Migranti e criminalità, c'è davvero un allarme come dice Salvini?
Secondo il pre-rapporto sulle carceri presentato oggi dall'associazione Antigone “non c’è un’emergenza stranieri, non c’è un’emergenza sicurezza connessa agli stranieri”
Roma. Il 25 luglio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha messo in guardia contro la deriva da "far west" che sta prendendo l'Italia, "dove un tale compra un fucile e spara dal balcone colpendo una bambina di un anno, rovinandone la salute e il futuro". E sono almeno sei i casi di cittadini stranieri che, negli ultimi due mesi, sono divenuti bersaglio di“"cecchini urbani” senza un apparente motivo. Solo negli ultimi giorni e dopo le parole di Mattarella – provocate anche dal caso della bambina rom colpita a Roma con una pistola ad aria compressa da un ex dipendente del Senato – a Vicenza e Caserta altri due migranti sono stati feriti da cittadini italiani. Mentre è di ieri il caso del presunto ladro marocchino inseguito ad Aprilia da due 40enni del posto che armati (l'uomo, uscito di strada con la sua macchina, è morto ndr).
Nel giorno in cui i carabinieri hanno denunciato per lesioni aggravate dall’odio razziale uno dei membri del branco che ha malmenato un 19enne senegalese nel palermitano, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha spiegato che “aggredire e picchiare è un reato, a prescindere dal colore della pelle di chi lo compie, e come tale va punito”. Ma ha anche aggiunto che “i reati commessi ogni giorno in Italia da immigrati sono circa 700, quasi un terzo del totale, e questo è l’unico vero allarme reale contro cui da ministro sto combattendo”. L'idea di un legame migranti-criminalità rilanciata da Salvini è un'ipotesi molto diffusa tra gli italiani, che secondo uno studio annuale della Commissione Europea sono fra i più preoccupati dall’immigrazione in tutta Europa. Ma c'è un vero allarme per i reati commessi dagli stranieri?
Cominciamo da una premessa: il numero dei reati è in calo, anche quelli commessi dagli stranieri. Una tendenza in atto in tutta l’Unione Europea, dove fra il 2003 e il 2012 il numero dei reati compiuti in un anno è diminuito del 12 per cento. Uno dei dati citati da chi sostiene che gli stranieri compiano più reati degli italiani è quello della popolazione carceraria. Ma secondo l'ultimo "pre-rapporto di metà anno sulle carceri" di Antigone, l'associazione che da anni si batte per i diritti dei detenuti, il tasso di detenzione degli stranieri in Italia è diminuito di oltre 2 volte negli ultimi 10 anni. “Non c’è un’emergenza stranieri, non c’è un’emergenza sicurezza connessa agli stranieri”, si legge nel documento presentato oggi dall'associazione. “I detenuti stranieri sono addirittura diminuiti in termini assoluti rispetto al 2008, quando il numero dei non italiani residenti in Italia regolarmente o irregolarmente era la metà. Avrebbe dovuto raddoppiare. Invece no. Ogni diversa interpretazione e ogni allarme sono pura mistificazione”. La stessa cosa che aveva detto nel 2016 il capo della polizia Franco Gabrielli: “I numeri parlano chiaro: non c’è stato alcun incremento di reati rispetto all’aumento della presenza di immigrati”.
Via XIV rapporto Antigone sulle condizioni di detenzione
L'associazione evidenzia che, in totale, tra stranieri e italiani, “gli ingressi in carcere dalla libertà sono stati 24.380 nei primi mesi del 2018, in calo rispetto alle 25.144 persone entrate nel primo semestre del 2017. Il segno di un’attività criminale non in aumento. I detenuti, che sono 58.759, crescono ma di poco. Sono aumentati di 672 unità in 5 mesi. Ci sono 8.127 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare”.
“Gli stranieri sono il 33,8 per cento della popolazione detenuta. Gli stranieri non europei sono 13.490, ossia il 22,9 per cento della popolazione detenuta. Nell’ambito di questo 22,9 per cento, la presenza di detenuti con regolare permesso di soggiorno, seppur non stimata ufficialmente, è – secondo indagini a campione effettuate nei grandi istituti di pena – inferiore al 20 per cento”. Per essere ancora più chiari gli extracomunitari regolari in carcere sono circa 3.000. Come i detenuti di origine lombarda, pari a 2.966 unità. “Se sommiamo i detenuti con regolare permesso di soggiorno a quelli comunitari si arriva a circa 8.000 unità, cioè il 13 per cento circa della popolazione detenuta, un numero più o meno pari ai 7.546 detenuti di origine siciliana”.
