Il dovere di Salvini sulla xenofobia
Le accuse di Moscovici, la condanna di Traini, il gioco pericoloso del ministro
Luca Traini è stato condannato in primo grado a dodici anni per i reati di strage aggravata dall’odio razziale e porto abusivo d’arma e la storia di Traini siamo certi che la ricorderete tutti. Il 3 febbraio del 2018, per vendicare la morte di una ragazza, Traini esplose diversi colpi dalla sua auto ferendo sei immigrati e la notizia del tentato omicidio di Macerata fece il giro del mondo anche perché Traini, in quel momento, era un militante della Lega. Considerare il leader della Lega, come farà qualcuno oggi, come il mandante morale di Traini è una sciocchezza che lasciamo a Roberto Saviano.
Ma il fatto che dal 3 febbraio a oggi il leader della Lega non abbia trovato il tempo di dedicare neppure un tweet per condannare in modo fermo ogni genere di atteggiamento xenofobo (il giorno dopo il tentato omicidio Salvini disse che “un’immigrazione fuori controllo porta allo scontro sociale”) è un segnale che dovrebbe farci riflettere su alcuni punti importanti. L’Italia non è un paese razzista. Ma avere un ministro, per di più dell’Interno, che su Twitter esulta per l’arresto di uno “straniero infame” – è successo la scorsa settimana dopo un agguato a Lanciano – e che gioca con i migranti con la stessa disinvoltura con cui gioca con i nostri risparmi, e che fa finta di non capire l’enormità della condanna di Traini, rischia di non essere il miglior vaccino per combattere la xenofobia. Il commissario europeo Moscovici ieri ha detto che “gli italiani hanno optato per un governo euroscettico e xenofobo che, sulle questioni migratorie e di bilancio, sta cercando di sbarazzarsi degli obblighi europei”. Un commento severo su Traini, da parte di Salvini, aiuterebbe a dimostrare che le cose stanno diversamente. Ma il punto è questo: davvero le cose stanno diversamente?
Politicamente corretto e panettone
L'immancabile ritorno di “Una poltrona per due” risveglia i wokisti indignati
Una luce dietro il rischio