Anche il ricordo di Falcone finisce nella campagna elettorale
Polemiche per la presenza di Salvini nell'aula bunker di Palermo. Il ministro dell'Interno: “Le assenze di certa sinistra non sono un'offesa a me ma alla memoria del giudice”. E il M5s insiste sul rapporto tra corruzione e mafia
La sintesi della giornata la offre Maria Falcone, sorella del giudice ucciso dalla mafia 27 anni fa: “Le polemiche non devono esistere perché dividono e creano isolamento. Non devono esserci distinzioni nel fronte antimafia, perché le polemiche creano grossissimi problemi all'antimafia e sono un premio alla mafia”. Eppure quella che doveva essere una festa della memoria, una celebrazione del sacrificio di un uomo che, insieme a Paolo Borsellino, rappresenta il simbolo forse più alto della lotta alla mafia nel nostro paese, è stata rovinata dalle polemiche.
Ricordando il sacrificio di Giovanni #Falcone e di tutti i caduti, negli occhi di questi bimbi c'è la certezza che sconfiggeremo il cancro della mafia.#lamafiamifaschifo pic.twitter.com/o1xUIcVts5
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) May 23, 2019
Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha abbandonato la cerimonia: “Mi ero augurato che qualsiasi presenza istituzionale oggi a Palermo e all'Aula Bunker non si trasformasse in occasione per comizi pre-elettorali. Ho appreso che purtroppo non sarà così col previsto intervento di chi solo tre giorni fa ha attaccato i magistrati siciliani”. Assenti anche il governatore siciliano Nello Musumeci e il presidente della commissione Antimafia regionale, Claudio Fava. La città di Palermo si è svegliata, stamattina, con volantini anti-Lega affissi su cestini dei rifiuti e sui muri. Sopra la scritta “Un siciliano che vota Lega è un siciliano che non conosce o non rispetta la propria storia”. Mentre alla “Casina No Mafia”, il luogo dal quale il 23 maggio 1992 venne innescato l'ordigno che uccise Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, è stata organizzata una contromanifestazione da Anpi e Arci (“Ho molta paura della retorica della legalità – ha detto il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, che ha partecipato – una parola che ci hanno rubato”).
Insomma, alla fine, le polemiche e le diserzioni si sono prese il proscenio. E il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, non si è lasciato sfuggire l'occasione per criticare i suoi avversari: “I Fava e gli Orlando hanno sbagliato. Sono a Palermo con orgoglio e gioia e non a chiedere voti. È una giornata di unità nazionale, che bello. Se qualcuno di sinistra non è venuto o se ne è andato perché c'era Salvini come ministro dell'Interno si è perso qualcosa. È stata una bellissima giornata di speranza, di futuro, di giovani e di lotta a tutte le mafie. Le assenze di certa sinistra che non sono un'offesa a me ma alla memoria di Giovanni Falcone e di tutte le eroiche vittime della mafia”.
#23maggio #StrageDiCapaci 27 anni fa 15 quintali di esplosivo fecero saltare in aria le auto di Falcone e della sua scorta. Nell'attentato morirono Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani #pernondimenticare #palermochiamaitalia pic.twitter.com/FPoqEuxbt5
— Polizia di Stato (@poliziadistato) May 23, 2019
Tra le righe la manifestazione è stata anche l'occasione per mettere in scena, pur con i modi e i toni consoni all'occasione, l'ennesimo botta e risposta tra Lega e M5s. Con Salvini che ha rivendicato, orgoglioso, quanto fatto contro la mafia (lavoro che ovviamente dipende dal suo ministero): “Gli stiamo portando via tutto, anche l'ultimo dei negozi, le forze dell'ordine li stanno inseguendo, non ci sono più lupara e coppola ma noi siamo più avanti e li andiamo a inseguire. Stiamo togliendo a colpi di forze dell'ordine e magistratura il terreno su cui prospera questa gente”.
Dall'altra parte i grillini, invece, sono tornati a insistere sul tema della corruzione. “Il voto di scambio politico-mafioso e la corruzione sono i due principali canali con cui le mafie cercano di infiltrarsi nelle istituzioni” ha detto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, nel suo intervento all'aula bunker di Palermo. Mentre Luigi Di Maio, ricordando la strage di Capaci, ha sottolineato che “commemorare il giudice Falcone è, prima di tutto, per chi come me si ritrova a rappresentare lo Stato, una responsabilità. Lo dico perché, anche al governo, il nostro messaggio è sempre stato chiaro: le Istituzioni devono essere sempre intransigenti nei confronti di mafie e corruzione. Perché girarsi dall'altra parte, o tollerare questi fenomeni, significa essere complici!”. Difficile non cogliere, nelle sue parole, un riferimento ai recenti casi giudiziari che hanno coinvolto la Lega su cui il M5s ha costruito gran parte della propria campagna elettorale.
A 27 anni da Capaci #GiovanniFalcone è ancora oggi, insieme a Borsellino, uno degli esempi più alti di senso dello Stato e lotta alla mafia. Il ricordo di quel giorno sia una lezione: mai arrendersi, mai smettere di contrastare la criminalità. L'Italia siamo noi, non i mafiosi.
— Mara Carfagna (@mara_carfagna) May 23, 2019
Insomma, alla fine l'impressione è anche la figura di Falcone sia stata trascinata nella campagna elettorale che, da settimane, è l'unica cosa che sembra interessare veramente al governo gialloverde. E allora vengono in mente le parole del messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “I nomi di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina sono indimenticabili. Nella loro disumanità gli assassini li hanno colpiti anche come simboli – a loro avversi – delle istituzioni democratiche e della legalità. Il loro sacrificio è divenuto motore di una riscossa di civiltà, che ha dato forza allo Stato nell’azione di contrasto e ha reso ancor più esigente il dovere dei cittadini e delle comunità di fare la propria parte per prosciugare i bacini in cui vivono le mafie. Questa riscossa ha già prodotto risultati importanti. Ma deve proseguire. Fino alla sconfitta definitiva della mafia”. Polemiche e distinzioni non vanno certo in questa direzione.
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