L'arrivo della Aquarius a Valencia (foto LaPresse)

Elogio dell'anti Zuccaro

Luciano Capone

Più prove, meno talk. A Palermo un’inchiesta offre verità diverse sulle Ong

Roma. C’è una sentenza di pochi mesi fa, il 16 aprile, che demolisce le convinzioni politiche e le pseudo-verità diffuse nell’opinione pubblica sui migranti e sul ruolo delle ong. E c’è un’archiviazione di pochi giorni fa, il 15 giugno, un’archiviazione che spiega come poteva essere la discussione sui migranti e le ong e invece non è. Una riguarda la roboante inchiesta del procuratore Carmelo Zuccaro di Catania e l’altra una sobria inchiesta della procura di Palermo, e sono talmente intrecciate che molti mezzi di informazione le hanno confuse.

 

Quando nei giorni scorsi è uscita la notizia dell’archiviazione, richiesta dai pm di Palermo e accolta dal gip, di due indagini per associazione a delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che riguardavano le ong Sea Watch e Proactiva Open Arms molti media hanno pensato che si trattasse dell’inchiesta di Zuccaro a Catania. E invece no. I pm palermitani – Gery Ferrara, Claudio Camilleri, Renza Cescon e l’aggiunto Marzia Sabella – avevano aperto l’inchiesta un anno fa senza far filtrare notizie, senza conferenze stampa né interviste (tanto per ricordare che, quando si vuole, le indagini restano segrete). In seguito ad alcune segnalazioni che ipotizzavano una connessione tra equipaggio delle ong e trafficanti libici, vengono aperti due fascicoli contro ignoti, ma dopo un anno di approfondimenti “le indagini smentivano del tutto l’assunto investigativo”, quindi non vengono ravvisate “condotte criminali” delle ong e pertanto i magistrati chiedono l’archiviazione.

 

Tutto l’opposto del comportamento del procuratore Zuccaro, che ha scatenato una campagna politico-mediatica cavalcata dagli attuali partiti di governo contro i “taxi del mare” e le loro collusioni con i trafficanti. Eppure, sul piano giudiziario e dell’accertamento dei fatti, le accuse di Zuccaro hanno subìto una bocciatura, prima dal gip di Catania e poi, in maniera ancor più sonora, dal Tribunale del riesame di Ragusa. 

 

Il procuratore di Catania è diventato l’idolo delle folle con crescendo rossiniano di dichiarazioni e accuse. Prima ha detto che le ong sono d’accordo con i trafficanti, poi addirittura che sarebbero finanziate dalle organizzazioni criminali che operano in Libia e infine ha dipinto un mega complotto che include anche la finanza internazionale: “Potrebbe anche essere, e sarebbe più inquietante, che queste ong perseguono finalità di destabilizzazione dell’economia italiana. Chi volesse speculare su una situazione di debolezza economica dell’Italia incrementata da un afflusso di migranti incontrollato ne avrebbe dei vantaggi”. Tutto questo, ovviamente, senza una prova. Cosa che è emersa nelle aule di tribunale, ma che non ha minimamente scalfito la narrazione politica dominante. Le accuse di Zuccaro – associazione a delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – hanno subìto un primo colpo con la pronuncia del gip di Catania, che ha confermato il sequestro della nave Open Arms di Proactiva per favoreggiamento, ma ha escluso il fumus dell’associazione per delinquere nei confronti degli appartenenti alla ong e di conseguenza ha dichiarato l’incompetenza territoriale spostando il caso a Ragusa. Il colpo finale è arrivato proprio dal gip di Ragusa, che ad aprile ha dissequestrato la nave dichiarando insussistente anche il fumus del favoreggiamento perché, in sintesi, soccorrere le persone in mare non è reato (tra l’altro una delle accuse alla ong era che non si fosse recata a Malta, ma in questi giorni gli stessi ministri Salvini e Toninelli hanno dimostrato di non essere riusciti ad aprire i porti maltesi). Ci sarebbe un’altra inchiesta sulle ong, quella sulla tedesca Jugend Rettet della procura di Trapani che ha ottenuto il sequestro della Iuventa per favoreggiamento, ma neppure in questo caso dopo lunghe e approfondite indagini c’è mai stata l’ipotesi dell’associazione a delinquere.

 

La differenza tra Catania e Palermo sta tutta nell’atteggiamento, nella grande differenza di cultura giuridica mostrata dalle due procure. E non perché Zuccaro sia un “duro” e i palermitani Ferrara, Camilleri e Cescon siano “buonisti”, anche perché negli anni il pool della Dda palermitana che si occupa di immigrazione – con le operazioni Glauco 1, 2 e 3, Scorpion e Scorpion fish – ha fatto arrestare centinaia di scafisti e trafficanti di esseri umani e fatto condannare definitivamente i responsabili della strage di Lampedusa, che nel 2013 costò la vita a 368 persone. La differenza è tra la giustizia spettacolo e lo stato di diritto, la serietà discreta della ricerca delle prove e le accuse indignate lanciate a mezzo stampa. Se sul tema delle ong e dell’immigrazione l’opinione pubblica è in fiamme è anche perché ci sono magistrati che hanno gettato benzina sul fuoco.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali