Xylella mortifera
La Puglia è sempre più infetta e l’ex commissario Silletti attacca Emiliano: “Non ci ha aiutato”
Roma. Dove è arrivata la Xylella? Alcuni settimane fa il Quotidiano di Puglia ha dedicato un reportage al Parco dei Paduli, un’area che comprende il territorio di sette comuni nel Salento meridionale, una distesa ininterrotta di ulivi secolari oggi ridotta una sorta di “cimitero degli elefanti”, un enorme ossario di ulivi grigi e secchi, divorati dal passaggio della Xylella, una produzione di olive passata da 13 mila ad appena 300 quintali.
Il Salento, soprattutto a sud di Lecce, è ormai pieno di aree ridotte come il Parco dei Paduli. Perché qui il contagio è arrivato prima, e anche perché a nord del capoluogo c’è più varietà agricola, gli uliveti si alternano con altre colture (i vigneti del Negroamaro, prima di tutto) e quindi la malattia si è diffusa in maniera meno rapida e costante, prima di imbattersi di nuovo in ampie aree olivetate continue, da Oria in su, nel brindisino, puntando con decisione verso la Valle d’Itria e l’incredibile piana degli ulivi millenari, lungo la costa adriatica nei comuni di Fasano, Ostuni e Monopoli. La mappa che delimita l’area di diffusione della Xylella, appena aggiornata dal decreto del ministro delle Politiche agricole e forestali Centinaio, arriva oggi ai comuni più meridionali della provincia di Bari e tende ad ampliarsi a ventaglio a nord di Taranto, non trovando più verso ovest la barriera naturale dello Ionio. Il tacco d’Italia è ormai per intero “area infetta”, spacciata.
Nella voce di Giuseppe Silletti, l’ex commissario delegato per l’emergenza Xylella, si sente tutto il rammarico per la piega che hanno preso gli eventi. Nominato dal governo all’inizio dell’emergenza, aveva redatto un piano per affrontare la malattia che prevedeva l’espianto degli ulivi infetti e di quelli sani nel raggio di 100 metri da ogni pianta malata all’interno di una fascia di venti chilometri al confine settentrionale dell’area colpita dal batterio. Sentito dal Foglio, ci tiene a precisare che quel piano non era una sua “invenzione”, ma l’applicazione della normativa europea per contenere il batterio, e il frutto delle evidenze scientifiche che non lasciavano alternative: “Avevamo buone possibilità di fermare la Xylella al punto in cui eravamo arrivati, nella zona di Oria, Torchiarolo e Trepuzzi, se avessimo fatto tutto quello che il piano prevedeva. Invece proprio da quella zona è partita la seconda ondata dell’infezione, che è ormai arrivata al limite della provincia di Bari”. Ma il Piano Silletti trovò resistenze di ogni tipo: manifestazioni popolari, teorie complottiste che prendevano di mira proprio Silletti e gli scienziati impegnati nel contrasto della Xylella, e che li accusavano di essere al soldo di multinazionali straniere e di avere intenzionalmente diffuso il batterio per mettere in ginocchio l’olivicoltura pugliese, fino all’inchiesta della procura di Lecce che ha fatto proprie questi teoremi, disposto il sequestro degli ulivi della fascia di contenimento impedendone l’abbattimento, e inquisito Silletti e altri nove tra ricercatori e dirigenti del Servizio fitosanitario regionale.
Il governatore remava contro
Chiediamo al generale, oggi in pensione, se ha sentito cosa ha detto il governatore pugliese Emiliano in audizione alla commissione Agricoltura della Camera, di non aver mai preso posizione contro il piano Silletti, ma anzi di averlo agevolato e finanziato. Il generale sospira: “Sanno tutti che non è così”. Prosegue distinguendo il lavoro dell’Osservatorio fitosanitario regionale, con cui ha avuto un rapporto di proficua collaborazione, dall’approccio politico del presidente: “Lui non mi ha aiutato, anzi tutte le dichiarazioni che ha fatto erano molto negative. Sono contento di sentirgli dire oggi che è tempo di rimboccarsi le maniche, di aiutarci a vicenda e di darsi da fare, ma se invece di dirlo oggi lo avesse detto nel 2015 non saremmo al punto in cui siamo”. Invece Emiliano annunciò la costituzione di parte civile nel processo contro Silletti e gli scienziati, e salutò l’inchiesta come una liberazione. “Chiedete ai dirigenti dell’Osservatorio fitosanitario regionale messi sotto inchiesta, se sono stati sostenuti dal loro presidente, e vedrete cosa vi risponderanno” ironizza Silletti, che prosegue chiedendosi chi dovrà pagare le sanzioni, nel caso in cui l’Unione europea andasse avanti con la procedura di infrazione, se lo stato o la regione: “La Corte dei conti saprà verificare di chi sono le responsabilità”.
E per finire, Silletti svela l’ultimo dei paradossi di cui questa storia grottesca è costellata: “Oggi neanche sappiamo è dove è arrivata la malattia, dato che il monitoraggio è stato interrotto nel mese di maggio dalla regione e ripreso solo adesso”. E infatti a nord del Salento, nell’area della nuova ondata del contagio, anche nella cosiddetta “fascia di contenimento” in cui è fondamentale mettere in atto tutte le misure previste dal Piano Silletti per contenere la malattia, è ancora tutto fermo: monitoraggi sospesi per mesi, sembra per ragioni economiche, espianti e abbattimenti ancora da fare. Gli ulivi più settentrionali in cui è stata trovata la Xylella sono ancora lì, e già si segnalano due nuove specie di insetti vettore. Di questo passo, con la Xylella che avanza di 20 chilometri all’anno e con questo tipo di “sostegno” da parte della regione, la prospettiva di vedere in pochissimi anni i trulli della Valle d’Itria circondati da scheletri di ulivi e la piana dei millenari ridotta come il Parco dei Paduli non è più solo un incubo, ma la più probabile delle eventualità.
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