vietato in Francia; nel 2000 il Wto sostiene la decisione di Parigi, che chiede un bando mondiale. Tuttavia sono solo 60 paesi a vietarlo.
Si dice che anche Steve McQueen, l’attore dalla “vita spericolata” di Vasco Rossi, sia morto a appena cinquant’anni per il cancro sviluppato dall’abito di amianto che indossava spesso in quanto appassionato corridore automobilista dilettante. Sostanzialmente, però, sebbene ci fossero dubbi prima e ci sia chi ha insistito dopo, la consapevolezza sull’esistenza di un grave rischio amianto emerge solo alla fine degli anni 70. Certo: l’Eternit è stata accusata di aver tentato di occultare questo rischio ai propri operai fino alla chiusura degli stabilimenti italiani, tra il 1986 e il 1992.
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