Sulla Sea Watch 3 deciderà Strasburgo
Nel dodicesimo giorno al largo di Lampedusa, alcuni migranti hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti umani. Gli sbarchi intanto continuano mentre nuovi dati confermano che non sono le ong a incentivarli
La Corte di Strasburgo deve decidere in queste ore se i 43 migranti che da 12 giorni sono a bordo della nave Sea Watch 3 devono sbarcare o meno a Lampedusa. Alcuni naufraghi recuperati dall’imbarcazione hanno presentato ricorso alla Cedu (la Corte europea dei diritti dell’uomo) per denunciare una “grave violazione dei diritti umani” da parte del governo italiano. Si tratta di una procedura urgente ed emergenziale – che avrà esito nel giro di poche ore – a cui si ricorre per denunciare atti ancora in corso e sospettati di essere disumani e degradanti. Sia il governo italiano sia SeaWatch hanno già presentato le rispettive memorie ai giudici di Strasburgo chiamati a esprimersi. Anche lo scorso gennaio alcuni migranti avevano presentato un ricorso alla Cedu per il caso delle 47 persone rimaste a bordo della nave umanitaria per oltre 10 giorni in attesa di un approdo in Sicilia. In quel caso, i giudici europei avevano deciso che l’Italia aveva l’obbligo di assistere i migranti con acqua, cibo e medicinali, ma non si erano espressi sulla necessità di assegnare subito un porto.
L’Unione Europea vuole risolvere il problema #SeaWatch? Facile.
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) June 24, 2019
Nave olandese, ONG tedesca: metà immigrati ad Amsterdam, l’altra metà a Berlino. E sequestro della nave pirata. Punto.#portichiusi
Le condizioni a bordo restano difficili. Finora sono 11 le persone che hanno avuto bisogno di essere sbarcate con urgenza a causa del peggioramento delle loro condizioni di salute. “Il rispetto dell’interdizione all'ingresso determina un penoso stillicidio mentre non abbiamo indicazioni alternative”, denuncia l’ong Sea Watch.
Questo è il tracciato percorso negli ultimi giorni dalla #SeaWatch.
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) June 23, 2019
Disegna il confine tra acque territoriali italiane e quelle internazionali. Lo vedete?
Lo stanno percorrendo forzosamente 42 persone che l'Europa, continente di 500 milioni di abitanti, non vuole.
Quarantadue. pic.twitter.com/ePXoib3xwH
Intanto, il governo insiste nel dire che devono essere la Germania e l’Olanda a farsi carico di queste 43 persone. “L’Unione europea vuole risolvere il problema SeaWatch? Facile. Nave olandese, ong tedesca: metà immigrati ad Amsterdam, l’altra metà a Berlino. E sequestro della nave pirata. Punto”, ha scritto su Twitter il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Ma le ong ripetono che il porto sicuro più vicino è Lampedusa e che le convenzioni internazionali e le leggi del mare impongono un aiuto immediato a chiunque si trovi in difficoltà durante la navigazione. Non mancano le offerte di aiuto lanciate anche dal nostro paese. La diocesi di Torino, tramite il suo arcivescovo Cesare Nosiglia, ha detto di essere pronta ad accogliere tutti “senza oneri per lo stato”.
Ma come chiaro ormai da mesi, i porti italiani restano aperti e gli sbarchi sulle nostre coste, a parte i casi più eclatanti come quello della SeaWatch 3, continuano con regolarità. Negli ultimi 12 giorni sono state almeno 6 le barche provenienti anche da Tunisia e Turchia. L’ultimo caso è quello di 59 migranti parti dalle coste turche e intercettati a bordo di una barca a vela rimasta incagliata al largo di Crotone; in questo caso sono stai arrestati i due scafisti di nazionalità ucraina. Così come continuano i respingimenti dei migranti in Libia, con almeno 200 persone riportate negli ultimi giorni nelle carceri del paese nordafricano dalla cosiddetta Guardia Costiera libica. Soprattutto, proseguono gli sbarchi autonomi di piccole imbarcazioni cariche di persone che sfuggono ai controlli delle autorità italiane. Dopo il caso della scorsa settimana – quello della “nave madre”, cioè di un peschereccio da cui i migranti sono fatti trasbordare su imbarcazioni più piccole una volta arrivati a una distanza ridotta dalle coste italiane – la procura di Agrigento sta indagando per trovare una spiegazione al numero elevato di sbarchi avvenuti eludendo i controlli alle frontiere.
⛔️ IL "PULL FACTOR" NON ESISTE.
— Matteo Villa (@emmevilla) June 23, 2019
Con #SeaWatch3 da 12 giorni al largo di #Lampedusa, terzo aggiornamento.
Tra l'1 maggio e il 21 giugno dalla #Libia sono partite almeno 3.926 persone.
Con Ong al largo, 62 partenze al giorno.
Senza Ong, 76 partenze.
(1 di 4) pic.twitter.com/SrLv36HI1j
Secondo l’Ispi, il 2019 conferma quanto già acclarato da diverso tempo, ovvero che la guerra dichiarata dal governo gialloverde alle ong – tramite i due decreti sicurezza approvati di recente – non incide sul numero degli arrivi. I dati riportati dal ricercatore Matteo Villa dicono che tra il 1° maggio e il 21 giungo di quest’anno sono partite dalla Libia almeno 3.926 persone; con le ong al largo, le partenze sono state 62 al giorno, senza ong sono state 76.
generazione ansiosa