"Milano non è una città pericolosa"
L'ex assessore Carmela Rozza risponde a Montezemolo. Più Minniti e meno Salvini per rilanciare un'idea di sicurezza anche a sinistra
La sicurezza all'ombra della Madunina. Da ultimo, sono le parole di Luca Cordero di Montezemolo a rinfocolare la polemica. Il presidente di Italo-Ntv, audito dalla Commissione trasporti della Camera, dichiara: “Rogoredo versa in una situazione drammatica: se avessi una figlia di quindici anni, e ce l'ho, che dovesse scendere alle dieci di sera a Rogoredo non ce la manderei”. Ma Milano è davvero una città “insicura”, insomma più di altre grandi città europee? “Io non vedo una città pericolosa – dichiara Carmela Rozza, consigliera regionale lombarda in quota Pd, già assessore alla Sicurezza della giunta Sala – La carenza di agenti e poliziotti che dovrebbero pattugliare alcuni luoghi sensibili è un fatto. Ci sono quartieri a rischio presidiati dai militari fino all'una di notte, così però la fascia tra l'una e le cinque del mattino rimane scoperta”.
Il governo Conte aveva promesso, per le forze dell'ordine, 150mila assunzioni in cinque anni ma nel decreto Sicurezza non ve n'è traccia. “Se non la completa liberalizzazione delle assunzioni, dai paladini della sicurezza ci saremmo aspettati almeno la proroga del decreto Minniti che ha conferito ai Comuni la possibilità di assumere gli agenti di polizia locale 'cessati' per il prossimo triennio; invece non se n'è fatto nulla: i leghisti sono bravi con le chiacchiere, non con i fatti”. Lei ha richiesto l'impiego dei vigili per il controllo del territorio 24 ore su 24. Un tale auspicio, da parte di una donna di sinistra, iscritta al Pci dal 1989, suona inconsueto. “I vigili sono l'unico corpo che effettua servizio ininterrottamente, la polizia locale invece ha l'esclusiva sugli incidenti stradali. Bisogna accelerare il turnover per arruolare energie giovani. E' una vecchia storia quella della sinistra che lascia solo chi si occupa di sicurezza. L'idea sottostante è che l'ordine pubblico non sia un diritto fondamentale, la precondizione per la libertà di ciascuno”. A proposito di sicurezza, Marco Minniti ha parlato di “sfida democratica”, a volerne evidenziare la rilevanza nella società contemporanea. “Come dargli torto? Matteo Salvini ha vinto non perché ci fosse Minniti ma perché, al contrario, non abbiamo perseguito con la necessaria determinazione una linea politica giusta ed efficace. Per la solita paura degli amici della sinistra-sinistra, ci siamo guardati bene dal rivendicare i risultati ottenuti. Ricordo le manifestazioni di intolleranza da parte dei centri sociali alla marcia pro-migranti alla quale, a maggio dello scorso anno, ho preso parte insieme al sindaco Beppe Sala. Ecco, certi atteggiamenti vanno respinti e basta”. E' innegabile il paradosso di una politica che ha ridotto gli sbarchi e di un partito, il Pd, che balbettava a proposito della “Minniti action”. “Le ripeto: serve più Minniti, non meno. Se i cittadini ci hanno punito alle urne, ciò si spiega anche perché, nelle fasi cruciali, la gestione dell'accoglienza è stata inadeguata, al Viminale abbiamo consentito per troppo tempo la permanenza di un ministro che semplicemente non c'era, Angelino Alfano”.
Tornando alla regione Lombardia, lei sta lavorando a una proposta di legge che modifichi le regole per l'assegnazione delle case popolari al fine di agevolare l'accesso degli italiani. La accuseranno di razzismo. “Non scherziamo, nessuno intende introdurre discriminazioni basate sulla razza. Il tema è un altro: allo stato attuale, conta esclusivamente l'indicatore Isee che oggettivamente favorisce gli immigrati a zero reddito, o comunque relativamente più poveri, e spesso con più figli. Io punto a un sistema unico di affitto dove le assegnazioni avvengano per quote: la condizione economica resta il parametro principale ma, valutata per scaglioni da zero a 45mila euro, ciò darà agli italiani più opportunità di accesso”. Salvini le offrirà una tessera ad honorem. “Gliela rispedisco immediatamente, io sono abituata a parlare alla testa delle persone, non alla pancia. La Lega è abile nella propaganda ma non risolve i problemi, li acuisce. In regione si è opposta all'accoglienza diffusa, e ancora oggi difende un'assurda legge che penalizza i lavoratori italiani meridionali impedendo loro di presentare la domanda per una casa popolare se non sono residenti in Lombardia da almeno cinque anni. Per paradosso, numerosi stranieri sono stati regolarizzati dalla sanatoria voluta dall'allora ministro Roberto Maroni, oppure sono immigrati di seconda generazione, e dunque sono dotati dei requisiti richiesti, a differenza dei cittadini pugliesi o calabresi. In generale, io non vedo una strategia: che operazione è quella di ridurre i canali di regolarizzazione per gli stranieri che si trovano già sul territorio nazionale senza potenziare, nel contempo, rimpatri e forze dell'ordine? Fumo negli occhi”. Il ministro Salvini ha deciso una stretta sulle occupazioni abusive, almeno su questo lei sarà d'accordo. “Condivido il principio, la legge va rispettata, ma di nuovo la soluzione è sbagliata perché la circolare del Viminale tratta tutti gli occupanti allo stesso modo, io dico invece che dobbiamo sgomberare prima i delinquenti, coloro che hanno commesso reati. Tra uno spacciatore che occupa abusivamente e un padre di famiglia che si trova in una situazione di disagio temporaneo non ho dubbi: vanno mandati via prima i borderline, e non serve consultare il casellario giudiziale né attendere il terzo grado di giudizio. Bisogna dare serenità ai quartieri”.
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