L'uomo del (nuovo) ponte. Chi è Francesco Poma, direttore dei lavori a Genova
Ecco il project manager dietro le quinte che ha portato passo passo al “sollevamento degli impalcati” nel progetto joint venture Salini Impregilo e Fincantieri
Roma. “Fosse accaduto in un altro paese”, dice il commissario Ue all’Economia ed ex premier Paolo Gentiloni, “ora molti direbbero che in Italia non saremmo mai riusciti a ricostruire così un ponte crollato”. Ed è il giorno in cui il premier Giuseppe Conte si presenta alle telecamere con l’elmetto da cantiere a Genova, con il ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli, per la cerimonia di completamento dell'ultima campata del nuovo ponte che sorgerà al posto del Ponte Morandi, crollato il 14 agosto 2018. “Giornata speciale e simbolica per l’Italia”, dice Conte, mentre da ogni dove giungono commenti di entusiasmo: tra gli altri, quello del cantante genovese Gino Paoli, felice perché “il ponte di Renzo Piano è bellissimo”.
Dietro alle immagini corali di oggi ci sono però i mesi di lavori, seguiti e diretti da Francesco Poma, ingegnere, quarantacinque anni, tre figlie, una moglie, la passione per la montagna. E' lui il project manager dietro le quinte che ha portato passo passo al “sollevamento degli impalcati” nel progetto joint venture Salini Impregilo e Fincantieri. Torinese che ancora vive a Torino, ex studente del Politecnico, carriera costruita lungo le strade d’Italia (dalla Salerno-Reggio Calabria al Terzo Valico), Poma si guarda indietro con orgoglio e incredulità (“di solito per completare un'opera del genere ci vogliono due o tre anni”, ha detto al Corriere della Sera locale alla vigilia della cerimonia anche detta “dell'ultimo miglio”).
Nell'autunno scorso, quando ancora il traguardo sembrava lontano, Poma si immaginava il momento in cui, spiegava a Primocanale, “per la prima volta si vedrà un primo pezzo vero di impalcato sullo skyline della Valpolcevera. I lavori in cantiere proseguono a pieno regime”. E agli ascoltatori ancora ignari del lessico tecnico parlava dell'avveniristico “corpo centrale sollevato grazie alle due maxi gru che hanno già operato in cantiere per lo smontaggio di alcune parti di Ponte Morandi: la trave d'acciaio lunga cinquanta metri sarà sollevata molto lentamente sulle due pile, arrivate a un'altezza di circa 50 metri”. Al momento (era fine settembre), le condizioni meteo sembravano buone. Poi però erano arrivati vento e pioggia, e a Capodanno anche un incendio su una pila, motivo per cui Poma si trovava in cantiere anche il primo gennaio. Nel video di presentazione girato all'inizio dei lavori, Poma è l’ingegnere con gli occhiali e la camicia azzurra, seduto in un ufficio stretto, pieno di plastici e simulazioni, e intento a raccontare “l'orgoglio speciale” nel “collaborare a quella che è la chiusura di una ferita, cosa che ti fa andare ogni giorno al lavoro con una marcia in più”. E raccontava sorridendo le potenzialità della nuova opera, l’ingegnere che ancora non sapeva di dover affrontare non soltanto l'emergenza-incendio ma anche quella legata al Coronavirus (con la responsabilità di 350 persone in cantiere e la conseguente applicazione di un protocollo speciale). Sarà in grado di autopulirsi, il nuovo ponte, diceva, sarà sostenibile e immagazzinerà l’energia del sole. E ieri Poma guardava indietro e avanti, all'ultima fatica che prelude al completamento, mentre tutti inneggiavano alla Genova “di nuovo unita”.