Esclusiva italiana
Il Corriere spiazza la concorrenza con due scoop su Carola Rackete più fantasiosi che fantastici
Sabato sei luglio la Repubblica ha pubblicato un’intervista esclusiva a Carola Rackete, la comandante della nave che nella notte tra il 28 e il 29 giugno era stata arrestata dopo avere attraccato al molo di Lampedusa in violazione degli ordini del governo italiano. “La prima intervista alla comandante della Sea Watch” dichiarava il titolo in prima pagina. Però una settimana prima, il 30 giugno, anche il Corriere della Sera aveva pubblicato un’intervista a Carola Rackete nella classica forma botta e risposta in prima persona singolare e sotto la dicitura “L’intervista”. Il pezzo del Corriere spiegava in una riga dell’introduzione che le risposte erano state ottenute non direttamente e durante una chiacchierata con i legali di Rackete, in particolare l’avvocato Alessandro Gamberini, ma tutte le risposte erano in pagina come se stesse parlando Carola: “Io dovevo entrare in porto”, “Io temevo che”, “Io ho già chiesto scusa e lo rifaccio”, “Io sono molto addolorata”, “Io sono scesa dal ponte”, “Io avevo comunicato al porto”… La giornalista scrive le domande come se avesse davanti Rackete e come se la stesse incalzando risposta dopo risposta. “Avevo paura”, dice lei, e allora arriva la domanda: paura di cosa? Dal punto di vista legale una persona agli arresti domiciliari non può comunicare in nessun modo con l’esterno – niente telefonate, niente sms – e non potrebbe nemmeno scrivere un post generico su Facebook. Quindi è strano che sia apparsa una mezza pagina di sue risposte in prima persona su uno dei principali quotidiani del paese. Sea Watch Italia ha smentito l’intervista il giorno stesso con un tweet: “La nostra Comandante NON ha rilasciato nessuna intervista. Quelle pubblicate oggi sono libere interpretazioni dei fatti”. Federica Mameli, responsabile comunicazione di Sea Watch in Italia, dice al Foglio che “è grave che nelle ore subito successive all’arresto sia uscita un’intervista diretta che non c’è mai stata. Sono parole mai dette da Carola che avrebbero potuto essere usate contro di lei, anche nelle indagini”. Quando quel giorno in Germania hanno letto le dichiarazioni stampate sul Corriere sono rimasti stupiti per il tono molto remissivo delle risposte, non è quella la Carola che conoscevano. Nell’intervista a Repubblica pubblicata pochi giorni dopo la comandante della Sea Watch è una persona diversa: comincia con l’annuncio di una querela contro il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e poi dice “Rifarei tutto quello che ho fatto perché era il mio dovere”. Pochi giorni dopo sempre il Corriere ha scritto un pezzo per raccontare che Carola appena liberata dagli arresti domiciliari trascorsi in una casa di Agrigento era andata “tra misure di sicurezza straordinarie” a Licata , dove la Sea Watch aveva attraccato. Sea Watch ha di nuovo smentito: “Carola NON è stata a Licata a incontrare l’equipaggio, tantomeno ‘tra misure di sicurezza straordinarie’, come riporta questo secondo articolo di pura e spregiudicata fantasia”. Mameli ripete al Foglio che “la visita al porto e all’equipaggio è pura finzione. Carola non è mai stata a Licata. È stata spostata nel cuore della notte dalla casa ad Agrigento presso cui stava agli arresti domiciliari a un luogo protetto dove è rimasta nei giorni successivi all’ordinanza della procura di Agrigento che non ha convalidato l’arresto. Sarebbe stato impossibile in quelle ore trasferirla a Licata da Agrigento. Ma poi l’abitazione presso cui stava era circondata da giornalisti e altri giornalisti erano al molo a Licata e nessuno di loro l’ha vista. Soltanto il Corriere riesce a vederla?”.
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