Via il cda di Ama. Raggi continua a sprofondare nella monnezza
Tra amministratori unici e consigli d'amministrazione, nell'azienda dei rifiuti ad alternarsi sono stati in sette. Un record assoluto, a cui si somma il primato del cda più breve della storia. Il nuovo vertice sarà il grillino Zaghis
Si è dimesso il consiglio d'amministrazione di Ama. “Le comunichiamo che da parte nostra è venuta meno la necessaria fiducia nel socio unico di Ama Spa”, termina così la lettera di sei pagine che Paolo Longoni, Luisa Melara e Massimo Ranieri, amministratore delegato, presidente e consigliere dimissionari di Ama, hanno inviato alla sindaca Virginia Raggi per spiegare la loro scelta con la mancata fiducia nel Campidoglio. Si tratta dell'ennesimo cambio alla guida della società municipalizzata, controllata al cento per cento da Roma Capitale, che si occupa (o almeno ci prova) della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nella Capitale. A guidare l'azienda sarà ora il grillino Stefano Zaghis, esperto di real estate, già nello staff di Marcello De Vito, che a febbraio scorso – quando era stato fatto per la prima volta il suo nome per la successione a Bagnacani – il Messaggero descriveva come un “attivista del Movimento 5 Stelle che però non ha esperienze nel settore dei rifiuti”.
Ad elencarli, i vertici aziendali di Ama nei tre anni di Virginia Raggi in Campidoglio, pare di fare l'elenco dei re di Roma. D'altronde tra amministratori unici e cda anche nell'azienda dei rifiuti ad alternarsi sono stati in sette. Daniele Fortini, Alessandro Solidoro, Stefano Bina, Antonella Giglio, Lorenzo Bagnacani e adesso il cda guidato da Paolo Longoni. Un record assoluto, mai visto, a cui si somma un secondo primato: il cda più breve della storia.
Longoni insieme alla presidente Luisa Melara e all'altro consigliere Massimo Ranieri si era seduto al piano più alto del centro direzionale in via Calderon De La Barca solo 104 giorni fa, lo scorso 19 giugno. E come i precedenti anche questo addio non è avvenuto in silenzio. “Non si gestisce il problema dei rifiuti con l'ideologia”, ha detto Ranieri entrando nella sede di Ama per formalizzare le dimissioni e salutare i dirigenti. Poi, tre ore più tardi, ai giornalisti ha ammesso, rompendo il tabù 5 stelle: “A Roma servono tutti gli impianti, compresa una discarica di servizio per gli scarti”. Anche se ha garantito: “Fino a dicembre con gli accordi con le Regioni Marche e Abruzzo per prendere 20mila e 17mola tonnellate di rifiuti, l'emergenza dovrebbe essere scongiurata”.
Al centro del braccio di ferro c'è, almeno in apparenza, la stessa questione che portò all'addio a febbraio scorso dell'ex assessore all'Ambiente Pinuccia Montanari e alla cacciata del Cda presieduto da Lorenzo Bagnacani. E cioè il bilancio consuntivo del 2017 ancora non approvato da Roma Capitale. In particolare, una posta di bilancio da 18 milioni che Ama ha iscritto come credito per i servizi di pulizia e manutenzione svolti negli anni nei cimiteri capitolini. Anche questa volta la posta è stata inserita. Ricevendo il parere favorevole del collegio dei sindaci e dei revisori di Ernest and Young. Ma negli scorsi giorni il Campidoglio aveva fatto sapere con un comunicato stampa, citando esplicitamente i 18 milioni, che: “Roma Capitale non approverà mai un bilancio di Ama Spa che sia redatto in maniera non corretta e contenga valutazioni di trattamento contabile già in precedenza non avallate dal Comune”. Per i vertici dimissionari, come all'epoca per l'ex ad Bagnacani, si tratta però di uno specchietto per le allodole. “Dal 27 settembre abbiamo chiesto invano un confronto sui 18 milioni, da noi non c'è mai stata nessuna posizione netta”, ha detto la presidente Luisa Melara.
Una posizione ribadita anche nella lettera inviata alla sindaca dove in riferimento ai 18 milioni si legge un'altra storia: “Il tema non è la posta di bilancio, peraltro assolutamente neutra rispetto al risultato dell'esercizio e al patrimonio netto della società. Ma è assai più grave e probabilmente più scomoda per la sua amministrazione e verte esclusivamente sulla assoluta inerzia e constatata mancanza di una fattiva e concreta collaborazione con Ama per superare le situazioni di criticità riscontrate”.
Per dare concretamente il senso dell'inerzia del Campidoglio la lettera cita poi due partite da 104 e 30 milioni di euro che avrebbero garantito ad Ama i flussi di cassa per gli investimenti necessari a permettere una raccolta e uno smaltimento efficiente dei rifiuti. Ma le accuse dell'ormai ex cda di Ama sono ancora più dure. Si legge sempre nella missiva: “All'indomani del nostro insediamento (per altro espressione dell'amministrazione Capitolina in quanto da questo selezionato a seguito di procedura ad evidenza pubblica) non c'è stata alcuna forma di fattiva e concreta collaborazione fino al punto in cui sono diventati difficili le stesse comunicazioni”. E i protagonisti della rigidità dell'amministrazione sarebbero, a sentire chi ha ascoltato Melara e Longoni, sempre gli stessi: l'assessore al Bilancio e alle Partecipate Gianni Lemmetti e il direttore generale di Roma Capitale, Franco Giampaoletti. Veri deus ex machina della vicenda.
“Sono deluso e incazzato nero, se il piano per il futuro di Ama era un altro, ce lo potevano dire subito”, si è sfogato Ranieri. E proprio questo “piano futuro” è un'incognita su cui dipendenti, opposizioni e sindacati si arrovellano da mesi. Anche perché sulla vicenda del bilancio mai approvato, così come il consuntivo 2018, in Regione si è tenuta una sorta di commissione di inchiesta dove sono stati sentiti tutti i protagonisti del precedente scontro: Lemmetti e Giampaoletti da un lato, Montanari e Bagnacani dall'altro. Unica assente la sindaca Virginia Raggi. Poco tempo dopo l'Espresso pubblicò un audio in cui la sindaca intimava a Bagnacani: “Devi cambiare il bilancio, devi fare quello che ti diciamo noi, anche se ti dicono che la luna è piatta”.
Ma a quale scopo dunque tutto questo? La risposta si trova forse nelle parole che la sindaca Virginia Raggi ripete spesso a proposito di rifiuti: “Roma si occupa della raccolta dei rifiuti, non dello smaltimento”. I maliziosi ci vedono un piano di smembramento di Ama: con la messa a gara dello smaltimento dei rifiuti e la parte più povera del business, raccolta e spazzamento, lasciata alla municipalizzata.
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