"La revoca della concessione? L'auspicio è di trovare altre soluzioni". Parla Rixi (Lega)
Il viceministro dei Trasporti ridimensiona le minacce di Di Maio e spiega: "L'ipotesi della revoca è un'arma di pressione, perché l'atteggimanto di Autostrade è inaccettabile. Devono capire che l'aria è cambiata"
Più che una dichiarazione di guerra, una dichiarazione d'intenti. "La revoca delle concessioni alla società Autostrade è una ipotesi che resta sul tavolo, come strumento di pressione, ma non è quella che speriamo di dover praticare". Edoardo Rixi, leghista, è il viceministro ai Trasporti. E' genovese, e la tragedia seguita al crollo del ponte Morandi, la vive quasi con una sorta di surplus di apprensione e di rabbia. "L'atteggiamento della società Autostrade è inaccettabile", dice. Nelle sue parole che pure sono cariche d'ira, si percepisce però come una sorta di realistica prudenza, di strategica cautela rispetto alle dichiarazioni bellicose e un po' scomposte dei suoi colleghi di governo grillini. Se Luigi Di Maio e Danilo Toninelli, infatti, annunciano che la procedura per revocare la concessione ad Autostrade è già stata avviata, Rixi precisa che "sì, saremmo anche disposti ad andare fino in fondo, ma l'auspicio è che non si debba arrivare a tanto".
Edoardo Rixi con Matteo Salvini (foto LaPresse)
E' una smentita della linea grillina?
"No. Autostrade deve sapere che noi non abbiamo paura di andare allo scontro frontale, se è questo quello che loro vogliono. Non ci sono più i governi sottomessi a certi colossi: l'aria è cambiata ed è bene che tutti se ne rendano conto. E se a loro non sta bene, che vadano pure all'estero".
Ma la revoca?
"La revoca è appunto la strada che percorreremo se, da parte di Autostrade, non ci sarà un cambio radicale di atteggiamento. Non abbiamo ancora ricevuto un aiuto concreto dalla società che gestisce quella tratta: stanno pensando solo ai profitti. Ma noi non vogliamo predoni, in Italia. Dunque, è bene che i Benetton capiscano che se davvero continueranno a parlare solo di utili e di soldi, allora noi andremo avanti con la revoca".
La revoca, quindi, come arma di ricatto? Un po' come le proposte di impeachment a Mattarella. Una sorta di savoniano "Piano B" applicato alle infrastrutture.
"E' un richiamo alla responsabilità. A quella che i britannici chiamano social responsibility. Quanto accaduto è gravissimo, e da Autostrade, che non può non sentirsi coinvolta nella tragedia, noi ci aspettiamo un sostegno immediato e duraturo. Vi pare normale che il governo italiano ha dovuto scorpire del crollo del viadotto attraverso i messaggi che i cittadini genvoesi mi inviavano su WhatsApp, e non tramite una segnalazione ufficiale e tempestiva di Autostrade?".
Insomma chiedete una collaborazione?
"Io ho già incontrato Giovanni Castellucci, l'ad di Autostrade. E si è mostrato una persona ragionevole. Ma nei suoi primi comunicati, la società ha pensato solo alle ricadute sul titolo azionario, ha parlato di un fantomatico fulmine abbattutosi sul ponte, non ha speso neanche una parola per fare le condoglianze ai famigliari delle vittime. Una roba offensiva per Genova e per l'intero paese".
Però anche il governo, anziché attivare dei contatti formali, ha additato Autostrade come unico colpevole del crollo, parlando di inesistenti sedi fiscali in Lussemburgo, causando la caduta del titolo e un danno enorme per la società e gli azionisti. Non propriamente un atto di collaborazione.
"Le responsabilità di Autostrade sono evidenti, e di certo l'intenzione del governo è stata subito quella di dimostrare che non accetteremo soluzioni di comodo o mezze verità. E dunque, l'ipotesi della revoca della concessione sulla A10 resta come possibile soluzione".
Pagando decine di miliardi di penali?
"Quelle clausole incluse nel contratto di concessione a nostro avviso sono vessatorie, dunque nulle".
