"La demolizione del ponte Morandi è una scelta di pancia"
“Vogliono rimuovere il corpo del reato, ma l'abbattimento condanna il nostro patrimonio urbanistico”. Parla la professoressa Iori (Federbeton)
“La demolizione del Ponte Morandi è una scelta di pancia, che dà un messaggio sbagliato”. Parola di Tullia Iori, docente di ingegneria all'Università di Tor Vergata e membro del comitato scientifico di Federbeton, la federazione di Confindustria che rappresenta la filiera del cemento e del calcestruzzo. Proprio Federbeton, assieme all'Istituto nazionale di architettura (INARC) e altri gruppi di cittadini ed esperti, si è opposta alla demolizione del viadotto proponendo di mettere in sicurezza la struttura esistente.
Tuttavia, la loro proposta non è stata accolta. Proprio oggi la procura di Genova ha dato il via libera alla rimozione del moncone ovest del Ponte Morandi ma non del moncone est perché, per demolirlo, è previsto l'utilizzo di microcariche esplosive. Il gip ha rinviato l’udienza all’8 febbraio, ma i periti hanno chiesto più tempo per poter depositare la loro perizia. Il sindaco di Genova e commissario straordinario alla ricostruzione del Ponte Morandi, Marco Bucci, ha detto che i lavori per la demolizione costeranno 19 milioni e verranno terminati prima del 31 marzo. Domani verrà annunciata l'azienda incaricata della ricostruzione del nuovo viadotto, che verrà realizzato entro Natale 2019.
“L'abbattimento del ponte – spiega Iori al Foglio – mostra un grande disprezzo verso il nostro patrimonio urbanistico”. “Se fossimo un paese normale avremmo fatto qualche ragionamento in più sulle sorti del ponte Morandi – spiega – L'abbattimento è una condanna al nostro patrimonio in cemento armato. Stiamo dando più importanza alla demolizione che alla ricostruzione. Questo è un errore gravissimo”.
Quello che la professoressa sottolinea è soprattutto il valore simbolico di quanto sta accadendo. “Così mostriamo al resto del mondo di non essere capaci di fare manutenzione, e di non sapere tutelare il meglio della nostra cultura urbanistica. L'ingegnere Riccardo Morandi è stato il più bravo di tutti”.
Ma il crollo del ponte ha causato 43 morti e secondo chi si sta occupando della ricostruzione l'abbattimento è la soluzione migliore per tutelare la sicurezza. “Non sono d'accordo. Il moncone ovest non ha avuto alcun rilievo nel crollo del viadotto. Perché dobbiamo abbatterlo? Seguendo questo ragionamento, dovremmo abbattere tutte le opere che versano nelle stesse condizioni, e sono tantissime. Si tratta di ricostruire mezzo chilometro, una distanza enorme. La Basilica di Assisi è crollata (il 26 settembre 1997, ndr) ma nessuno si è sognato di abbatterla e ricostruirla da zero. L'opera si trova in una zona sismica, e ovviamente le scosse sono impossibili da anticipare. Invece, il numero di macchine che attraversano il ponte Morandi ogni giorno si possono prevedere in anticipo. La differenza tra i due casi è che il viadotto non è stato riconosciuto come simbolo e l'ingegneria italiana ha subìto un colpo durissimo”. E allora perché è stato deciso l'abbattimento? “È stato un'operazione di pancia. Hanno voluto fare sparire le tracce, ed eliminare il corpo del reato”.
L'ingegnere Giuseppe Marchese di Federbeton stima che la ricostruzione del moncone est avrebbe richiesto tre mesi di tempo e un costo inferiore ai 50 milioni di euro. Ma la professoressa Iori non si esprime sui costi e sui tempi della ricostruzione. “Non è questo il punto – spiega la docente – Non guardo al costo monetario, ma al danno d'immagine dell'abbattimento. Questi gesti minano la credibilità del settore delle costruzioni in Italia”. Il piano di Bucci influirà sulla mobilità nella città di Genova? “La costruzione ex novo del ponte Morandi esclude di fatto la Gronda, di cui non ci sarà più bisogno. Ci accontentiamo di una piccola correzione del viadotto; ma l'aumento a tre corsie comporterà solo un aumento del traffico. Inoltre, non è realistico che il nuovo ponte venga completato entro dicembre 2019”.