Perché i focolai di Covid a Bologna e Mondragone non ci devono spaventare
Una cinquantina di casi nei magazzini BRT. Gli scontri nel Casertano. “Ci siamo accorti dei casi perché il sistema funziona. Ma non scambiamo il dibattito scientifico per uno scontro tra tifoserie”, parla Manfellotto del Fatebenefratelli
Gli “ex Cirio” di Mondragone, sul litorale di Caserta, sono cinque palazzoni di undici piani, occupati abusivamente. Oltre alla radicata comunità rom bulgara, ci vivono molti stranieri provenienti da altri paesi e qualche centinaio di italiani. Delle circa 700 persone che condividono questo alveare umano sono una cinquantina quelle risultate positive al coronavirus, tutte asintomatiche. Il 22 giugno è scattato il cordone sanitario, cioè la quarantena per i residenti ai quali è stato poi fatto uno screening di massa. Un'operazione complicata in un contesto come quello dei palazzi Cirio, dei quali non esiste un censimento completo e dove, specie di notte, è difficile controllare gli accessi e le uscite. Ufficialmente risulta un solo caso di allontanamento non autorizzato dalla mini zona rossa e il governatore campano Vincenzo De Luca ha annunciato ieri pomeriggio l'intervento di un contingente dell'esercito. Ma diversi residenti, preoccupati sia per i contagi sia per il rischio di vedere sfumare la stagione estiva che dovrebbe garantire una boccata d'ossigeno alla zona, dove ci sono molte case vacanze, hanno deciso di presidiare personalmente il varco. Sono iniziate le proteste, poi dei tafferugli tra italiani e stranieri: una sedia tirata da un balcone, lanci pietre e auto vandalizzate, con le targhe bulgare esibite a mo’ di trofeo. Matteo Salvini, immancabile, ha soffiato sul fuoco: “I cittadini italiani sono esasperati perché chiusi in casa per motivi sanitari mentre alcuni immigrati violano le regole come se nulla fosse”.
#Coronavirus, caos a #Mondragone: tra #italiani e #bulgari lanci di pietre e sedie. Tensione alle stelle dopo il focolaio di #Covid e la creazione della #zonarossa: "Questa è una guerra civile"
— BlitzTV (@BlitzTVit) June 25, 2020
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Più a nord, c'è l'altro allarme di queste ore: il focolaio partito nel magazzino della ditta di logistica Bartolini di Bologna. Negli scorsi giorni due dipendenti erano risultati positivi al Covid-19. La direzione dell'azienda ha deciso di chiudere il magazzino per precauzione e sono partiti subito i controlli. Cinquantaquattro operai positivi, 9 sintomatici, due ricoveri in ospedale. Ci sono un’altra decina di positivi in altri magazzini della logistica bolognesi, che coinvolgono altre ditte. Centinaia di tamponi sono già stati fatti e altri ancora dovranno essere eseguiti nei prossimi giorni ai lavoratori e alle loro famiglie.
A cercare di rimettere le cose nella giusta prospettiva è Dario Manfellotto, direttore del dipartimento di Medicina Interna del Fatebenefratelli - Isola Tiberina di Roma e presidente della Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi), che invita alla calma. “Non scambiamo il dibattito tecnico e scientifico per uno scontro tra tifoserie opposte: non esiste una virologia di destra e una di sinistra, tra i medici non c'è un partito dell'apertura e uno della chiusura. Dobbiamo essere cauti e fare prevalere i dati. E quello che ci dicono le analisi relative ai diversi focolai italiani è che il sistema funziona. A Bologna i ricoverati sono due sulla cinquantina di casi totali, i sintomatici solo nove. A Mondragone pare che siano tutti asintomatici. Ci siamo accorti di questi focolai perché abbiamo testato e tracciato i contatti, come bisognava fare”.
Chi cerca trova, insomma. “Sì – dice il medico – ma è anche importante spiegare che il sistema ha funzionato in tutta Italia, da nord a sud, e ha retto persino di fronte a uno tsunami come quello lombardo, dove quest'inverno avevamo centinaia di casi nello stesso momento nei pronto soccorso. Nessuno avrebbe mai immaginato una situazione del genere. A febbraio mi chiamavano i colleghi internisti lombardi, che erano in prima linea nel fronteggiare l'epidemia, raccontando di avere 50, 60 nuovi ricoveri al giorno, quando la media normale è di gran lunga inferiore. La diffidenza verso gli ospedali privati credo sia dovuta a una generale scarsa conoscenza del sistema sanitario italiano e alla confusione tra i centri convenzionati, quelli classificati e le vere cliniche private. Va chiarito che molti grandi ospedali sono privati ma fanno parte a tutti gli effetti del Ssn e hanno contribuito pienamente ad affrontare la pandemia”.
“Il virus è ancora presente e l'infezione segue il suo normale sviluppo”, aggiunge Manfellotto. “Ora si tratta di anticipare eventuali problemi: sia mantenendo i comportamenti individuali raccomandati sia continuando la sorveglianza epidemiologica, il famoso test, trace and treat. L'epidemiologia influenza la clinica: se oggi troviamo una persona che ha sviluppato l'infezione possiamo bloccarla, curarla e individuare i suoi contatti”.
Secondo Manfellotto i nuovi focolai – oltre a quelli citati, nell'ultima settimana ne sono stati identificati in famiglie di Reggio Calabria, Reggio Emilia, Bolzano, in case di riposo di Alessandria e Como, oltre a quelli già noti della Garbatella e dell'ospedale San Raffaele Pisana di Roma – si sono sviluppati in contesti chiusi e specifici: “Le famose residenze per anziani, i contesti familiari e le aree sociali disagiate”, come nei palazzoni di Mondragone. “Il rischio è anche nelle carceri”, aggiunge il medico, “dove pure occorre testare secondo un criterio e con protocolli condivisi”.