Se a Milano dopo il biglietto a 2 euro arrivasse la privatizzazione dei mezzi pubblici?
Un nuovo consorzio di aziende pubbliche e private si propone di gestire il trasporto milanese al posto di Atm. Una scelta in controtendenza rispetto a quanto succede in Europa
A partire da lunedì 15 luglio, a Milano, il biglietto per usufruire dei mezzi pubblici costa 2 euro anziché 1,50 euro. Si arriva dunque ai fatti dopo mesi di tira e molla tra comune e regione. Il provvedimento, va ricordato, fa parte di una serie di correzioni che prevedono anche un aumento dell'abbonamento mensile urbano e giornaliero.
Ma l'aumento del prezzo del biglietto potrebbe essere solo un piccolo tassello di un grande puzzle, l'inizio di una piccola rivoluzione che trasformerebbe la gestione dei mezzi pubblici milanesi da pubblica a privata. A maggio infatti è stata annunciata la creazione di Milano Next, un consorzio di aziende pubbliche e private di cui fanno parte ATM e A2A, ma anche aziende come Commscon, Hitachi Rail e IgpDecaux, quotate in Borsa. Al progetto partecipa anche Ferrovie dello Stato con Bus Italia.
Il consorzio è stato creato per scongiurare il rischio che la gara pubblica europea del 2020 – la quale deciderà le sorti del trasporto pubblico di Milano – venga vinta da un player estraneo al mondo italiano e meneghino. Un po' come è successo a Copenhagen, dove da anni il trasporto pubblico è gestito proprio dalla milanese ATM, che ha avuto accesso al pacchetto completo grazie ad una gara pubblica europea.
In realtà, il Comune di Milano non è obbligato a mettere il futuro dei mezzi pubblici nelle mani di una gara pubblica; potrebbe direttamente affidare ad ATM la gestione del trasporto pubblico tramite la modalità in house, affidandosi ai propri organismi. Ma facendo questo andrebbe incontro ad un taglio del 15 per cento dei fondi statali. Questo in virtù di una norma dell'articolo 27 del d.lgs 50 del 2017, introdotto dal Governo Gentiloni, che prevede un taglio del 15 percento dei fondi statali se un ente locale non mette a gare i propri servizi. Legge, questa, a rischio incostituzionalità in quanto simile a un'altra legge bocciata dalla Corte costituzionale, il decreto Madia. La probabilità, quindi, gioca tutta a favore di Milano Next.
L'approdo dei privati nel mondo del trasporto pubblico comunque non sarebbe una novità per Milano. La M4 e M5 della capitale lombarda infatti sono gestite da consorzi privati attraverso il controverso meccanismo del project financing, che prevede un investimento privato o misto pubblico privato, ma che viene garantito dalle casse del denaro pubblico. Per la M5 i finanziamenti hanno portato a un buon risultato, facendo vincere alla nuova linea il Transport Deal of The Year 2015, nell'ambito di un premio promosso da un rivista di settore della Reuters. Ma non sono mancate le perplessità, come quando Astaldi ha abbandonato il progetto lasciando il Comune con il cerino in mano e alcune falle progettuali da correggere. Per la M4 invece la situazione è ancora incerta, e non sarà possibile esprimere un giudizio prima della fine dei lavori. Ha fatto comunque scalpore la notizia che non ci sarà nessun collegamento con la M3, limitando di molto la possibilità di spostamento per i passeggeri.
C'è anche chi dissente sulla gestione del trasporto pubblico milanese. Giovedì 18 luglio il Comitato ATM Pubblica scenderà in piazza a Milano per un presidio a cui prenderanno parte anche i ragazzi dei Fridays For Future. Il Comitato, nato due anni fa, sta cercando di indirizzare il Comune verso una formula più in linea con le esperienze europee che stanno riducendo i costi del trasporto pubblico; come Parigi, che di recente ha tagliato di 50 milioni i costi da attribuire ai viaggiatori, e la capitale estone Tallin, dove i mezzi sono gratuiti per tutti i cittadini. Da ultimo, l'esempio londinese, dove la City Hall ha prima liberalizzato il trasporto su gomma per poi fare retromarcia vista l'inefficacia della decisione, suonano come un monito per Palazzo Marino.
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