Caro Salvini, l'insicurezza è un problema, non una risorsa
Napoli, Milano, Foggia, Reggio Emilia. Gli episodi di violenza nelle città italiane andrebbero affrontati con serietà, non con metodi muscolari che creano solo eccitazione, tensione e paura
La cronaca nera degli ultimi giorni è piuttosto impressionante. C’è un aderente a un’associazione criminale che spara ai carabinieri e ne uccide uno per vendicarsi di una perquisizione a Foggia. A Napoli c’è stato un agguato in pieno giorno davanti a una scuola, con l’uccisione del nonno dell’alunno che accompagnava e il ferimento del padre. Anche a Milano in centro è stato ferito un uomo, probabilmente per un regolamento di conti nell’ambiente dello spaccio di stupefacenti. A Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, c’è stato un omicidio in un bar, probabile epilogo di un dissidio di vicinato. Sono episodi diversi, che hanno in comune la spudoratezza di attacchi, compiuti in pieno giorno, spesso in zone centrali, senza rispetto, o almeno timore, delle forze dell’ordine. Per questa ragione cresce la sensazione di insicurezza, anche se i dati oggettivi dei crimini violenti nelle città italiane continuano a essere tra i meno pesanti del continente. Su questa sensazione, che ha persino cercato di alimentare spregiudicatamente, Matteo Salvini ha costruito gran parte della sua immagine pubblica.
Però mentre un capo partito, soprattutto quando è all’opposizione, può alimentare i timori e denunciare l’inefficienza repressiva dello Stato, per un ministro dell’Interno, che della capacità di garantire la sicurezza e di rispondere con efficacia ai fenomeni criminali è il massimo responsabile, la percezione di insicurezza dovrebbe diventare un problema, non una risorsa. Sarebbe ridicolo attribuire a Salvini la colpa degli episodi criminali che si susseguono, com’era ridicolo lui quando la attribuiva ai suoi predecessori al Viminale. Invece quello di cui c’è bisogno è una gestione attenta efficace ed equilibrata dell’ordine pubblico, che utilizzi al meglio gli strumenti disponibili invece di lanciare campagne contro particolari categorie, dagli immigrati ai rom, che naturalmente devono rispondere dei loro reati individualmente come chiunque. La gestione tribunizia e muscolare di una partita complessa come quella della sicurezza non serve mai a nulla, crea eccitazione, tensione, accresce i timori e spinge a scelte irrazionali o a reazioni emotive e momentanee. Esattamente il contrario di quell’impegno ordinato, rigoroso e costante che servirebbe e che è giusto chiedere proprio a Salvini, visto il ruolo che ha scelto di assumersi.
Abituati alla tragedia