A vostro avviso, però. Ma non sarà facile recedere dal contratto.
"Guardi, di fronte a quaranta morti non c'è cavillo giuridico che tenga. Se non ci sarà una svolta nella strategia di Autostrade, garantisco io che non prenderanno un euro di penale: piuttosto vado in galera".
Ma l'auspicio?
"L'auspicio è assolutamente quello di arrivare a una soluzione più ragionevole per tutti. Anche perché ci sarà da lavorare sodo, già nelle prossime ore, per riattivare i collegamenti tra il porto e il resto della città. Anche per questo, è intollerabile che le ambulanze impegnate nei soccorsi, in questo momento, stiano ancora pagando il pedaggio".
In verità, la questione dell'esenzione del pedaggio per le ambulanze in Liguria è stata sollevata un anno e mezzo al consiglio regionale. E la giunta Toti, di cui pure lei faceva parte, aveva promesso un intervento risolutivo.
"Sì, ma al momento c'è una circolare del ministero che impegna la regione a farsi carico delle spese sostenute dalle ambulanze per il pedaggio. Non è abbastanza".
Dunque avete stralciato quella circolare?
"No, non ancora. Anche perché, per farlo, ci sono dei contratti da rivedere. E al ministero dei Trasporti ora ci sono altre priorità, come si può pensare".
A proposito del ministero. Competeva a Porta Pia anche il controllo sulla stabilità delle strutture. Difficile ora pensare che Toninelli e voi, che siete i suoi vice, non abbiate alcuna responsabilità.
"Guardi, sono al Mit da due mesi e vi garantisco che non mi sono fermato un secondo. Da quello che mi hanno spiegato, a partire dal 2013 al ministero compete un controllo solo formale: dobbiamo accertare che le procedure di verifica sulle infrastrutture siano state svolte bene, ma non possiamo entrare nel merito delle verifiche. Almeno, questo è quello che finora abbiamo capito. Mi sono fatto inviare tutti i documenti del caso: ma ci vorranno settimane, se non mesi, per studiarli a fondo. Una cosa, però, è certa: analizzeremo nel dettaglio ogni cosa, anche dell'operato di chi ci ha preceduto. Faremo una revisione completa dei contratti in essere, desecreteremo gli atti relativi alle concessioni".
Nel contratto di governo tra voi e il M5s, però, non c'è neppura un rigo dedicato alla manutenzione delle infrastrutture.
"Non pensavamo di trovarci un paese in questo stato, francamente. E poi in un programma di poche decine di pagine non può certo entrarci tutto".
Ora Genova rischia l'isolamento del suo porto.
"Attenzione. Qui il rischio non è solo per una città o una regione, ma è per l'intero sistema paese. Quello di Genova è il primo porto italiano per traffico di container: transita di qui circa il 50 per cento di quelli in entrata e in uscita nel commercio extraeuropeo. Se si paralizza Genova, c'è il rischio di desertificazione di Piemonte, Veneto e Lombardia, cioè la parte più produttiva dell'Italia. Stiamo studiando varie soluzioni alternative al transito sul viadotto crollato".
A proposito, magari l'opposizione a opere come la Gronda, oggi, appare più complicata da sostenere.
"La Gronda si farà, questo è certo. Nel nostro programma di governo non è mai stata contemplata la sua sospensione. Anzi, da quando siamo al governo abbiamo dato pieno impulso ai lavori".
Toninelli sostiene che il traffico sul ponte Morandi era eccessivo e troppo pesante. Eppure il suo partito si è sempre opposto al progetto che avrebbe potuto sgravare il viadotto di una parte consistente dei tir. Non è una incoerenza somma?
"Guardi, io so che la Gronda è utile: di questo sono assolutamente convinto. Ma ad avere ostacolato il progetto della 'Gronda bassa', quello originale, quello che avrebbe davvero permesso di aggirare il ponte Morandi, sono stati sin dagli anni Novanta i partiti che ora invocano la Gronda. L'incoerenza è anche qui".
Politicamente corretto e panettone
L'immancabile ritorno di “Una poltrona per due” risveglia i wokisti indignati
Una luce dietro il rischio