Ecco il modello d'accoglienza costruito a Riace da un sindaco sognatore
Non solo Rosarno. Il caso del sindaco Lucano che da anni accoglie gli immigrati e che è diventato uno dei primi cinquanta personaggi più influenti del pianeta
La Calabria è una terra difficile sulla quale imperversano da secoli stereotipi crudeli e immodificabili anche di fronte a esperienze contrapposte.
Qualche giorno fa in un pezzo di terra che s’affaccia sul mar Tirreno pieno di immigrati che lavorano nell’agricoltura del posto, un giovane di ventinove anni, proveniente dal Mali, è stato ucciso con una fucilata. Il suo nome era Soumaila Sacko. Era stato sorpreso, insieme ad altri due suoi compagni a raccattare in una fabbrica dismessa una lamiera per un riparo. Si sospetta che a sparare sia stato un calabrese del luogo. La stampa nazionale con un’inconsulta vena di ottimismo ha definito Soumaila Sacko “sindacalista”. Una carica che gli era stata offerta dai suoi compagni di sventura perché ritenuto tra i più svegli e quindi più adatto a difendere i fragili diritti di quella comunità di colore. Certo come sindacalista non aveva mietuto grandi successi. Se una persona dà uno sguardo al luogo dove quella colonia di stranieri dorme tra fumi e miasmi, c’è da restare annichiliti. Per non parlare del lavoro: dodici ore al giorno, per due-tre euro all’ora sotto la pioggia d’inverno e il sole a picco sulla testa d’estate.
Tutto questo sul Tirreno. Se si fa un salto sulla costa jonica in cerca di immigrati e si arriva per esempio a Riace ci si imbatte in una realtà del tutto contrapposta. Nulla a che vedere con gli orrori di Rosarno. In questo paesino c’è un sindaco che da anni accoglie gli immigrati, li rifocilla, offre loro un tetto vero e un lavoretto in grado di sostentare la propria comunità. Ha cosi ripopolato un paese che da anni era diventato spettrale a causa dell’emigrazione. Il sindaco si chiama Mimmo Lucano e due anni fa la rivista Fortune lo ha piazzato – unico italiano – tra i primi cinquanta personaggi più influenti del pianeta, accanto ad Angela Merkel, papa Francesco, l’ad di Apple, Tim Cook.
Prima di questo riconoscimento planetario Lucano aveva fatto innamorare Vim Wenders che gli aveva dedicato un documentario intitolato “Il Volo”. Non contento nel 2009, il grande regista tedesco, accogliendo nella sua città, Berlino, i premi Nobel per la pace, convenuti per festeggiare i venti anni dalla caduta del Muro, fece un discorso di grande realismo: “Questi venti anni sono stati importanti per il mondo intero, ma ormai appartengono al passato. La grande questione del nostro futuro è fatta di queste migrazioni epocali, cui spesso in Europa opponiamo muri non dissimili da quello eretto alla fine della guerra nella mia città. Vi invito ad andare nella Locride, nella demonizzata Calabria, per vedere quale alto modello d’accoglienza è stato costruito a Riace da un sindaco sognatore. In questo luogo incantato afghani, eritrei, senegalesi, curdi lavorano e vivono in armonia ”. Fin qui Wenders. L’idea di costruire idealmente un paese dell’accoglienza – una specie di Città del Sole”, peraltro immaginata qualche secolo fa da Tommaso Campanella, nato ad un tiro di schioppo da qui, è balenata a Lucano molti anni fa quando ha incrociato sulla spiaggia un plotone di curdi che aveva fatto naufragio. Ha ricordato che nei racconti uditi nell’infanzia il forestiero sconosciuto che bussava alla porta di casa in cerca di cibo e di un letto, già nella mitologia pagana rivestiva un ruolo sacro, perché sotto le sue lacere spoglie si narrava si nascondesse un Dio. Naturalmente con l’avvento del Cristianesimo l’accoglienza diventa un precetto morale. “Ero forestiero e m’avete accolto” recita il Vangelo di Matteo. Quasi dimenticavo di aggiungere due dati rilevanti della biografia del sindaco. La prima. Salvini qualche tempo fa, a un giornalista che gli chiedeva se nella sua campagna elettorale calabrese avrebbe fatto visita a Lucano, ha risposto un “mai” scandalizzato. Come fosse uno scafista. La seconda. Da qualche tempo Lucano è sotto inchiesta perché alcuni rendiconti inviati al Ministero dell’Interno non sarebbero risultati chiari. Non potendo immaginare che un uomo cosi sia in grado di appropriarsi di qualcosa, mi vedo costretto a immaginare non sia stato in grado di tenere le carte in regola. Ai sognatori capita.
Concludendo, sono andato a leggere sul vocabolario di Tullio De Mauro il significato di stereotipo, cui ho fatto cenno all’inizio, “Opinione precostituita, non acquisita sulla base di un’esperienza diretta e scarsamente suscettibile di modifica”. Immodificabile , appunto.
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