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La presunzione di colpevolezza entra in biblioteca. Il caso dell'indagine sull'ex ministro Zecchino

Luciano Capone

Metà Kafka e metà “commedia degli equivoci”. L'accusa è di ricettazione e riciclaggio: 27 libri antichi sequestrati (poi dissequestrati e infine risequestrati). Ora tocca al proprietario dimostrare che sono suoi

Ariano Irpino. “Le ipotesi di accusa sono ricettazione e riciclaggio… ho perso un po’ di dimestichezza con i codici di procedura, ma da ciò che ricordo sono reati abbastanza gravi”. Ortensio Zecchino, già ministro dell’Università con i governi dell’Ulivo dal ’98 al 2001 (anche se adesso che è indagato, per un antico tic, si preferisce scrivere che è un “ex ministro della Dc”), è diventato suo malgrado protagonista di una vicenda che definisce alternativamente “kafkiana” e una “commedia degli equivoci”. Tanto la situazione è tragicomica che per parlare con il Foglio, lo storico esponente irpino del Ppi deve interrompere la sua ricerca negli archivi domestici, che dura ormai da una decina di giorni, volta a dimostrare il possesso dei suoi libri. Tutto comincia quando si presenta al portone di casa sua, ad Ariano Irpino, un plotone di otto carabinieri del reparto di “Tutela patrimonio culturale” con un mandato di perquisizione. Il loro obiettivo, a seguito di una denuncia per la sparizione di 600 libri dalla biblioteca comunale Mancini (dal nome di Pasquale Stanislao, il ministro del Regno che la fondò riunendo le biblioteche di vari conventi della zona), era di trovare lì i 600 volumi spariti. E dopo la perquisizione a casa Zecchino ne vengono trovati 27, prontamente sequestrati. La notizia viene ripresa dalla stampa locale e nazionale. Il deputato locale del M5s si scaglia immediatamente contro “chi ha rubato il nostro passato” e l’esponente della Lega gli dà man forte con il suo italiano claudicante: “E venuto (sic!) il momento che questa gente togliesse (sic!) le mani dalla città”. E così, anche per gli strenui avversari della lingua italiana alcuni vecchi volumi teologici diventano legna per alimentare la campagna elettorale comunale (visto che Zecchino è ancora ritenuto il burattinaio della politica locale).

 

Ma per dirla con Andreotti, che con Zecchino fondò la meteora Democrazia europea, “la situazione è un po’ più complessa”. Tanto che nei giorni successivi i carabinieri tornano dall’ex ministro a restituirgli i libri, per poi sequestrarli di nuovo. 

  

La storia è molto intricata e, per capire come gli inquirenti siano arrivati all’ex ministro, necessita di qualche informazione preliminare. Ortensio Zecchino è uno storico del diritto e professore di Storia delle istituzioni medievali, nonché studioso di Federico II e nella sua città, che è stata un importante centro normanno (qui si tennero le famose Assise di Ariano di Ruggero II nel 1140), ha fondato il Centro europeo di studi normanni (Cesn). “Per far ottenere al Cesn il riconoscimento di istituzione culturale di rilievo nazionale ho messo a disposizione la mia biblioteca, pubblicando online il catalogo dei libri anche con la foto dei frontespizi”. E da qui nasce il problema. Perché, evidentemente, sfogliando il catalogo gli inquirenti hanno trovato titoli “compatibili” con quelli che mancano nella biblioteca Mancini, che ha sede nello stesso stabile del Cesn. “Si parte da un presupposto errato e da un’illazione campata in aria”, dice l’ex ministro. “Il presupposto errato è la contiguità fisica delle due biblioteche, quella comunale e il fondo antico del Cesn, che fa pensare a un passaggio di libri. Perché tale fondo è mio ed è da sempre collocato nella mia abitazione”. E l’illazione? “L’illazione è che tra i 600 libri mancanti della biblioteca e alcuni libri del mio fondo vi sarebbero ‘elementi di compatibilità’. Ma è del tutto evidente che se avessi avuto anche solo il sospetto di possedere libri antichi di provenienza dubbia non li avrei messi online con tanto di fotografie”.

