Marra condannato. La parabola del "fecondatore" diventato "virus" del M5s
Il fedelissimo di Virginia Raggi passato dagli elogi di Travaglio alla sentenza di oggi: 3 anni e sei mesi di reclusione per corruzione
“Lo spermatozoo che ha fecondato il Movimento”, come ebbe a dire di se stesso, era “un corrotto” quando nei mesi precedenti le elezioni comunali del 2016 entrò nell’orbita del Movimento 5 stelle romano fino a diventarne "il Rasputin" (come lo definì l'ex capo di gabinetto di Virginia Raggi, Carla Raineri). A stabilirlo è stato il tribunale di Roma che ha condannato a 3 anni e sei mesi e interdizione dai pubblici uffici Raffaele Marra, l’ex potentissimo capo delle Risorse umane del Campidoglio considerato una sorta di burattinaio della sindaca, per gli assegni circolari staccati dall’immobiliarista Sergio Scarpellini (morto lo scorso 20 novembre) e intestati alla moglie del dirigente comunale per l’acquisto di una casa in via dei Prati Fiscali.
Insomma, non esattamente il profilo da burocrate integerrimo che ne vergò Marco Travaglio in una indimenticabile difesa. “Raffaele Marra, ex finanziere plurilaureato, è un dirigente pubblico passato dal ministero dell’Agricoltura all’Unire, dal Comune alla Regione, dalla Rai di nuovo al Comune – scriveva Travaglio - Ha collaborato con le giunte Alemanno e Polverini, come pure con Zingaretti e di Marino, almeno finché non lo cacciavano, il che avveniva regolarmente perché troppo “giacobino” (parola di Alemanno), cioè perché denunciava un sacco di porcherie in Procura. (…) Marra invece è incensurato, e questo forse è il problema: però il Messaggero assicura che, siccome comprò casa dal costruttore Scarpellini allo stesso prezzo stimato da una perizia della banca Barclays che gli erogò il mutuo, senza mai firmare un atto riguardante Scarpellini (all’epoca si occupava di incremento delle razze equine), 'la Procura sembra voler fare chiarezza'. Ergo – concludeva il direttore del Fatto Quotidiano – è il mostro di Lochness”. Nessun mostro, per carità, però per il tribunale quegli assegni e quello scambio di case rappresentano un caso di corruzione per cui Marra dovrà persino risarcire 100mila euro al Campidoglio.
Beffardo contrappasso per l’ex finanziare che aveva provato a farsi raccomandare da monsignor Giovanni D’Ercole per entrare nei servizi segreti. Entrato negli uffici che contano del Comune come vicecapo di gabinetto della sindaca Raggi e poi diventato capo del Personale fino al giorno del suo arresto due anni fa. “Solo uno dei 23mila dipendenti comunali”, cercò di scaricarlo ai tempi la sindaca. Che pure con Marra e Salvatore Romeo, l’ex capo della segreteria politica che le intestava polizze a vita a sua insaputa e che da qualche settimana è tornato in Campidoglio a guida dello staff dell’assessore Linda Meleo, assieme all’allora vicesindaco Daniele Frongia, si confidava nell’ormai famosa chat via Telegram dei “Quattro amici al bar”. E due di questi, Marra e Romeo appunto, del bar stavano diventando i proprietari occulti. “Il Gabinetto del sindaco – ha raccontato Carla Raineri ai giudici del processo per falso in cui era imputata, poi assolta, Virginia Raggi – era un guscio vuoto in cui le deleghe venivano esportate altrove, verso due soggetti come Salvatore Romeo e Raffaele Marra”.
Raineri ha spiegato poi che “ogni qualvolta manifestavo alla sindaca una necessità operativa, mi veniva detto sistematicamente 'parli col dottor Marra'. Raggi, Marra e Romeo stavano chiusi per ore dentro la stanza della sindaca, erano in completa simbiosi. Solo Daniele Frongia (allora vicesindaco, ndr) era autorizzato a entrare”. Una simbiosi che ha causato parecchi problemi alla sindaca. Detto dello scandalo per le polizze vita intestate da Romeo alla Raggi (“Lo querelo e gli faccio fare un Tso, i poteri da sindaca me lo permettono”, sbottò Virginia una volta saputo delle tre polizze. Salvo rimetterlo in sella in uno degli assessorati più importanti un anno e mezzo dopo), prima ancora dell’arresto per corruzione, fu proprio per la “sudditanza” nei confronti di Raffaele Marra che la sindaca si ritrovò indagata e poi a processo (e a rischio obbligo di dimissioni, a norma di statuto del Movimento). Motivo del contendere la nomina di Renato Marra, il fratello vigile urbano del capo delle Risorse umane, passato al Dipartimento per la promozione Turistica con annesso aumento di stipendio. Una nomina per cui la sindaca Raggi, assolta dall’accusa di falso ideologico perché il fatto per quanto commesso non costituisce reato, arrivò a mentire anche all’allora responsabile dell’anticorruzione in Campidoglio assumendosi tutta la responsabilità della scelta e dell’aumento di stipendio. A svelarlo le chat in cui la sindaca, scrivendo a Raffaele Marra, si lamentava: “Mi dovevi dire questa cosa dei 20 mila euro, così mi metti in difficoltà”. “Mi stai dando del disonesto – si difendeva lui –. Non ti ho mai nascosto nulla. Te l'ho detto, evidentemente non troppe volte”.
E allora forse, col senno del poi, aveva ragione Roberta Lombardi quando più che “lo spermatozoo che ha fecondato il Movimento” lo aveva definito “il virus che l’ha infettato”. Lei che assieme a Paola Taverna e Carla Ruocco (“le tre donne che pressano Beppe”, le liquidava sdegnato Marra via chat) aveva più volte usato le nomine sbagliate dell’ex capo del Personale e di Salvatore Romeo per condurre la sua battaglia contro Virginia Raggi. Una battaglia persa, però. Perché fecondato o infettato, il Movimento, nella corsa spregiudicata di Luigi Di Maio verso il governo, sembra aver imbarcato tutto e il contrario di tutto. Dopotutto il leader grillino, sebbene la base fosse in subbuglio per le polemiche sulle nomine di Virginia Raggi e chiedesse il suo intervento, aveva persino incontrato Marra. “L’ho cercato io, a inizio luglio – raccontò il capo delle Risorse umane nel novembre del 2016 in una intervista al Fatto –. Gli ho rappresentato la mia esigenza di chiarezza, dicendogli che tutte queste cose che uscivano su di me non erano veritiere. Mi ha ascoltato, è stato molto cortese”.
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