Viaggio a Premosello, sul Lago Maggiore, dove la coltivazione del tè è una lunga storia di famiglia. Sono gli Zacchera. Tra infusi, moda ed editoria
Sul Lago Maggiore, il cognome Zacchera ha un peso e un significato. Indica una famiglia di albergatori molto influenti, molto abili, molto determinati e, come dire, del tutto estranei al mondo delle belle arti, applicate o teoriche che siano. Evoca il “Dino” di Baveno con la grande facciata rossa che si specchia nelle acque, fino a un minuto prima della pandemia destinazione di molti convegni, oppure il Grand Hotel Bristol di Stresa e ancora altri alberghi meno sontuosi e “tape à l’oeil” di quelli, decorati per far colpo sulla clientela russa e mediorientale ma presumibilmente tutti redditizi, almeno fino allo scorso marzo (l’unico albergo storico restaurato e curato con l’occhio del filologo della zona è il Majestic di Pallanza della famiglia Zuccari, di fronte all’“Isolino” dove vive Carlo Borromeo e che un tempo ospitava Arturo Toscanini; il resto è un accrocchio di cancelli dorati e statue in cemento e polvere di gesso pressate in Cina che una volta richiesero l’intervento della Sovrintendenza della Regione Piemonte, peraltro mai troppo sollecita da queste parti).
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