Due lezioni americane per difendere lo stato da chi lo vuole indebolire
La morte di Cerciello e la dinamica dell’intervento. La benda e lo stato di diritto. La voce degli avvocati e di un commissario
Roma. “Come esperienza di avvocato posso dire che un pusher che chiama il 112 per far regolare un furto di un borsellino conseguente a una truffa nella vendita di droga io non l’avevo mai sentita. E’ una cosa incredibile. E anche di episodi di sopraffazione delle forze dell’ordine in scontri uomo contro uomo io a memoria non ne ricordo”. Non è l’impressione di un avvocato qualunque quella che viene data al Foglio sull’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ma quella di Gian Domenico Caiazza, presidente delle Camere Penali Italiane. Secondo lui “dinamiche abbastanza sorprendenti”, anche se aggiunge: “sulle dinamiche del fatto voglio mantenere la buona abitudine che noi pretendiamo sempre quando noi ci occupiamo in prima persona dei processi. Di non esprimere giudizi su cose che non si conoscono”. A nome delle Camere Penali Caiazza è invece intervenuto sulla bendatura dell’omicida e sulla diffusione delle foto. “Inqualificabile. Una cosa che non può avvenire in un paese normale. Ed è drammatico che questa voglia di linciaggio non venga solo dalla pancia della gente, ma sia rivendicato come un valore da responsabili delle istituzioni”. Tuttavia esclude del tutto la possibilità che la benda possa compromettere il giudizio. “Negli Stati Uniti probabilmente per una storia del genere avrebbe potuto saltare tutto il processo. In Italia potrebbe al massimo essere dichiarata inutilizzabile l’eventuale dichiarazione confessoria rilasciata in quelle condizioni: Ma il resto dell’indagine resta”.
Andiamo allora a queste “dinamiche sorprendenti”. Commissario della Polizia di Stato presso il Commissariato di Bitonto e anche Coordinatore di 1.500 funzionari riuniti in un Comitato Spontaneo dei Funzionari di Polizia, Antonio Limongelli, tiene subito anche lui a dire che bendare una persona “in Italia non si fa”. Ma ci spiega poi quale avrebbe dovuto essere il protocollo dell’intervento: “i due agenti in divisa e col giubbino antiproiettile. Uno sta col mitra in mano. L’altro si avvicina e chiede i documenti. Ma i cittadini controllati a questo modo tendono a protestare. ‘E che, siamo delinquenti?’. Così si fanno le cose in modo più accomodante. Sono due scippatori che vogliono 100 euro: che vuoi che sia? Dai vieni qua, dove hai messo il borsello, restituisci e la chiudiamo qui. Quante situazioni del genere in una città come Roma vengono risolte informalmente in questo modo? Ma qua c’è stato l’elemento sorpresa di uno che si era portato addirittura un coltello dall’America. Non capisce l’italiano, non capisce che era un carabiniere, era all’estero, lo avevano già fregato una volta”. Allora? “La società deve accettare il protocollo. Sarebbe anche utile dotare finalmente l’agente di una telecamera come la polizia americana. Così nel caso si può difendere documentando poi in tribunale le circostanze che lo hanno spinto ad esempio a usare la pistola”.
“Nulla ormai è più sicuro, non ci sono più linee di condotta”, conviene Antonio de Bonis: coordinatore dell’associazione di ricerca Geocrime Academy che viene appunto da passate esperienze nell’Arma dei Carabinieri in attività contro il terrorismo e contro la mafia”. Anche se l’Italia ha un tasso di omicidi tra i più bassi al mondo, gli elementi raccolti all’interno di questa vicenda confermano che “si deve adeguare il livello di professionalità delle forze dell’ordine al livello della minaccia, se questa sale. E ciò deve poi essere supportato da una normativa adeguata. Se non ci sono regole chiare e condivise è evidente che poi si creano squilibri. Ci sarà chi eccede in un senso, e spara quando non si dovrebbe. Ci sarà chi eccede nell’altro, e come in questo caso per non usare le armi si fa uccidere”. In molti in questi giorni sono tornati a chiedere il taser. “Sarebbe un passo avanti. Ma se non c’è una condivisione dello strumento ci saranno casi in cui si dirà ha ecceduto rispetto alla minaccia o casi nei quali non verrà usato”.
generazione ansiosa