Agricoltori in campo contro il rischio idrogeologico

In pericolo l'82 per cento dei comuni italiani. La Cia presenta un progetto di manutenzione infrastrutturale del territorio nazionale. Il presidente Scanavino: “La parola d’ordine deve essere prevenzione, non più emergenza”

Il tema della sicurezza del nostro territorio e del dissesto idrogeologico è diventato, negli ultimi mesi, centrale nel dibattito politico nazionale. Non solo per i disastri che, da nord a sud, hanno colpito città e intere zone della penisola, ma anche e soprattutto per il dibattito in corso tra il governo e la Commissione Ue sulla manovra. Proprio mercoledì il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, ha espresso la volontà di “fare un decreto legge entro il 31 dicembre sul dissesto idrogeologico”. L'idea sarebbe quella di destinare una quota di investimenti per affrontare la problematica evitando di computare queste risorse nel debito pubblico. “Se ci riusciamo – ha aggiunto – i fondi a disposizione non saranno più 6,5 miliardi ma sfioreranno i 10 miliardi”.

  

Il nodo, a ben vedere, è tutto lì: “Se ci riusciamo”. Forse anche per questo, per evitare rinvii e lungaggini burocratiche, la Cia-Agricoltori Italiani ha deciso di lanciare un progetto di manutenzione infrastrutturale del territorio nazionale. Un “ordine del giorno in cinque mosse” che è stato presentato in occasione dell'Assemblea nazionale della Confederazione che si è svolta otti a Roma.

 

Anzitutto i numeri. Secondo la Cia “tra maltempo, calamità naturali, dissesto idrogeologico e fauna selvatica, non prevenire è già costato all’Italia oltre 20 miliardi di euro negli ultimi dieci anni. Ancora oggi, quasi 7.000 comuni e 150.000 imprese agricole sono esposti a rischi ambientali. L’incuria e la cementificazione senza regole continua a bruciare 14 ettari di terreno coltivabile al giorno e più di 6 milioni di cittadini risiedono in aree soggette a frane e alluvioni”.

 

Da qui la scelta di chiedere l’attuazione di quello che il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino, ha definito un “atto storico”, ovvero un intervento straordinario di tutela, manutenzione e gestione sostenibile del paese, recuperando gli enormi ritardi infrastrutturali e puntando sulla centralità dell’agricoltura. Obiettivo finale: la costruzione di un piano agro-industriale che potrebbe creare fino a 100 mila nuovi posti di lavoro.

 

“La parola d’ordine deve essere prevenzione, non più emergenza – ha spiegato Scanavino – basta azioni spot nate a seguito dell’ultima tragedia. Nel nostro progetto, che vogliamo sottoporre da oggi a Istituzioni nazionali e locali, ci sono le linee guida per un reale cambio di marcia”.

 

Diversi gli interventi previsti: dall'immediata messa in sicurezza dei territori più a rischio fino a un’attenta programmazione per il futuro; dallo sviluppo di verde urbano e bioedilizia alla valorizzazione del presidio degli agricoltori; fino a un nuovo e più efficace piano di intervento sulla questione fauna selvatica, che superi la normativa vigente.

 

“Questo è il contributo degli Agricoltori Italiani per il paese che vogliamo – ha aggiunto il presidente –. Territorio, infrastrutture e innovazione sono i tre asset su cui investire risorse e costruire politiche di sviluppo, da subito, mettendo in rete governo, regioni, comuni ed enti locali, con le altre risorse socio-economiche dei territori e valorizzando il ruolo essenziale dell’agricoltura”.

 

Dopotutto, tornando a parlare di rischio idrogeologico, l'Associazione sottolinea come il pericolo riguardi oggi 6.633 comuni, ovvero l'82 per cento del totale e quasi il 20 per cento delle imprese con “punte più alte” in regioni come Valle D’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata, Calabria. Nonostante questa situazione che non ha eguali in Europa, prosegue la Cia, “ancora non si riconosce pienamente il ruolo degli agricoltori come manutentori del paese. I terreni coltivati, infatti, insieme a quelli boschivi, giocano un ruolo essenziale per stabilizzare e consolidare i versanti e per trattenere le sponde dei fiumi, grazie anche alla capacità di assorbimento e di riduzione dei tempi di corrivazione, aiutando così a scongiurare frane e cedimenti del terreno. Ogni forma di coltivazione obbliga a un corretto regime delle acque e questo comporta una sensibile diminuzione dell’esposizione dei versanti al rischio di smottamenti e dei fondovalle al pericolo di allagamenti. Senza l’opera di presidio e cura del territorio da parte degli agricoltori, si lascia spazio al degrado e all’abbandono, soprattutto nelle aree interne e marginali, e questo aumenta il rischio di danni all’ambiente e alle persone”.  

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