 

Sta di fatto che sulla base di questa corrispondenza otto carabinieri si sono presentati a casa sua. “La perquisizione è durata 12 ore, è stato setacciato ogni angolo di casa e oltre ai libri, visto che c’erano, sono stati fotografati tutti i quadri, maioliche, stampe e reperti, mi hanno persino chiesto di vedere i gioielli di famiglia. Non ho nulla da nascondere. Alla fine sono stati sequestrati 27 libri, di alcuni sono riuscito a recuperare la fattura d’acquisto mentre la gran parte è di scarso valore scientifico e di scarsissimo valore venale, sono volumi spaiati di tematiche che neppure mi interessano”.

 

A maggior ragione non si capisce cosa ci facciano nella sua biblioteca (ma anche per questo c’è una spiegazione). “Sono il frutto di una complessa spartizione ereditaria, in cui sono entrato attraverso mia madre a cui spettava un decimo di un quarto dell’eredità. Facevano parte della storica biblioteca Vitale, che dopo il terremoto del 1962 era diventata pasto per topi, e li conservo solo per il rispetto della sacralità dei libri”. A riprova Zecchino, durante la perquisizione, ha fornito ai carabinieri una copia di un racconto che aveva scritto sulla storia di questa eredità e che narra della scoperta, in quel cumulo di carte ammuffite ed escrementi di topo, di un incunabolo (non contestato): “Ero a buon punto del riempimento del sacco quando trasalii: spuntò, senza legatura, un libro in sedicesimo, non molto spesso, ma dagli inconfondibili caratteri della protostampa… Rimasi immobilizzato, lentamente, con ogni cura possibile, infilai nel sacco l’incunabolo”.

 

Questo racconto, scritto tempo addietro, è diventato una dimostrazione del possesso di alcuni dei libri sequestrati che recano appunti riconducibili alla biblioteca Vitale. Per l’unica opera completa e con qualche valore ha ritrovato lo scontrino. “E’ una fattura da 220 euro emessa nel 2013 dallo studio Pucci di Napoli, mi meraviglio di averla conservata”. Per altri ci sono prove fotografiche del loro utilizzo in corsi di lezione del 2003. Due libri gli sono stati donati 40 anni fa da un prete: “Mi disse ‘li do a te perché sono certo che saranno ben custoditi’ – dice Zecchino – ho provato a ricontattarlo, ma ha 94 anni e una memoria non più lucidissima”. Per gli altri volumi l’ex ministro è da giorni impegnato in una incessante ricerca di prove. “Ma mi chiedo se un privato che ha una biblioteca di oltre 10 mila libri è tenuto a documentare il possesso di ogni volume. Ci sarà pure il diritto per un cittadino di possedere fino a quando non c’è una prova del contrario? Una volta la prova la doveva fornire l’accusa, ma mi rendo conto che ormai viviamo in un’epoca in cui questi princìpi non sono più il cardine del nostro sistema”, dice sconfortato Zecchino, che per seguire i suoi princìpi garantisti nel ’93 fu l’unico senatore della Dc a votare in dissenso dal gruppo sull’autorizzazione a procedere contro Andreotti e, due anni dopo, l’unico del Ppi a opporsi al voto di sfiducia contro il ministro della Giustizia Filippo Mancuso ritenuto colpevole di aver avviato un’ispezione sul pool di Mani pulite.

 

A questa situazione kafkiana si è aggiunta un’evoluzione grottesca. Pochi giorni dopo il sequestro, Zecchino ha fatto ricorso e ha ottenuto dal tribunale del Riesame il dissequestro dei libri. Si sono così presentati a casa sua due carabinieri per restituire i 27 volumi, ma con l’altra mano gli hanno consegnato un nuovo decreto di sequestro degli stessi libri della Procura di Benevento. E se li sono riportati. “Mi pare una procedura irrituale”. C’è forse un po’ di accanimento? “Non pronuncio quel termine, diciamo che c’è una particolare attenzione. Io, si parva licet, come Andreotti mi difendo nel processo e non dal processo”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali