Statali o private non conta, ciò che manca alle Autostrade è una Authority
La regolazione indipendente affidata alle autorità era necessaria, la privatizzazione di Autostrade, avvenuta nel 1999, fu fatta violando la legge e questo vulnus non è mai stato riparato
Il settore autostradale è un monopolio naturale, in cui la concorrenza è impossibile, e un servizio essenziale per i consumatori. Pertanto è necessario che un organismo pubblico si occupi delle tariffe di pedaggio, impedendo che siano stabilite secondo la massimizzazione monopolistica del profitto, e della tutela della qualità, in primo luogo la sicurezza della circolazione, che potrebbe essere trascurata alla ricerca di risparmi di costo. Questo ruolo pubblico si chiama regolazione. Si applica ai settori privi oppure con debole concorrenza e svolge le funzioni di mano artificiale visibile nei casi di atrofia della famosa mano invisibile di Adam Smith. Lo stato regolatore, nato e sviluppatosi originariamente negli Stati Uniti, è in grado di sostituire in maniera efficace lo stato imprenditore, nato e cresciuto principalmente nei paesi europei.
Il nostro paese ha introdotto la regolazione a metà degli anni Novanta, copiando l’adozione che ne avevano fatto i governi di Margaret Thatcher per consentire i processi di privatizzazione tutelando i consumatori. Essa è stata affidata ad autorità pubbliche indipendenti dall’esecutivo in considerazione del fatto cha la funzione regolatoria è esclusivamente tecnico-economica e deve essere protetta dalla possibile intrusione di obiettivi incompatibili di politica economica. In questo modo sono nate l’Autorità per l’energia nel 1995, l’Agcom per le comunicazioni nel 1999 e, con grandissimo ritardo l’Art, l’Autorità per i trasporti, alla fine del 2011.
La regolazione indipendente affidata alle autorità era anche necessaria per dare garanzie agli acquirenti, nazionali ed esteri, di azioni di imprese pubbliche che si stavano privatizzando. Nel modello adottato in Italia a metà anni Novanta essa era un obbligo per tutti i settori, non una facoltà. Infatti una norma generale sulle privatizzazione del 1994 richiedeva che prima di privatizzare imprese operanti nei servizi di pubblica utilità, spesso monopolisti o comunque a debole concorrenza, si istituisse un regolatore indipendente per la determinazione delle tariffe e il controllo della qualità. Pertanto, come già fatto prima di quotare Enel e Telecom, bisognava, prima di privatizzare Autostrade o gli aeroporti, istituire l’arbitro dello specifico mercato.
Invece la privatizzazione di Autostrade, avvenuta nel 1999, fu fatta violando la legge e questo vulnus non è mai stato riparato dato che l’Art è nata solo nel 2011 ma la sua legge istitutiva ha stabilito si debba occupare nel settore solo delle nuove concessioni. In conseguenza nel 1999 un monopolio pubblico in cui la concorrenza era impossibile è stato trasformato in un monopolio privato non più regolato, con criteri tariffari favorevoli ai gestori occultati in contratti di concessione segretati. Bisogna anche dire che prima della privatizzazione una regola tariffaria che attenuava la crescita delle tariffe in funzione degli incrementi di traffico era stata attivata su proposta di una commissione tecnica del Cipe che si chiamava Nars. Essa non piacque né ai soggetti regolati né al governo, tanto che in un anno in cui la regola avrebbe ridotto le tariffe essi se le fecero egualmente aumentare per decreto anziché tramite delibera del più attento Cipe.
Ore che, per effetto della tragedia di Genova, tutti i nodi della cattiva regolazione sono venuti al pettine, vi è la necessità ma anche l’opportunità per il governo di mettere ordine nella materia e rimediare a un ventennio di errori. Lo si può fare attraverso la costruzione di un apposito strumento normativo che modifichi le regole esistenti. La scelta più ovvia è la piena assegnazione dei compiti di regolazione del settore all’Autorità dei trasporti, rimuovendo la limitazione del 2011 alle sole nuove concessioni. Il regolatore indipendente è infatti indispensabile tanto in presenza di una futura gestione ancora privata della rete quanto in una sua gestione nuovamente pubblica. Esso è utile per perseguire l’efficienza economica, per tutelare i consumatori e per definire e sorvegliare i paletti dell’interesse collettivo entro i quali il gestore è libero di muoversi.
Questo passaggio di funzioni va accompagnato da regole ben precise sui requisiti, la durata e i contenuti delle concessioni, in particolare sulla remunerazione degli investimenti che può essere accordata, evidentemente, solo se e dopo che essi sono stati effettuati.
Ugo Arrigo, economista, Università di Milano-Bicocca
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