YouTube e i social sono un lavoro. Il nonsense di Luis
Non è solo l’amico di Fedez, lo youtuber, il ragazzo che prova a mangiare tantissimi cereali in poco tempo. Cosa c'è dietro al successo del ragazzo bolognese
In tre giorni “24 ore in bici”, l’ultimo video di Luis, ha raccolto più di 950 mila visualizzazioni. Il suo canale Youtube, aperto nel 2009 e attivo da un paio di anni, conta più di 220 milioni di visualizzazioni totali. È un caso, certo: una mosca bianca. Ma è piuttosto significativo. Non è il nuovo CiccioGamer, e quindi è abbastanza improbabile che qualcuno, in una trasmissione televisiva, arrivi a citarlo dal nulla, per testare il contatto con la realtà (ma quale realtà, poi?) della controparte. Non è un influencer nel senso “chiaraferragnesco” del termine. E non è nemmeno un personaggio alla ricerca di pura visibilità. Luis, però, resta uno dei volti più seguiti dell’Internet italiano.
Riassumendo: ha scritto un libro, edito da Rizzoli, intitolato “Ciao, mi chiamo Luis” (“ho accettato”, ha detto, “quando mi hanno lasciato libero di realizzarlo come volevo, errori grammaticali compresi”); tiene un podcast con Fedez intitolato Muschio Selvaggio (ogni puntata, su Youtube, conta una media di 500 mila visualizzazioni); ha partecipato a un reality tv (“Celebrity Hunted”) e non ne è rimasto schiacciato (quasi sicuramente non lo vedremo al fianco del prossimo Presidente del Consiglio come portavoce). Ha ventidue anni, è di Bologna e ha origini argentine (da parte di padre). E Luis Sal è il suo vero nome, non un nickname.
Su Instagram ha due milioni di follower; su Youtube, invece, 1,5 milioni di iscritti. Nei suoi video, sua madre non compare mai: sta sempre attento ad editarla via, lasciando solo i piedi o al massimo le gambe. In un paio di occasioni, in vecchie registrazioni, si vede suo fratello maggiore – andavano a scuola insieme, nello stesso liceo, e Luis frequentava i suoi amici. Ma a parte queste poche informazioni, che vengono ripetute in tutte le interviste che ha rilasciato, non si sa altro. E alla sua privacy, alla sua vita oltre il velo della notorietà, Luis è sempre stato attento.
Nel suo primo video, che risale al 2017 e che dura poco più di cinque minuti, Luis prova a mangiare due chili e mezzo di cereali; in sottofondo, a un certo punto, si sente sua madre chiedergli: “Ma chi ti caga?”. Santa donna.
In questi anni, Luis non è cambiato molto. Continua a pubblicare video relativamente brevi, alcuni senza nessun senso apparente, ma dimostrando di avere sempre una certa attenzione per il montaggio e per il ritmo del racconto: punta tutto sulla musicalità, sul suono delle parole e dei rumori; i suoi contenuti si lasciano vedere. E sono stranamente appassionanti (stranamente perché, mentre li guardi, sei consapevole di quanto siano eccezionali e paradossali).
In molti video, utilizza vecchi materiali, registrati quando era più giovane e andava ancora al liceo (o anche prima). Ha raccontato più volte il suo anno degli Stati Uniti, la sua passione per la palestra, e ha partecipato a un paio di video con Fedez (in cui, sorpresa, sollevano pesi). A prima vista, il suo marchio di fabbrica sembra essere il nonsense. E i suoi fan, che fanno a gara tra i commenti di Youtube a chi scrive la cosa più assurda, sembrano apprezzare particolarmente questo aspetto della sua comicità. Ma dietro Luis, dietro ai suoi video, a quello che fa e alle sfide impossibili che ogni volta lancia (cucinare solo con i piedi, passare 24 ore in bicicletta, viaggiare in skateboard; mangiare chili e chili di cibo), c’è molto altro.
L’anno scorso, intorno a marzo, ha preso parte ad una serie di incontri con Pif (“tu sei lo youtuber originale”), Ambra Angiolini e Carlo Freccero. In un’intervista a La Stampa, rilasciata pochi giorni prima, ammetteva di non sapere nulla di Freccero: “Siamo di due mondi diversi. Spero che anche lui non sappia nulla di me, così almeno siamo pari”. Un po’ come Fabio Rovazzi che, messo davanti alla citazione morettiana “faccio cose, vedo gente” da un giornalista del Corriere della Sera, rispondeva: “Non sapevo fosse sua. Sono di un’altra generazione. È diventata un modo dire”.
Con Pif e Ambra, Luis ha parlato di successo, di linguaggi, di creatività. E no, non ha fatto nemmeno per un secondo la figura del cretino. Anzi. Continuava a dire cose assurde, spesso estreme, ma centrava anche perfettamente il punto: cosa piace alla gente, cosa la gente vuole vedere, e perché dire che è uno youtuber è, di per sé, riduttivo; e poi le differenze tra linguaggi, tra formati, tra piccolo schermo e web, tra pubblici e interessi (c’è molta più teoria della comunicazione in quell’incontro a tre che in un anno di marketing all’università).
Luis si definisce videomaker: e i suoi video, che sono concentrati di parole, di tantissimi frame, di più piani e linee narrative, dimostrano il suo talento. Ha cominciato a girare video quando era piccolissimo. Ama disegnare, e ha un’idea chiara di quello che fa. Non sembra esserci un – banalizziamo, perdonateci – piano editoriale dietro alle sue produzioni. Ma c’è una firma abbastanza riconoscibile: quando vedi un video di Luis, sai immediatamente che è un video di Luis.
Mentre il PD si indigna per i videogiochi, il cosiddetto paese reale, quello che ha tra i 15 e i 25 anni, che non legge i giornali, che oramai Facebook e Twitter non li usa più, che su Instagram e Telegram ha trovato la sua Terra Promessa, guarda, e segue e scimmiotta, Luis. L’amico di Fedez, lo youtuber, il ragazzo che prova a mangiare tantissimi cereali in poco tempo. Il bolognese. Il ragazzino estroverso – ma anche abbastanza timido, dicono i suoi amici – del liceo. E poi il professionista, l’imprenditore, quello che ha cominciato come barman (“mi hanno licenziato”, ha detto, “perché non avevo abbastanza personalità”), che ha frequentato per un po’ l’università (“finito il liceo artistico, avevo tentato di iscrivermi a Economia, non mi avevano preso…”), e che viaggia in continuazione, che sa l’inglese, che ha un’ironia – per sua e nostra fortuna – poco italiana, e che al momento, come tanti giovani, sta vivendo nel presente, senza farsi troppe domande sul futuro.
Luis è un genio? Chi lo sa. Intanto, però, dovreste conoscerlo per poter parlare con quella parte di popolazione che ai videogiochi ci gioca e che pensa che CiccioGamer sia vecchio e che Instagram e Youtube non siano “solo” due passatempi, ma pure, all’occasione, un lavoro. Benvenuti nel 2020.
generazione ansiosa