L'insulto dell'estate
Due mesi fa eravamo chiusi in casa a contare i morti oggi c’è una rimozione collettiva al grido: “Catastrofista!”
Roma. C’è questo insulto che gira molto: “Catastrofista”. Sempre più spesso è usato contro le persone che parlano ancora del Covid-19 come se fosse un pericolo reale – e quelle persone non sbagliano, perché è ancora un pericolo reale. Due mesi fa eravamo chiusi in casa a guardare i bollettini quotidiani dei morti e dei ricoverati, oggi invece c’è un’operazione di rimozione collettiva che comincia con questo insulto. “Catastrofisti”. Che sono colpevoli di fare terrorismo psicologico. Perché hanno motivi loschi. Ma ormai non possono nascondere la verità, perché i numeri ci dicono che il virus è sparito. Si è dissolto, alla faccia dei menagramo. Era quasi una bufala, anzi forse era proprio tutta una bufala (di solito questa la dicono quelli che prima giuravano che il virus fosse un’arma da guerra cinese).
Se ci avessero raccontato che catastrofista sarebbe stato l’insulto dell’estate non ci avremmo creduto e invece eccoci qui. E tocca mettere le cose a posto. L’accusa di catastrofismo è spesso eccessiva, ingenerosa e fuori fuoco. Si rischia di definire catastrofisti quelli che hanno una visione cauta della situazione – con molte ragioni. Il virus è fortissimo e ce lo dicono proprio i numeri se solleviamo il naso fuori da casa nostra. Due giorni fa negli Stati Uniti ha fatto segnare il record di nuovi positivi in un giorno solo, più di quarantamila, superiore al record precedente che risaliva al 25 aprile ed era di trentaquattromila. In pratica sono passati due mesi e la situazione laggiù invece che migliorare è peggiorata – e sappiamo che il numero ufficiale dei positivi è soltanto una frazione del numero reale. E’ molto probabile che la colpa sia del fatto che le misure anti Covid sono state trasformate in una lotta politica senza senso e quindi se sei trumpiano non porti la mascherina e protesti contro le chiusure e se invece sei antitrumpiano porti la mascherina. Possiamo ridurci così anche in Italia e trasformare l’epidemia in una questione politica, ci stiamo già provando, si vede molta tentazione, ma sarebbe un errore disastroso.
E il caldo, che doveva mitigare il virus? Uno dei picchi è in Texas, che a fine giugno non è il luogo più fresco del pianeta. E ci sono altri posti messi molto male, vedi il Brasile oppure l’India. Da noi la situazione è sotto controllo perché non siamo più tornati alla normalità di prima. Non ci sono concerti e cinema, la scuola non ha mai riaperto, facciamo la spesa con la mascherina, le città turistiche sono deserte, per andare in palestra prenotiamo, viviamo in un Covid-mondo desolato e abbiamo pagato un prezzo altissimo per arrivare dove siamo ora. Sentire dire che il virus è sparito e non è più un pericolo suona come un rovesciamento del principio di causa e effetto: ci sono meno contagi perché siamo molto cambiati noi, non la malattia, ed è una situazione che potrebbe precipitare di nuovo se per assurdo tornassimo alla vita di prima. Anche quando si parla di una possibile mutazione non si spiega perché il nuovo virus mutato dovrebbe avere sostituito tutto il vecchio – non funziona come il sistema operativo di un computer, vecchio e nuovo virus possono essere benissimo presenti entrambi.
E in questa situazione sotto controllo ci sono delle falle. Focolai nei mattatoi tedeschi, in Portogallo, alla Bartolini di Bologna, a Mondragone, al Teresianum e al San Raffaele Pisana di Roma. Sapevamo che sarebbe successo. Per tutta la quarantena gli esperti hanno spiegato che sarebbe toccato vivere a lungo con il virus e con la possibilità di un suo ritorno e che ci sarebbero stati di nuovo picchi più o meno virulenti e più o meno localizzati, ma tutte quelle parole sono già state dimenticate. Viviamo in tempi di paranoia dove il pericolo percepito è dappertutto, ma per il Covid-19 si fa un’eccezione. I musulmani sono tutti infiltrati dell’Isis, gli immigrati sono invasori, le opere pubbliche sono mafia, siamo circondati da minacce, ma il virus che sta sconvolgendo il mondo no – quello sarebbe un’invenzione. Nel 2016 i quattromila abitanti di Goro, in provincia di Ferrara, fecero blocchi stradali a oltranza per impedire l’arrivo di undici donne straniere, di cui una incinta. Sarebbe interessante se un sondaggio ci dicesse in quanti credono che quello fosse un pericolo più serio del Covid.
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