Il patto di inclusione produce sicurezza
“Il patto di inclusione paga - si legge ancora nel rapporto -. Garantisce sicurezza. Questo è particolarmente evidente guardando ad alcune comunità straniere insediatesi in Italia da più di dieci anni. Ciò accade in quanto quella comunità diventa parte integrante dell’economia e della società italiana. Di conseguenza diminuisce il rischio per i suoi membri di finire in carcere. Gli ucraini hanno un tasso di detenzione più o meno identico a quello degli italiani. Poco superiore è il tasso di detenzione di moldavi, romeni, etiopi, ungheresi. La regolarizzazione è anche funzionale alla sicurezza del paese, alla riduzione dei crimini. Una grande regolarizzazione degli attuali irregolari determinerebbe, alla luce dei dati statistici, un’ulteriore riduzione della presenza di detenuti stranieri”. Quanto avvenuto nella comunità rumena è paradigmatico: “Negli ultimi 5 anni i detenuti rumeni sono diminuiti di 1.103 unità, scendendo da 3.661 a 2.558, nonostante il numero degli immigrati rumeni in Italia sia andato aumentando. Come si evince dai dati, man mano che passa il tempo dal suo insediamento in Italia una comunità esprime un minor numero di detenuti al proprio interno”.
Secondo i dati dell’Amministrazione penitenziaria aggiornati al 30 giugno 2018 la comunità straniera più numerosa nelle carceri italiane è quella marocchina (3.700 detenuti, cioè il 18,6 per cento del totale degli stranieri), seguita da albanesi (2.505, cioè il 12,6 per cento) e rumeni (2.558, cioè il 12,9 per cento). Se aggiungiamo i tunisini (2.137, cioè il 10,7 per cento) vediamo che le prime quattro nazionalità da sole pesano per più della metà (54,8 per cento). Nessuna di queste nazionalità rientra tra quelle più presenti tra le persone sbarcate negli ultimi anni che nel 2015 erano eritrea, nigeriana e somala; nel 2016 nigeriana, eritrea e guineana; nel 2017 nigeriana, guineana e ivoriana. Nelle carceri i cittadini nigeriani ed eritrei – le due nazionalità maggiormente presenti tra gli immigrati sbarcati negli ultimi anni – sono rispettivamente 1.125 e 57, cioè il 5,7 per cento e lo 0,3 per cento del totale degli stranieri detenuti.
Gli stranieri commettono reati meno gravi rispetto agli italiani
È straniero il 44,6 per cento dei detenuti cui è stata inflitta una pena inferiore a un anno (e dunque per reati di scarsa gravità) e solo il 5,6 per cento degli ergastolani (che sono complessivamente 1.726). Considerando i reati più gravi, come ad esempio la criminalità organizzata, il 98,7 per cento dei detenuti condannati per tali delitti è italiano e solo l'1,2 per cento è straniero. Nonostante questo nella prima metà del 2016 sono stati approvati in tutto 19.128 affidamenti in prova ai servizi sociali, di cui solamente 2.722 a detenuti stranieri (circa il 14 per cento). Nello stesso periodo di tempo, i domiciliari – cioè la possibilità di scontare l’ultima parte della pena a casa propria – sono stati concessi a 14.136 detenuti italiani e solamente a 3.306 stranieri.
E' vero, come dice Salvini, che negli ultimi anni più o meno un terzo delle persone detenute è di origine straniera. Ma, come riassunto bene da Luca Misculin sul Post, uno studio del 2016 di Francesco Palazzo, docente di Diritto penale all’università di Firenze, lo considera un dato fuorviante per analizzare il rapporto fra immigrazione e criminalità. Palazzo confronta la percentuale dei detenuti stranieri (circa un terzo) con la popolazione complessiva degli stranieri in Italia che è molto minore, intorno all’8 per cento: si potrebbe dedurne che il loro tasso di criminalità sia superiore a quello degli italiani. Palazzo spiega che per sostenere una cosa del genere non possiamo utilizzare questi dati. La maggiore concentrazione di detenuti stranieri si spiega soprattutto col fatto che i condannati stranieri “hanno una maggiore difficoltà ad accedere alle misure alternative al carcere”, sia perché non possono permettersi una difesa diversa da quella d’ufficio sia perché a volte non dispongono delle condizioni necessarie per ottenere le misure in questione, come una casa o un lavoro stabile.
In sostanza, gli stranieri tornano a delinquere con maggior frequenza degli italiani perché sono quelli che passano più tempo in carcere per reati di piccola entità, per i quali in media gli italiani usufruiscono di pene alternative. Un paradosso suffragato dalle statistiche: sempre secondo Antigone il tasso di recidiva è del 68,4 per cento tra coloro che hanno scontato una pena in carcere e solo del 19 per cento tra coloro che hanno scontato una pena in misura alternativa.
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